Spazi del Comune, Giunta Raggi divisa sul regolamento. Bergamo: "Forti riserve, va modificato"
Il vicesindaco è intervenuto nel corso di una commissione sul tema. L'assessora Vivarelli ha invece difeso la delibera
Non solo la bocciatura delle realtà sociali attive da decenni negli spazi del Comune. L’ultimo colpo al Regolamento per le concessioni del patrimonio indisponibile di Roma Capitale è arrivato ieri dal vicesindaco con delega alla Crescita culturale. Luca Bergamo ha infatti espresso “forti riserve” in merito al provvedimento, in particolare verso gli elementi che considerano il patrimonio come una “fondamentale risorsa economica”, chiedendone una modifica. “Ritengo che ci sia il tempo e il modo per lavorare sul testo e per fare in modo che gli elementi sollevati vengano accolti”, ha detto nel corso della commissione capitolina congiunta Cultura e Politiche sociali convocata per ascoltare, per la prima volta in via ufficiale, le associazioni e le realtà sociali attive da tempo in questi spazi, che da ormai oltre quattro anni attendono di regolarizzare la propria posizione dopo il terremoto innescato dalla delibera 140 del 2015, mai superata dall’amministrazione Raggi.
Bergamo ha così ufficializzato una spaccatura all’interno della maggioranza e della Giunta Raggi in merito al nuovo regolamento per l’utilizzo del patrimonio indisponibile capitolino, che porta la paternità del presidente della commissione Patrimonio, Francesco Ardu, che ha ereditato e completato il lavoro iniziato dall’ex presidente della stessa commissione e oggi assessora al Patrimonio, Valentina Vivarelli. La stessa Vivarelli, presente in commissione, ha difeso il lavoro: “Fate attenzione a non scambiare l’elemento economicistico solo come volontà di fare cassa”.
Dopo la commissione appare ormai certo che il regolamento difficilmente approderà in Aula così come è stato concepito da Ardu sul solco del lavoro dell’assessora Vivarelli. Il capogruppo del Pd, Giulio Pelonzi, ha avanzato un invito formale a “ritirare la delibera e riscrivere il testo rapidamente”. Le presidenti di commissione Cultura e Politiche sociali, Eleonora Guadagno e Agnese Catini, che con con la seduta di ieri hanno messo in fila una sfilza di posizioni critiche verso l’impianto del provvedimento, si sono dette “aperte al dialogo” e si sono già impegnate a riconvocare le realtà sociali intervenute per continuare il confronto.
Nel mirino del ‘fronte’ critico verso il regolamento, oltre all'assenza di partecipazione e al ritardo con cui è stato presentato, c’è soprattutto l’impostazione “economicistica” data al provvedimento esplicitata nelle premesse e messa nero su bianco nell'articolo 24 nel quale si prevede la possibilità di ricorrere a “forme di partecipazione a fondi di investimento immobiliari” con la finalità di valorizzare il patrimonio. Un altro dei nodi critici sottolineati nel corso della commissione riguarda la decisione di ricorrere al ‘bando di gara’ per l’assegnazione di questi spazi, considerata una modalità più in linea con logiche di mercato che promuovono una competitività che rischia di favorire le realtà più solvibili e che, per esempio, potranno più facilmente sostenere le spese per la manutenzione straordinaria così come previsto dal regolamento. Manca inoltre il riconoscimento del “valore sociale” prodotto, o che si potrebbe produrre, in questi spazi e il coinvolgimento delle “energie presenti sui territori”, la sintesi di un’altra delle critiche espresse. Da più parti è arrivata quindi la richiesta di abbandonare i bandi di gara per procedere con progetti su istanza di parte sociale.
Anche la ‘norma transitoria’, pensata per traghettare i soggetti con concessioni scadute o non regolarizzate verso il nuovo regime concessorio, rischia di fare piazza pulita di centinaia di esperienze nate e cresciute sul territorio che da anni svolgono attività importanti per la tenuta sociale di interi quartieri, così come accaduto anche durante l’emergenza Coronavirus. Queste realtà potranno restare per un massimo di tre anni, “al fine di scongiurare occupazioni o depauperamento dell’immobile” e “nelle more dell'individuazione del nuovo concessionario”, si legge nel regolamento.
Bergamo ha manifestato la volontà di accogliere molte delle osservazioni emerse da “questa discussione seria”. Due le critiche in particolare: la visione economicista del patrimonio che emerge dal regolamento e il ricorso ai bandi che, secondo il vicesindaco, porterebbe a ragionare sul destino dei singoli immobili impedendo una programmazione complessiva del patrimonio. “Ho mosso delle osservazioni sulle premesse per l’esplicito riferimento al fatto che il patrimonio è una fondamentale risorsa economica utile a garantire l’autonomia finanziaria del Comune”, ha detto il vicesindaco. “Perché è evidente che questo riferimento tende a spostare gli obiettivi verso l’idea che il patrimonio sia riconducibile a una transazione economica e non alla produzione di valore sociale, difficile da misurare anche se mi pare che tutti concordiamo che l’avanzamento di una società non si possa misurare solo sul suo avanzamento economico”.
Altro elemento: “Le procedure previste non includono l’avvio di una necessaria forma di evidenza pubblica e di confronto pubblico a partire da proposte, quindi come istanza di parte, ma vanno verso meccanismi che trasferiscono la responsabilità dell’assegnazione del patrimonio alle strutture interne dell’amministrazione al di fuori di un atto di programmazione generale”. Così Bergamo ha espresso “forte riserva verso questo percorso che penso che possa essere modificato”. Poi ha aggiunto: “C’è sia il tempo sia il modo per lavorare sul testo e per fare in modo che gli elementi sollevati vengano accolti”.
Vivarelli ha invece difeso l’intero impianto del regolamento. L’assessora ha sottolineato che “non si tratta solo di una parte ma di tutto il patrimonio indisponibile che deve essere gestito da Roma Capitale ed è quindi stato affrontato da più punti di vista perché il patrimonio non è destinato solo alla concessione a terzi ma serve anche ad altro”. Poi ha invitato a “fare attenzione a non scambiare l’elemento economicistico solo come la volontà di fare cassa da parte dell’amministrazione capitolina” ma di considerare quale valore anche l’utilizzo del bene: “Riuscire ad attivare attività all’interno degli immobili che servano a valorizzare questo patrimonio”, ha aggiunto. Obiettivo, per Vivarelli, “è non lasciare che il bene si perda tra le maglie di chi lo utilizza o di chi non lo utilizza più”. Poi la replica in merito al coinvolgimento dei territori: “I municipi sono importanti in questo regolamento perché è il municipio che riesce a determinare meglio di chiunque altro quali devono essere le finalità dell’immobile. Non deve essere il dipartimento Patrimonio a fare avvisi pubblici perché non conosce i servizi che si possono attivare sui territori ma i municipi e i relativi dipartimento ad andare sul territorio e recepirne le necessità”.
Per arrivare a una “approvazione entro l’anno”, così come auspicato da Bergamo, sembra essersi aperta la strada di una modifica del regolamento che elimini i punti più discussi arrivando a un compromesso tra le varie anime della maggioranza e attraverso un dialogo con l’opposizione e con le realtà sociali. Dal centrosinistra arriva però la richiesta di un ritiro per una completa riscrittura. Anche alcune critiche avanzate ieri dalle associazioni e dalle realtà sociali coinvolte hanno evidenziato come l’impianto con cui è stato scritto il regolamento lo rende “difficilmente emendabile”. Tra agosto e settembre è attesa una nuova commissione sul tema per continuare il confronto.