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Caso De Vito, il Segretariato frena sulla revoca: "cacciare" il presidente dell'Aula è ad alto rischio ricorsi

Il parere tecnico sulla revoca di Marcello De Vito non scioglie il nodo, confermando le criticità legate all'applicazione del Regolamento

Lui non accenna a dimettersi. E il quadro che si prefigura ha del paradossale: quando i magistrati decideranno per lo stop delle misure cautelari, Marcello De Vito potrebbe tornare a fare il presidente dell'Assemblea capitolina, pur essendo stato espulso dal Movimento Cinque Stelle. Un bell'imbarazzo per i consiglieri di maggioranza, alle prese da giorni con il rebus revoca. Togliere la carica all'ex grillino, dal 20 marzo a Regina Coeli, non è semplice e ha un costo. Lo conferma anche il parere tecnico del Segretariato generale, che RomaToday ha potuto visionare. Una nota del 5 aprile in risposta alla richiesta avanzata dalla Conferenza dei capigruppo circa l'applicabilità del Regolamento dell'Aula: il rischio di finire davanti al giudice, per chi voterà la revoca, è più che concreto, e il ricorrente potrebbe contare su un'ampia giurisprudenza a suo favore. 

L'istituto della revoca, ex art. 20 comma 6 del testo che disciplina gestione e funzionamento del Consiglio comunale, "è ammessa nel solo caso di gravi violazioni della legge, dello statuto e del regolamento". Violazioni che però, è l'interpretazione giurisprudenziale che va per la maggiore, sono da intendersi in relazione al "mancato o non corretto esercizio delle funzioni presidenziali". Dalla mancata convocazione dei consigli, ad esempio, alla pretesa di eseguire controlli preventivi di legittimità sugli atti. Mentre, si legge nel parere, "i comportamenti ritenuti penalmente illeciti non sembrano rivelare un collegamento diretto e immediato con l'inosservanza dei compiti inerenti agli obblighi del ruolo". Senza contare che De Vito, ancora in carcere (il Riesame ha rigettato la richiesta di scarcerazione), non potrebbe avvalersi della facoltà di replica, anch'essa prevista dalla normativa. 

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In realtà uno spiraglio c'è. Il segretariato fa riferimento a un unico caso di giurisprudenza in cui si è andati oltre "nella logica della salvaguardia dell'immagine dell'ente" considerando quindi "l'indegnità morale del titolare della carica, sancita dall'adozione della misura cautelare". Ma è un'eccezione alla linea interpretativa maggioritaria. Il nodo quindi è ancora tutto da sciogliere. Se ne discuterà giovedì in Consiglio comunale, tra i pentastellati più ortodossi, pronti a votare con l'appoggio delle opposizioni, sia revoca che nuova presidenza, rischiando anche i ricorsi pur di completare l'opera di sconfessione della "mela marcia", e quelli che preferiscono andarci cauti, sperando nelle spontanee dimissioni di De Vito. La mossa più indolore per uscire dal vicolo cieco. 

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