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Spazi del Comune per realtà sociali, la proposta M5s solleva la protesta: "Puntate al valore economico"

In commissione Patrimonio scontro tra il presidente Ardu (M5S) e le realtà sociali. Attaccano anche i consigieri di centrosinistra

Dal nodo dei bandi alla possibilità di una valorizzazione economica. E ancor prima il richiamo nella premessa all’articolo 119 della Costituzione: “Il patrimonio immobiliare capitolino costituisce una fondamentale risorsa economica, strumentale a garantire l'autonomia finanziaria della comunità locale”. Sono diversi i nodi della proposta di regolamento delle concessioni dei beni immobili del patrimonio indisponibile di Roma Capitale, già depositata negli uffici competenti dal presidente della commissione Patrimonio, Francesco Ardu, che questa mattina, nel corso di una commissione capitolina sul tema, sono stati contestati dalle decine di realtà che da anni svolgono attività sociali, culturali, sportive e aggregative negli immobili comunali.

La proposta è stata criticata fin dalla premessa tanto che senza un’apertura a un percorso di discussione condiviso il provvedimento che la maggioranza pentastellata vuole portare in Consiglio è destinato a uno scontro frontale con una parte di opposizione in Aula Giulio Cesare e, soprattutto, di cittadinanza nei territori interessati. Un’apertura in questo senso però non è arrivata. Come spiegato da Ardu nel corso della seduta, la proposta potrà essere modificata in Aula con singoli emendamenti e previo parere dei dipartimenti competenti e dei municipi. Nessuno spazio quindi, per il momento, a una revisione organica del documento.

Il confronto, spesso arrivato allo scontro vero e proprio, è stato serrato. Prima di tutto sulla premessa che fissa quale principale criterio per l’uso del patrimonio indisponibile quello dell’economicità. Un passaggio che per Ardu “non è nient’altro che una norma ispiratrice” mentre i presenti hanno sottolineato più volte quanto indirizzi l’intero impianto della proposta. Il nodo è centrale perché riguarda il riconoscimento della funzione sociale del patrimonio indisponibile cittadino, sia quello che ancora oggi è vuoto sia quello recuperato da decine di realtà autorganizzate e associative negli ultimi decenni.

“Capisco che la valorizzazione possa sembrare incoerente con i beni immobili che andiamo a trattare perché sembra dare possibilità solo a realtà con capacità economiche”, ha spiegato Ardu in apertura di seduta. “Ma anche la valorizzazione dovrà sempre essere portata avanti con le finalità del patrimonio indisponibile”. Permettendo sia concessioni a canoni di mercato sia, per i no profit, abbattimenti dell'80 per cento, il regolamento “mette sullo stesso piano le concessioni sociali e quelle commerciali”, una delle critiche. “Il testo infatti non introduce alcun criterio di esclusività. State trasformando il patrmonio indisponibile in disponibile”.

Altro punto al centro dello scontro è il ricorso agli avvisi pubblici per l’assegnazione degli immobili, dai quali dovranno passare anche le realtà già consolidate sul territorio. “Non partiremo da una progettazione avanzata dall’amministrazione ma chiederemo alle persone interessate, sia per gli immobili vuoti sia per quelli già utilizzati, di mostrarci quali sono le loro idee. La comparazione tra le varie realtà arriverà dall’idea progettuale”, ha spiegato Ardu. “Le associazioni storiche hanno una progettualità forte che verrà presa in considerazione ma ci sono altre realtà giovani come i Retake che hanno bisogno di spazi. Credo che dal punto di vista politico sia necessaria una comparazione tra realtà”. 

Netta la bocciatura dei presenti. Quella dell’avviso pubblico “non è una scelta tecnica e nemmeno una modalità imposta per legge”. In gioco “c’è il riconoscimento di attività che durano da trent’anni” e che spesso sono gli unici spazi di aggregazione “in territori complicati” che “non dovrebbero dare dei soldi all’amministrazione ma essere in credito”. La competizione dettata dall’avviso pubblico, inoltre, mette tutti a rischio: “Cosa sceglierà un dirigente del patrimonio se arriva una cooperativa con un bel progetto e anche con tanti soldi?". Intanto, “quanti per anni si sono impegnati in questi progetti devono fare i conti con richieste di risarcimento e procedimenti amministrativi e penali”.

Non solo le realtà sociali. Il provvedimento è stato duramente criticato anche dai consiglieri di opposizione di centrosinistra. Al centro soprattutto la possibilità di valorizzazione economica, “che risponde solo alla finalità di soddisfare il debito cittadino”, le parole del consigliere di Sinistra per Roma, Stefano Fassina, e lo strumento con cui procedere alle concessioni. “A disposizione ci sono molti strumenti normativi per procedere con le assegnazioni senza rimettere tutto a bando”.

Attacca anche Giulio Pelonzi, capogruppo del Pd capitolino: “L’individuazione dell’interesse pubblico e il predisporre le gare per le assegnazioni sono due cose antitetiche. Con il primo hai già riconosciuto il valore di una realtà, con il secondo metti in competizione più realtà. L’amministrazione non deve avere nulla da nascondere, se c’è l’interesse pubblico la gara non serve”. Immediata la replica di Ardu: “La nostra intenzione è mantenere l’interesse pubblico su ciò che deve essere realizzato nell’immobile in questione, il soggetto che lo deve realizzare è un altro paio di maniche”.

La richiesta avanzata da più parti di discutere punto per punto e nel merito il regolamento, almeno nel corso della seduta, non è stata accolta. A tre anni e mezzo dall’inizio della legislatura, un'altra delle critiche, “questa proposta arriva a un anno dalla fine del mandato”. 
 

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