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L'Imu alla Chiesa, Raggi non rispetta il programma: dopo 5 anni il M5s dimentica la promessa fatta ai romani

Nel pieno della sua seconda campagna elettorale di Raggi, di quello che è stato uno dei cavalli di battaglia che ha portato il Movimento cinque stelle a governare Roma non ci sarà nemmeno l’ombra

Era una vecchia promessa elettorale, simbolo del rapporto che l’allora candidata sindaca di Roma, Virginia Raggi, aveva intenzione di impostare con il Vaticano: “Chiederemo il pagamento delle tasse degli immobili a uso commerciale di proprietà degli enti religiosi”, aveva detto nel corso del confronto elettorale su SkyTg24, a pochi giorni dal ballottaggio che l’ha eletta sindaca di Roma. Nel pieno della sua seconda campagna elettorale, con la quale Raggi punta alla riconferma, di quello che è stato uno dei cavalli di battaglia che ha portato il Movimento cinque stelle a governare Roma non ci sarà nemmeno l’ombra. 

E dire il M5S aveva iniziato a lavorare sul tema ben prima dell’elezione di Raggi a sindaca di Roma. I numeri e le cifre dei vantaggi economici per le casse capitoline erano stati messi nero su bianco dall’ex vicesindaco e attuale assessore allo Sport, Daniele Frongia, che al tempo era consigliere e presidente della commissione capitolina per la Riforma e la razionalizzazione della spesa. Nel suo libro ‘E io pago’, Frongia scriveva: “Su 12mila unità immobiliari, pari a un imponibile di oltre 6 miliardi, l’evasione vaticana di Imu e Tari è sistematica. Accertati, tra 2012 e 2014, almeno 40 milioni di tributi evasi”.

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Unità immobiliari utilizzate per i più svariati scopi, da strutture ricettive a impianti sportivi passando per conventi e case di cura, di proprietà non solo della Chiesa ma anche di congregazioni e ordini religiosi, “che avrebbero potuto portare nelle casse capitoline 64 milioni e mezzo di Imu e 4,9 milioni di Tasi”, scrive ancora Frongia. Non tutti soldi dovuti, perché per legge dal pagamento dell’Imu sono esenti immobili destinati all’esercizio del culto o comunque ad attività sociali o educative portate avanti senza scopo di lucro. La promessa di Raggi non ha preso forza nemmeno dopo la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, emessa nel novembre del 2018, che ha stabilito che l’Italia avrebbe dovuto recuperare tutta l’Ici non pagata dagli immobili della Chiesa tra il 2006 e il 2011 in virtù di una deroga concessa dal governo Berlusconi. La vicenda è da affrontare di certo sul piano nazionale, anche se è l'amministrazione comunale a dover riscuotere la tassa. La promessa di Raggi consisteva proprio nel fare ordine, stabilire il corrispettivo dovuto per ogni immobile e procedere a richiederlo. 

Subito dopo le elezioni, l’attività di ricognizione, che sarebbe dovuta essere in capo all’assessorato al Bilancio, venne presa in carico da un gruppo di lavoro che faceva capo al Gabinetto della sindaca e al quale partecipava anche Frongia. Il tutto in coordinamento con Aequaroma, che avrebbe dovuto materialmente accertare quanto dovuto per i singoli immobili e provvedere a riscuoterlo. All’inizio del 2017 l’amministrazione capitolina ha anche aperto un’interlocuzione con l’allora segretario di stato della Santa Sede. “Parliamo di un altro Stato, con cui la collaborazione e l'interlocuzione, che si muove su altri livelli, è già iniziata. C’è anche la volontà ecclesiastica di definire la situazione”, aveva detto l’ex assessore capitolino al Bilancio, Andrea Mazzillo, nel gennaio del 2017. La determinazione nel fare in modo che il gruppo di lavoro producesse risultati, però, secondo quanto ha potuto apprendere Romatoday, sarebbe scemata a poco più da un anno dalle elezioni. Quel che è certo è che i risultati non sono mai stati resi noti. 

L’obiettivo era stato condiviso anche dal leader del movimento Beppe Grillo che in un video pubblicato su Facebook nel febbraio del 2017 si era rivolto a papa Francesco: “Bergoglio ha dichiarato che vorrebbe pagare l’Imu. Bergoglio ti prego mi hai già copiato tutto il programma. Ora cerca di dare una mano a questa meravigliosa città, è anche giusto che tu partecipi, ti daremo dei premi”. Il vecchio cavallo di battaglia è stato riesumato anche a dicembre del 2020 quando Grillo ha scritto un lungo post dichiarandosi contro il Mes e a favore del pagamento dell’Imu per gli immobili della Chiesa. “La questione può essere così riassunta” si legge nel post “è giusto che i beni immobili della Chiesa, presenti sul territorio nazionale, siano sottoposti alla stessa tassazione a cui sono sottoposti anche tutti gli altri immobili di proprietà di privati cittadini? Aldilà di come uno la possa pensare, anche alla luce della recente sentenza Ue, la riposta è chiara. Si”. La spinta, però, non partirà dalla Capitale governata da Raggi. 

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