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Raggi sceglie il giudizio immediato: ecco perché fa un favore a Di Maio

L'opportunità politica dietro la strategia difensiva della sindaca

Non è un mistero per nessuno. Il giudizio immediato consente alla sindaca Raggi - indagata per falso documentale all'interno del caso Marra - di evitare udienze in tribunale durante la campagna elettorale e fino al 4 marzo, giorno del voto. La scelta di andare subito a dibattimento è stata annunciata ieri via Facebook, giustificata così: "Non voglio sottrarmi. Sono innocente e ho piena fiducia nella giustizia". Già, ma è difficile negare che dietro la strategia si nasconda anche un'opportunità politica. Spieghiamo meglio. 

Accusata di aver mentito all'Anticorruzione del Comune riguardo alla nomina di Renato Marra, fratello del suo ex braccio destro Raffaele, a capo del dipartimento Turismo del Campidoglio, il Pm ha chiesto il processo lo scorso 28 settembre. Per Raggi era già fissata al 9 gennaio l'udienza preliminare. In Camera di consiglio il Gup avrebbe espresso il decreto di citazione a giudizio, accettando dunque la richiesta del Pm, oppure una sentenza di non luogo a procedere. Nel primo caso, i titoli "Raggi a processo" avrebbero inondato le prime pagine dei giornali, non aiutando certo il leader grillino Luigi di Maio, in corsa per guidare il governo del Paese. 

Con il giudizio immediato invece, si salta l'udienza preliminare andando direttamente al dibattimento. Secondo il calendario dell'anno giudiziario, a Roma, sicuramente non prima di primavera. Il gioco è fatto e il vantaggio è presto detto: allontanare da sè, e dai vertici del Movimento, l'ombra del processo, non scontarne gli effetti (inevitabili) sul consenso in piena corsa a palazzo Chigi, e salire sul banco degli imputati più in là. 

Una tattica che non è sfuggita a nessuno, scatenando i commenti dell'opposizione, specie del centrosinistra. Così il segretario dei dem Matteo Renzi nella e-news agli iscritti del Pd scrive: "Virginia Raggi ha chiesto di essere processata quando ha capito che l'avrebbero rinviata a giudizio. Bene, ha fatto bene. Un dirigente politico non scappa dai processi. Certo fa sorridere che il Movimento Cinque Stelle che chiede sempre le dimissioni dei propri avversari appena arriva un avviso di garanzia (talvolta anche quando non arriva l'avviso di garanzia, basta che le dimissioni da chiedere siano di uno del PD), abbia il proprio sindaco di punta che deve affrontare un processo penale per falso".

"Tutto legittimo, per carità. Ma almeno eviti di spacciare questa scelta come un grande atto per affermare la verità: l'unica verità è che così salta a piedi pari la campagna elettorale" dichiara in nota il deputato Franco Vazio del Partito democratico. Sulla stessa linea il deputato David Ermini: "Una scelta buona per non rischiare il peso di una condanna (in caso di richiesta di rito abbreviato) o di un rinvio a giudizio in piena campagna elettorale. Probabilmente, per proclamarsi innocente non le bastava lo stato degli atti acquisiti al momento dell'udienza preliminare prevista il 9 gennaio. La strategia processuale si interseca con quella elettorale, quindi non ci raccontino che la adottano per ristabilire immediatamente la verità"
 

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