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Casa, oltre 20 milioni di euro per mantenere i residence: "Basta trasferimenti, dateci l'alloggio che ci spetta"

L'inizio del processo di chiusura del CAAT di Casale Lumbroso sta subendo degli intoppi. Trombetti (Pd): "Non possiamo fare come Salvini"

La chiusura del residence di vicolo del Casale Lumbroso 75 è molto più critico del previsto. L'avviso appeso all'ingresso dello stabile nelle scorse settimane rischia di diventare carta straccia, perché le famiglie che vivono da anni nel Caat (centro di accoglienza abitativa temporanea) non vogliono essere spostate in un altro residence, ma ottenere la casa popolare promessa. Casa che migliaia di persone, ancora dentro le 11 strutture attive a Roma, aspettano da anni.

Le famiglie di Casal Lumbroso vogliono una casa popolare

E lo hanno anche fatto sapere al comune, protestando davanti al dipartimento patrimonio a Garbatella, occasione nella quale hanno parlato con il presidente della commissione politiche abitative, il dem Yuri Trombetti, che il 24 settembre sarà sul posto: "Come abbiamo fatto per le famiglie che stavano nei palazzi privati di via delle Province o Valle Fiorita - spiega il consigliere di maggioranza a RomaToday - alle quali abbiamo assegnato una casa popolare, così dobbiamo fare per le  famiglie che sono nei Caat. Le persone non sono pacchi da spostare, hanno una dignità. Tra l altro è appena iniziato l'anno scolastico per i bimbi che frequentano le suole vicino a Casal Lumbroso". "Dobbiamo certo evitare di spendere 2.800 euro al mese per appartamento - aggiunge Trombetti facendo riferimento alla spesa che sostiene il comune a Casale Lumbroso - ma il problema lo si risolve negoziando una ricontrattazione dei canoni con i titolari degli edifici, con il passaggio di alcuni Caat a Sassat (servizio di assistenza e sostegno socio alloggiativo temporaneo, ndr) e con l'assegnazione delle case popolari a questi nuclei, cosa tra l'altro già prevista nel Piano Casa del 2014 della Regione Lazio. Gli sgomberi a minori e ai poveri veri lasciamoli a Salvini, noi siamo altra cosa". 

I costi "monstre" dei residence a Roma

D'altronde il piano di chiusura dei residence è stato varato durante la giunta Marino, con diverse delibere tra il 2014 e il 2015, ma ad oggi ne esistono ancora 11 attivi in tutta Roma, che da un anno a questa parte l'assessorato alla casa e al patrimonio, guidato da Tobia Zevi, si sta impegnando - faticosamente - a portare a una chiusura definitiva. Ma l'iter non sarà semplice e quest'ultimo caso ne è la dimostrazione. Certo è che la spesa sostenuta dal Campidoglio è enorme: oltre 19 milioni di euro il costo totale annuale per mantenere le strutture, cifra alla quale vanno aggiunti oltre 1 milione e mezzo di euro per i servizi. Soldi che per la maggior parte finiscono nelle tasche dei proprietari dei residence, strutture per lo più in condizioni fatiscenti con alloggi non adeguati. 

Quali sono e quanto costano al Campidoglio i CAAT aperti

Andando a verificare i costi per ogni Caat, che RomaToday ha potuto consultare, si scopre per esempio che Casal Lumbroso pesa sulle tasche della collettività esattamente 224.229,47 euro al mese, ovvero 2.690.735,64 euro l'anno. Ma non è il più dispendioso, nonostante il rapporto qualità/prezzo sia molto a discapito del primo fattore. Infatti è il residence di Valle Porcina ad Acilia a pesare maggiormente: 313.876,32 euro al mese per la struttura, un totale di 3.766.515,84 euro l'anno. Un salasso. Anche perché a Valle Porcina ci sono ad oggi 26 alloggi occupati abusivamente, 20 sono vuoti - e a rischio occupazione, quindi - e uno è inagibile. Aperti sono anche il Madre Teresa in via Beniamino Segrè a Fonte Laurentina (quasi 917.000 euro l'anno), Campo Farnia a Capannelle (oltre 2 milioni), Val Cannuta (2 milioni e mezzo), Montecarotto a San Basilio ("solo" 470.000 euro l'anno), Romanina 2 (quasi 690.000 euro), Borgo Bel Poggio a Fioranello (1 milione e 470.000 euro), Tovaglieri all'Alessandrino (quasi 727.000) e infine via Tineo a Tor Tre Teste, il secondo più costoso con circa 3 milioni di euro di spese sostenute dal comune per l'affitto della struttura. 

La storia di chi vive da sempre nei residence

Di come si vive da inquilini di un Caat lo racconta Antonio, nome di fantasia, 35 anni. Gli ultimi dodici passati nei residence tra Anagnina, Romanina, il campeggio Fabulous. Adesso si trova a Casale Lumbroso: "Ci spostano da una parte all'altra - racconta a RomaToday - e ci dobbiamo far andare bene qualsiasi destinazione. Vivo in 30 mq con la mia compagna e mio figlio, quando siamo entrati nel primo residence lui aveva un anno, dovevamo starci qualche mese e poi avere la casa popolare a cui abbiamo diritto, ma ancora niente. Qui c'è gente che è morta aspettando l'assegnazione". Da quando è apparso l'avviso sul portone l'agitazione è aumentata: "Sono venute delle associazioni e sindacati - continua - dicendoci che bisognava lottare o per restare qui o per ottenere la casa. Poi però da qualche giorno hanno occupato gli alloggi vuoti, circa 7 o 8 nuclei in condizioni disperate, tante mamme con bambini piccoli. I vigili sono venuti, hanno proposto soluzioni alternative ma non vengono accettate perché dividono le famiglie. Com'è qui? Fa schifo. All'inizio pure i topi c'erano. La muffa e le infiltrazioni sono sempre presenti. Addirittura quando chiamai l'ufficio igiene per fare un sopralluogo, mi dissero che non era un posto idoneo per vivere. Eppure sto sempre qui".

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