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Venerdì, 19 Aprile 2024
Politica

Immobili comunali e realtà sociali: le proposte delle associazioni e la posizione del Campidoglio

Centri sociali e cooperative chiedono di attribuire un valore economico alle attività sociali . L'assessore Catarci a RomaToday: "Richiesta condivisibile, bisogna superare le secche del passato"

Attribuire un valore sociale alla gestione dei beni comuni di cui dispone la capitale. Sono centinaia gli immobili comunali che sono infatti gestiti da centri sociali, associazioni e cooperative che necessitano di una regolarizzazione.

Il tema non è nuovo. Dalla metà degli anni novanta l’amministrazione cittadina, per evitare di far sparire decine di esperienze legate alla galassia dei centri sociali, aveva predisposto una delibera di assegnazione. Il suo iter amministrativo non si è mai concluso ed il successivo atto firmato dalla giunta Marino (la delibera 140/2015) ha complicato la questione. Il risultato è che la gestione dei “beni comuni” è diventata una matassa difficile da gestire. Un banco di prova per l’amministrazione Gualtieri e per gli assessori della sua giunta che, da Tobia Zevi ad Andrea Catarci, dovranno lavorare ad un nuovo quadro normativo.

Da Raggi a Marino la storia della delibera 140

Catarci, lei è assessore alla città dei quindici minuti ed anche alla partecipazione. E’ pertanto uno degli interlocutori a cui guardano i centri sociali e le realtà che chiedono di riscrivere le regole sulla gestione dei beni comuni…

Ripensare la normativa sul patrimonio ed il modello di gestione è una cosa molto complessa. Con l’assessorato di Tobia Zevi ne stiamo parlando costantemente perché, superare le secche della delibera 140 e la sua successiva modifica, non può avvenire in maniera meccanica. Serve un modello che funzioni, di cui la delibera è l’approdo finale.

Queste realtà chiedono di quantificare l’apporto che forniscono con le loro attività, di valutare l’impatto sociale che hanno sul territorio, nei termini di un risparmio di spesa pubblica. E’ fattibile?

Io ritengo che non si possa ridurre il rapporto tra l’amministrazione e le realtà che ne hanno in gestione gli immobili, ma anche i terreni o i giardini, solo sul piano economico. La VIS, la valutazione di impatto sociale, è un’esperienza che è già stata avviata e che apre ad una visione diversa proprio, che trovo estemamente condivisibile della relazione tra il pubblico e questi soggetti che offrono servizi di natura sociale, culturale, ambientale.

Realtà di cui fanno parte i centri sociali, ma anche tante altre…

Sì perché il contesto rispetto al 1995 è mutato. Allora l’obiettivo era di garantire, con la delibera 26, la sopravvivenza di esperienze minacciate. E parlo dei centri sociali. Ma ora invece parliamo di un mondo più variegato, di realtà sociali estremamente più ampie, perché la delibera 140 le coinvolge tutte indistintamente.

Ritorno sulla domanda di prima. Lei ritiene che la valutazione dell’impatto sociale sia perseguibile?

Bisogna elaborare un modello che funzioni. La valutazione dell’impatto sociale è un pezzo utile ed importantissimo in un ragionamento che deve servire a mettere in campo un modello che funzioni. Ci sono poi delle opportunità che vanno prese in considerazione.

Per esempio?

Ad esempio c’è una legge regionale sui beni comuni che è un altro pezzo importante di questo ragionamento che dobbiamo fare per riscrivere il modello di assegnazione dei beni pubblici. E ne dico un’altra: ci sono esperienze diverse, a Bologna, Napoli, Milano, in cui si è lavorato ad un modello di collaborazione tra i comuni e le realtà di base. Aggiungo un terzo aspetto: i patti di collaboraizone proposti dal MIUR ed attuati da alcune scuole romane che hanno per esempio portato all’apertura di biblioteche, come l’Approdo nel Municipio VIII. Anche quella fornisce uno spunto per coordinare realtà che si rapportano con le istituzioni pubblici per avere la gestione di spazi culturali. E questo è un altro pezzo del ragionamento da mettere in campo.

C’era anche una proposta di delibera che è stata presentata tre volte in aula Giulio Cesare, durante la scorsa consiliatura, da una rete di associazioni romane…

Esatto e quel coordinamento, a sua volta, può fornire un ulteriore tassello nel processo che si vuole provare a costruire per elaborare il nuovo modello di gestione dei beni comuni. Che tra l’altro non deve essere solo difensivoo com'era stato nella metà degli anni novanta quando l’amministrazione si è posta il problema. La pluralità delle realtà che oggi chiedono delle risposte deve infatti spingerci a ragionare in maniera espansiva, per assegnare a loro questi beni di proprietà comunale, affinché vi eroghino servizi che, anche durante la pandemia, abbiamo visto quanto fossero necessari.

Ed invece per quanto riguarda il pregresso, le tante azioni risarcitorie richieste alle realtà che sono state colpite dalla delibera 140? Come si regolerà l’amministrazione Gualtieri, farà qualcosa?

Va aperto fascicolo per fascicolo per vedere il pregresso. Bisogna andare a vedere le situazioni per tutelarne il valore sociale e culturale. Da parte dell’amministrazione sento che c’è la volontà di entrare con i piedi nel piatto, per fare un’altra cosa rispetto al passato. E questa non è una spinta solo personale, perché coinvolge i vari assessorati, a partire da quello al Patrimonio e che include anche il Sindaco. Sono convinto che ci sarà un protagonismo dell’amministrazione. Verso un nuovo modello di gestione che superi queste secche, individuando le basi normative, le esperienze da richiamare ed il perimetro del lavoro entro il quale muoversi. 
 

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