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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Politica

Due anni di Raggi: il vento del cambiamento è una bufera che imbarazza il M5s

I primi 24 mesi targati Cinque Stelle, dalle promesse elettorali ai bagni di realtà 

Due arresti nella cerchia dei fedelissimi, da Raffaele Marra a Luca Lanzalone, otto rimpasti di giunta, tante polemiche interne e correntismi da tenere a freno, una città da governare che quotidianamente presenta il conto, dossier critici da gestire per il futuro di Roma (vedi Atac e il concordato), sul finire la baraonda stadio e proprio il giorno delle candeline, la prima udienza del processo per falso in atto pubblico. Eccoli, i primi due anni targati Cinque Stelle, dalle promesse elettorali ai bagni di realtà. 

E' il 21 giugno 2016. Virginia Raggi si prepara alla sua prima uscita con la fascia tricolore: "Onorata di servire la mia città, ora si comincia". Sorridente, entusiasta, forte di uno schiacciante 67 per cento al ballottaggio che l'ha incoronata sindaco - anzi, sindaca, al femminile, per la prima volta a Roma - si affaccia al balcone del suo ufficio in Campidoglio con vista sui Fori Imperiali, commossa, in diretta su Facebook: "E' un momento storico e importante per la nostra città". Già, lo era davvero. 

Chissà se si aspettava tanto trambusto in due anni. Governare Roma certo non è una passeggiata. Lo sa bene chi l'ha preceduta, reo nei racconti del M5s di aver lasciato una città in macerie, dalle Parentopoli degli anni di Gianni Alemanno a Mafia Capitale, bubbone giudiziario esploso nel biennio di Ignazio Marino. Un cimitero da ricostruire ripartendo da zero o quasi, lungo un percorso irto di difficoltà che se all'inizio valevano come risposta a chi pretendeva che il "vento del cambiamento" soffiasse in poche ore, ventiquattro mesi dopo suonano come alibi per giustificare alcune, fondamentali, non azioni. 

"Stiamo lavorando", oppure, "non stanno lavorando gli altri", oppure ancora, "non hanno lavorato quelli di prima". Sono le frasi che sentiamo ripetere dalla sindaca a ogni critica. Vale per i rifiuti. Il nuovo modello di differenziata con i sacchetti intelligenti è partito, ma in ritardo e solo in due quartieri dei tre municipi indicati (al Ghetto in I ed Axa in X). Mentre i secchioni strabordano, mancano gli impianti di smaltimento, e lo scontro qui è tutto con la regione Lazio colpevole di non aver completato il piano rifiuti del 2012. E vale per i trasporti, perché il debito monstre di Atac viene da lontano, una pesante eredità della vecchia politica. Intanto però dieci autobus sono andati a fuoco nel solo 2018, e il servizio è ai minimi storici. Poi ci sono le buche per strada, che tra bandi fermi e fondi insufficienti restano a minare la sicurezza dei romani. Insieme alle pessime condizioni in cui versano parchi, giardinetti, rotatorie, con il Servizio Giardini ridotto a nemmeno 200 giardinieri per 44 milioni di metri quadrati di verde.    

Governare Roma, Raggi può confermare, non è una passeggiata. Doveva pensarci l'esecutivo amico giallo verde, quello che si è insediato a giugno dopo mesi di trambusto, a risollevare le sorti del Campidoglio grillino, con i poteri speciali a Roma Capitale e fondi extra. Ma nemmeno il tempo di gioire per la nuova sponda a palazzo Chigi che tocca fare i conti con le elezioni amministrative ribattezzate, all'americana, di "mid term", che hanno strappato ai Cinque Stelle ben due municipi. Una sonora bocciatura a Raggi. 

Poi, qualche ora dopo (ciliegina sulla torta del biennio), lo scandalo stadio, con l'ex presidente Acea Luca Lanzalone, il mr. Wolf del Movimento che la sindaca dice esserle stato imposto come consulente dalla Casaleggio, finito ai domiciliari per corruzione. E quel "ci siamo fidati dell'uomo sbagliato" che torna a raccontare di una classe dirigente mai formata, sostituita da nomi catapultati dal nulla nella macchina politica che - è la narrazione dei cinque stelle - si approfitterebbero di inesperienza e ingenuità per tessere la loro trama fatta di interessi privati molto più che pubblici.

Ora l'uomo "sbagliato" è Lanzalone, ma a nemmeno un anno dall'insediamento si chiamava Raffaele Marra, ex braccio destro di Virginia, arrestato anche lui per corruzione in concorso con l'immobiliarista Sergio Scarpellini. Un terremoto giudiziario che costrinse al ridimensionamento del "raggio magico" guidato dallo stesso Marra, a un mezzo commissariamento da parte di Di Maio&Co e a un filone d'indagine che porterà la stessa Raggi al banco degli imputati per falso in atto pubblico. Proprio il 21 giugno, beffa della sorte. Due anni fa, lo stesso giorno, tratteneva lacrime di gioia. 

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