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Politica

"Ecco il nostro progetto per l'Idroscalo. Agli abitanti della zona dico 'nessun allarme'"

L'intervista all'assessore all'Urbanistica, Luca Monutori, sul progetto ammesso ai finanziamenti statali per edilizia residenziale sociale

L’annuncio è arrivato alla fine di maggio: Roma Capitale si è aggiudicata il primo posto al bando della Regione che stanzia 22 milioni di euro di fondi statali per l’edilizia residenziale sociale. Il bando era finito al centro delle polemiche nel gennaio scorso per la mancata partecipazione da parte del Comune di Roma che aveva denunciato che i tempi concessi dalla Regione Lazio per la partecipazione erano stati troppo stretti. Riaperti i termini, Roma Capitale ha presentato tre progetti: tutti e tre ammessi anche se, per il momento, solo il primo verrà finanziato. A finire in cima alla lista degli interventi ammessi un progetto di “riqualificazione ambientale e nuova edilizia residenziale sociale” all’Idroscalo a Ostia. L'importo totale dell'intervento statale sarà di 10 milioni di euro mentre altri 5 milioni e 750 mila euro arriveranno, in cofinanziamento, da Roma Capitale. Per capire in che cosa consiste il progetto Romatoday ha intervistato l’assessore all’Urbanistica, Luca Montuori. 

Ci può illustrare il progetto che avete sottoposto alla Regione Lazio?

Il progetto consiste nella costruzione di circa 125 alloggi articolati in due edifici tra i 4 e i 5 piani, con metrature degli appartamenti che vanno dai 45 ai 100 metri quadrati. Sono previsti, inoltre, spazi collettivi e servizi. Parliamo di circa 7mila metri quadri di destinazione abitativa, 830 metri quadrati di servizi e altri 150 di aree comuni. Il terreno è di proprietà di Roma Capitale, vicino a un altro dell’Ater. I progettisti verranno selezionati con gare a evidenza pubblica. Il piano fa parte della visione di riqualificazione generale dell’area dell’Idroscalo di Ostia e si unisce a un’attività di ridefinizione del sistema delle arginature e di messa in sicurezza delle aree vicine all’asta fluviale.

Si tratterà di case popolari? Dove sarà localizzato l’intervento?

Saranno alloggi di edilizia residenziale pubblica, di patrimonio indisponibile. I due edifici verranno realizzati in via di Acqua Rossa, in un’area parte di un piano di zona.

Si tratta di un luogo vicino al Tevere, non ci sono rischi idrogeologici?

E’ un problema che riguarda tutto il quadrante. Quest’area in particolare non è a rischio idrogeologico ma è vicina a zone che lo sono. Per questo bisogna mettere in campo sistemi di difesa del territorio.

A riguardo, quali interventi metterete in campo con questo progetto? Nel comunicato stampa la sindaca Raggi parla di “riconversione totale dell’area con demolizione degli immobili abusivi”. Si riferiva all’abbattimento delle case all’Idroscalo? 

Il progetto con il quale abbiamo partecipato al bando riguarda solo la costruzione di due nuovi edifici. Lo spostamento dei residenti e la verifica di coloro che hanno diritto ad alternative avverrà in un secondo momento. Voglio però specificare una cosa: dalla partecipazione a questo bando non deve scattare nessun allarme. Anche se resta il fatto che l’Idroscalo è un’area a rischio esondazione. Non lo dico io ma l’Autorità di bacino: non c’è una soluzione possibile per mettere in sicurezza quest’area. Non può essere abitata viste le condizioni.

I residenti dell’Idroscalo hanno elaborato un progetto con il quale sostentono il contrario e denunciano di aver chiesto a lungo e senza risultati un incontro con lei e con le istituzioni comunali sul futuro dell’area. Prima di annunciare il progetto con una nota stampa i diretti interessati sono stati informati?

Non ce n’è stato il tempo. Il bando è stato aperto per pochi giorni e comunque siamo solo alla fase di ammissione del finanziamento. Quando si saranno configurate tutte le fasi siamo pronti ad ascoltare. Da parte nostra c’è stata però un’interlocuzione con il municipio. Ritengo che siano gli enti di prossimità, come i municipi, a dover capire quali sono le esigenze del territorio. So che ci sono famiglie che abitano lì da molti anni e che di questo dobbiamo tenere conto. E' nostro dovere inserire l'area in una visione generale di riqualificazione. Non voglio generare nessun allarmismo ma l'area deve essere riqualificata.

I nuovi appartamenti saranno 125, all’Idroscalo vivono circa 500 famiglie. Qual è il piano per il trasferimento?

A me risulta che all’Idroscalo siano state censite 740 persone. Le famiglie sono quindi molte di meno. Tra queste c’è chi avrà le caratteristiche per accedere all’edilizia sociale, altre no. Questo è un approfondimento che spetta alle Politiche abitative. In ogni caso, ripeto, non c’è un legame diretto tra questo progetto e il trasferimento dei residenti dell’Idroscalo. 

C’è una data entro la quale, secondo il piano dell’amministrazione, se ne dovranno andare? 

No, non c’è. 

Torniamo al bando. Nella nota con la quale è stata annunciata l’ammissione al finanziamento Raggi parla di “riconversione totale dell’area”, “demolizione degli immobili abusivi”, “valorizzazione ambientale e costruzione di nuovi alloggi”. I 15milioni e mezzo di euro stanziati (10 milioni statali e 5 milioni e 750 mila euro comunali) per cosa verranno utilizzati in particolare? E’ prevista anche la realizzazione di altre opere come, per esempio, degli argini?

I 15 milioni di euro saranno destinati solo per il programma integrato di edilizia residenziale sociale quindi per realizzare i 125 alloggi, le aree comuni e i servizi. Nessun argine verrà costruito con questi fondi. Però possiamo dire che questo intervento fa parte della politica sull’Idroscalo che abbiamo deciso di mettere in campo. Gli alloggi realizzati lì vicino sono un’opportunità ma non c’è correlazione immediata tra le due cose. 

In che senso un’opportunità? 

L’aver trovato due aree che possono permetterci di immaginare un trasferimento nei pressi dell’Idroscalo o comunque realizzare alloggi di edilizia residenziale pubblica che, però, andrebbero assegnati tramite graduatoria. 

Facciamo chiarezza. E’ già stato deciso come verranno assegnate queste case?

Questo è un tema che va affrontato con l’assessorato di Valentina Vivarelli, un soggetto importantissimo in questa vicenda. Perché se di case popolari si tratterà dovranno per forza essere assegnate in base alla graduatoria. Crediamo che questo intervento possa costituire una parte di una visione più generale per affrontare l’emergenza abitativa a tutto tondo. Proprio in questi giorni stiamo lavorando sulla convenzione per l’housing sociale e poi c’è la delibera sui piani di zona che mira a individuare strategie per calmierare i prezzi delle case e individuare terreni di proprietà comunale cancellando i costi di esproprio che ci permetteranno di realizzare politiche differenziate. Stiamo cercando di mettere in campo strumenti diversificati che permettano di affrontare il tema non solo dal punto di vista emergenziale.

Il secondo dei tre progetti ammessi riguarda l’ex scuola di via di Cardinal Capranica a Primavalle. Gli abitanti sono stati sgomberati il 15 luglio scorso e oggi sono tutti in emergenza abitativa. Molti di loro, a distanza di quasi un anno, vivono ancora nei centri di accoglienza. Il progetto di demolizione e ricostruzione dell’ex scuola c’è ed è stato ammesso al finanziamento ma per avere dei soldi destinati a questo scopo bisognerà attendere. Cosa accade nel frattempo?

Intanto il progetto c’è, a dimostrazione che dietro lo sgombero non c’era alcuna volontà speculativa. Quell’edificio sarà destinato a ospitare circa 50 alloggi con un mix articolato di housing sociale, edilizia residenziale sociale e a canone calmierato. Ci saranno anche spazi collettivi e progetti di cohousing. Stiamo cercando di reperire i finanziamenti. Certo è che fino a che non ci sarà una legge su Roma Capitale il Comune non potrà sviluppare autonomamente piani di edilizia residenziale pubblica. 

A proposito dei finanziamenti. Negli ultimi anni, come amministrazione, avete avuto la disponibilità di fondi da destinare all’edilizia residenziale pubblica. Però non li avete utilizzati. Penso per esempio ai 40 milioni di euro di fondi destinati proprio all’emergenza abitativa che nel 2017 la Regione Lazio ha girato nelle casse del Comune e che sono poi tornati indietro.  

Non posso rispondere nel merito, se ne è occupata l’allora assessora alle Politiche abitative Rosalba Castiglione. Ricordo però che c’erano dei vincoli e delle modalità di spesa che ne hanno impedito l’utilizzo. Allo stato attuale l’unica strada è una politica di collaborazione tra enti che vada al di là del colore politico. Roma Capitale non ha altri strumenti. 

A febbraio la Regione Lazio ha approvato un articolo con il Collegato al Bilancio che prevede la possibilità per i Comuni e per le Ater di destinare un ulteriore 10 per cento di case popolari alle famiglie in emergenza abitativa (10 per cento in più al 25 già previsto per legge). Un problema urgente visti gli sgomberi che dovrete affrontare. Per il momento, però, il Comune non si sta muovendo in questo senso. E’ auspicabile, secondo lei, avviare un dialogo sul punto con la Regione? 

Il dialogo è sempre auspicabile e sono pronto a sedermi al tavolo se si tratta di lavorare sui contenunti e senza equilibrismi politici. Anche per i piani di zona lo abbiamo fatto e siamo arrivati al protocollo che ci permetterà di concludere molte opere. Altro esempio: Ater aveva una serie di interventi fermi e abbiamo lavorato insieme per favorirne lo sblocco. Sul tema dell’abitare, però, sono contrario a tatticismi politici perché significa farlo sulla pelle delle persone. 

Nella delibera sui piani di zona, quella nella quale viene affrontato il tema dell’emergenza abitativa, dell’attività dell’assessorato preposto non c’è traccia. Che ruolo ha avuto l’assessora Valentina Vivarelli nell’elaborazione di questa proposta?

Quella delibera nasce da un lavoro congiunto tra le Politiche abitative di Vivarelli e quelle Sociali di Mammì. E’ una delibera di indirizzo che mette nero su bianco che, proseguendo in un certo modo nella realizzazione dei piani di zona, si rischia uno sviamento dell’interesse pubblico. E’ una posizione politica chiara e anche un allarme rispetto ad alcune iniziative in corso. Qualcuno dice che è arrivata tardi ma io rispondo: dal 2009 ad oggi nessuno ha mai affrontato questo tema. La delibera pone un problema e lo pone da qui a 40 anni dalle ultime politiche pubbliche sulla casa. Offre una visione strategica. Vogliamo concludere i quartieri già avviati, evitare nuovo consumo di suolo e puntare sulla locazione. Una delle critiche che mi è arrivata dalle opposizioni, sia dal centrodestra sia dal Pd, è che non incentiviamo la casa di proprietà come bene rifugio. Io credo che si debbano cercare soluzioni differenziate da mettere sul tavolo, non possiamo guardare alla futuro con gli strumenti del passato. 

A fronte di 50mila famiglie in difficoltà abitativa, lo scrivete nella delibera, potrebbero arrivare sul medio-lungo periodo 3500 alloggi. Non vi sembra una risposta inadeguata? 

Innanzitutto si tratta dei primi 3500 alloggi poi non possiamo pensare di dare una risposta a 200mila persone in questo modo. Si tratterebbe di costruire una città come Parma dentro Roma. Lavoriamo a una serie di strategie. Per esempio dall’intervento di Santa Palomba grazie all’interazione tra pubblico e privato arriveranno 900 alloggi a canoni calmierati di cui 300 di Roma capitale. Quella delibera di indirizzo chiama gli attori in campo al tavolo di discussione.

Di quelle 50mila famiglie in disagio abitativo ben 13mila sono quelle che aspettano una casa popolare. Non si conoscono i numeri precisi ma negli ultimi anni sono stati assegnati circa 400 alloggi all’anno. Non crede che ci si doveva impegnare di più?

Il numero delle assegnazioni, negli ultimi anni, è aumentato. E’ chiaro che, e questo è emerso anche nel corso delle riunioni per individuare le alternative per gli occupanti di Carlo Felice, si tratta di gocce nel mare. Per questo sto mettendo sul tavolo diversi progetti ai quali stiamo lavorando che vanno dall’edilizia residenziale privata, come nel caso del Piano di recupero urbano di Tor Bella Monaca, fermo da 15 anni, a Santa Palomba dove siamo riusciti a far inserire case a prezzi ribassati che erano completamente sparite dal progetto. Altro esempio: prevediamo di servirci di alcuni articoli del Piano casa del 2009, ancora in vigore, che permettono una serie di interventi di edilizia residenziale sociale mai utilizzati da nessuno. 

Tra un anno si terranno le elezioni. Ciò che c’è scritto in quella delibera potrebbe non concretizzarsi. Sapete già quando arriveranno le delibere attuative?

Per scrivere la delibera di indirizzo abbiamo già effettuato tutte le verifiche necessarie. Il lavoro è già stato fatto. Entro l’estate contiamo di portare in Aula le prime delibere attuative. 

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