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Il 2021 c'è, la differenziata al 70% promessa da Raggi no: il flop rifiuti dell'amministrazione a Cinque Stelle

Il più grande traguardo mancato dalla sindaca grillina al capitolo ambiente, quello che forse più di tutti avrebbe dovuto caratterizzare la rivoluzione targata M5s nella Capitale 

Il 2021 è arrivato da un pezzo. Peccato non abbia portato con sé la promessa delle promesse, la rivoluzione delle rivoluzioni, l'obiettivo che se la sindaca Virginia Raggi avesse raggiunto (come promise solennemente di fare ai romani appena eletta) oggi la città sarebbe in grado di competere sul fronte ambientale con le grandi capitali d'Europa. Il 70% di raccolta differenziata dei rifiuti. Se solo fosse stato raggiunto quel tetto da libro dei sogni, staremmo sperimentando un decoro urbano mai visto prima. E invece oggi la raccolta sfiora il 46% secondo gli ultimi dati di Legambiente Lazio. Un traguardo molto più che mancato al capitolo ambiente, forse il più caro ai Cinque Stelle, settore dove più che altrove i pentastellati ambivano a lasciare il segno. 

Già, il 70% di differenziata. Impossibile dimenticare. La cifra è diventata tristemente famosa tra i romani, chimera ancora attaccata ai ricordi di cittadini oggi tra il deluso e il disilluso. L'annuncio in conferenza stampa risale ad aprile 2017. Raggi e l'allora assessora all'Ambiente Pinuccia Montanari presentavano il loro "Piano per la riduzione e la gestione dei materiali post consumo" fresco di approvazione in giunta capitolina, l'insieme di azioni e misure che avrebbero dovuto traghettare la città verso i "rifiuti zero". E prima ancora, appunto, a quel glorioso 70% di scarti correttamente separati dai cittadini della Capitale. Arrivandoci come? 

Il flop della raccolta differenziata

Tra gli assi portanti del piano c'era un nuovo modello di raccolta porta a porta - "da estendere in tutta Roma" ripeteva la sindaca - hi-tech, con microchip e bidoncini intelligenti che avrebbero dovuto tracciare l'immondizia e permettere poi di applicare una Tari a ribasso per i "virtuosi". Sperimentato a settembre 2017 nell'area del ghetto ebraico e celebrato da Raggi per i risultati immediati (l'80% di rifiuti separati, ma parliamo di 760 abitanti), è poi arrivato in X, in parte del VI municipio e lì si è fermato. Stop. 

Troppo dispendioso per l'azienda sia in termini di risorse economiche che lavorative, perché nel frattempo il quadro finanziario di Ama è precipitato. Di pochi giorni fa, con ben tre anni di ritardo, l'approvazione in giunta di tre bilanci (2017, 2018, 2019) e di un piano di risanamento da 250 milioni di euro per coprire i passivi. In più tre vertici aziendali e due assessori nel frattempo sono cambiati. Pinuccia Montanari se ne andò a febbraio 2019 in polemica con Raggi e il mancato ok ai conti della partecipata, sostituita solo un anno e mezzo dopo con Katia Ziantoni. Nel mezzo una crisi rifiuti che si è quasi cronicizzata - con il suo massimo picco nell'estate 2019 - e una carenza strutturale di impianti di trattamento e smaltimento sul territorio ancora da sanare.  

E il 70% di differenziata? Bei sogni, addio. Che fosse impossibile arrivarci cominciano a capirlo un po' tutti a non molto tempo di distanza dagli annunci. Dai dirigenti del dipartimento Ambiente, all'amministratore unico Stefano Zaghis che appena nominato fu costretto a un triste e rapido bagno di realtà. Solo Raggi ancora a settembre 2018 riusciva a mantenere inspiegabilmente alto l'entusiasmo in un post comparso sul Blog delle Stelle dove a sua firma scriveva: "Roma, la raccolta differenziata cresce senza sosta". E ancora: "I risultati sono incoraggianti". Non è chiaro come crescesse senza sosta. Lontani anni luce dal traguardo, siamo attualmente a circa tre punti in più rispetto a quelli del 2015, quando a Roma c'era ancora l'amministrazione Marino. 

Il nuovo piano industriale, altro che 70%

Oggi, al posto del 70% di differenziata e di un nuovo e virtuoso modello di gestione dei rifiuti, il 2021 ci ha portato (a pochi mesi di scadenza dal mandato della sindaca Raggi) un nuovo piano industriale da poco approvato in giunta che stronca ogni miraggio. Se proprio di cifre dobbiamo parlare, dovremmo rientrare nel 61% entro il 2024. E anche sul porta a porta niente più estensione in tutta Roma. Si riparte da capo, o quasi. "L'Amministrazione ha previsto modelli differenziati di raccolta a seconda delle caratteristiche urbanistiche, economiche e sociali di ogni municipio, con una pianificazione realmente calata sul territorio" spiegava l'assessora Ziantoni pochi giorni fa illustrando il nuovo piano in conferenza stampa. Da qualche parte poi tornano pure i cassonetti. D'altronde spiega ancora l'assessora, "questo piano pluriennale industriale fissa traguardi concreti cuciti sulla città di Roma, non si limita a dettare dei numeri". Già, meglio evitarli a questo giro i numeri. Troppo alto il rischio di un'altra cocente delusione. 


 

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