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Giovedì, 18 Aprile 2024
Politica Selva Candida / Via Federico Filippini, 299

Piano di zona Colle Fiorito, le case restano pignorate e il giudice propone "l’acquisto" al Comune

In via Filippini ci sono decine di appartamenti su cui la banca che ha accordato i mutui vuole vedersi riconosciute le rate non pagate, ma gli assegnatari non hanno colpe: la coop che ha costruito la palazzina è andata in liquidazione cedendo tutto a un consorzio e senza rispettare le norme sui piani di zona

Che fine faranno gli appartamenti di via Federico Filippini nel piano di zona di Colle Fiorito, a Roma nord? Le palazzine, costruite con il contributo della Regione Lazio a inizi anni Duemila, attualmente non sono più delle cooperative che le hanno costruite - tranne una - ma attendono la presa in possesso ufficiale del Comune. Peccato che su diversi appartamenti pesi un pignoramento iniziato oltre due anni fa, da parte del Monte dei Paschi di Siena che in precedenza aveva concesso il mutuo. 

Il piano di zona Colle Fiorito e la coop finita in liquidazione

Nell'aprile 2009 il Comune aveva concesso in diritto di superficie un terreno oltre via di Boccea e Primavalle, non lontano da La Storta, tra Monte dell'Ara-Valle Santa e Selva Nera, fuori dal Raccordo nel quadrante nordovest della Capitale. A giugno 2009, quindi, la cooperativa Una Casa Insieme (che si occuperà in seguito di tirare su le palazzine del comparto E/P del piano di zona B48), accende un mutuo con Monte dei Paschi di Siena. Un finanziamento che viene diviso per tutti i soci interessati dalla futura assegnazione degli appartamenti, che avverrà dopo 8 anni. Nel novembre 2015, però, la cooperativa cede la palazzina costruita nel 2010, al consorzio Praeneste 2 e tre mesi dopo tutta la cooperativa e i suoi soci vengono assorbiti. Quattro mesi dopo Una Casa Insieme finisce in liquidazione amministrativa e da quel momento iniziano i problemi per gli assegnatari. 

La banca vuole le rate non pagate del mutuo

Infatti la banca, che interrompe l'erogazione del mutuo una volta arrivata notizia della liquidazione, rivuole indietro quanto prestato e non ricevuto. Circa 1 milione e 800mila euro, a quanto si apprende. A settembre 2016, infatti, il mutuo viene messo "in sofferenza" e quattro anni dopo partono i pignoramenti: "In realtà ce n'era stato uno nel 2017 - racconta uno degli assegnatari a rischio sfratto, Denis Torredimare - con una signora sgomberata e la casa messa all'asta, ma alla fine chi l'aveva acquisita ha rinunciato perchè il giudice ha fatto presente che c'erano dei vincoli da  rispettare, cioè il prezzo massimo di cessione che insiste su tutti i piani di zona, essendo stati costruiti con contributi pubblici a scopi sociali". Adesso, però, la possibilità che i 14 appartamenti coinvolti vengano effettivamente pignorati e messi definitivamente all'asta c'è: "Il giudice nell'ultima udienza del 28 marzo - spiega Torredimare a RomaToday - non ha emesso una vera e propria sentenza, ma ha espresso un parere. In sostanza ha suggerito al Comune di 'acquisire' la palazzina, facendo un'offerta alla banca". 

La convenzione decaduta ma i pignoramenti resistono

Tutto ciò nonostante, spiega sempre Denis,  i pignoramenti dovrebbero essere resi improcedibili dopo la decadenza della convenzione pubblica, avvenuta a luglio 2021 e in maniera retroattiva, cioè "ex tunc" come si dice in questi casi: "Significa che il mutuo stipulato a giugno 2009 è stato fatto sul nulla - conferma Torredimare - non essendo valida la convenzione siglata due mesi prima quello stesso anno. Non ci aspettavamo questa decisione, perché in altri piani di zona l'improcedibilità è stata concessa". Adesso, quindi, la palla passa al Campidoglio che dovrebbe presentare un'offerta alla banca. Ma perché?

"Noi vogliamo finire di pagare"

"Perché nella delibera 80 del 2021 sulla decadenza - spiega ancora Torredimare - c'è scritto che il Comune, essendo entrato in possesso di un bene senza sborsare un euro, avrebbe dovuto calcolare le partite attive e passive nei confronti della cooperativa costruttrice. D'altronde la Regione ha pagato i contributi e nonostante la revoca della concessione, ha deciso di lasciarli sulla palazzina. on c'è dunque un rapporto economico diretto tra Comune e banca, ma tra cooperativa costruttrice e Comune". Ed essendo subentrata la banca, che vuole quanto non pagato dai sottoscrittore del mutuo, adesso è con lei che l'amministrazione deve vedersela: "Al contrario di altre coop in altri piani di zona, dove hanno incassato le rate non versandole alla banca - sottolinea l'assegnatario -, noi le abbiamo versate. E abbiamo sempre detto che vogliamo chiudere il debito e riprendere a pagare i bollettini". Denis a suo tempo ha versato 120.000 euro tra mutuo e quote alla cooperativa in quanto socio, avendo accettato di pagare 147.000 euro per un appartamento di 73 mq al 299 di via Filippini: "Il mutuo sarebbe finito a settembre 2020, chiaramente sono stato costretto a interromperlo a settembre 2016 - ribadisce -. Avevo preso 35.000 euro di mutuo iniziando a pagarlo a settembre 2010". 

"Il rischio di perdere casa è ancora concreto"

A questo punto, le opzioni all'orizzonte sono diverse e una di queste è anche che il Comune decida di non avanzare alcuna offerta: "Il giudice forza un po' la mano - commenta alla fine Torredimare, ma non impone niente. Chiede di trovare un accordo emettendo un dispositivo quasi inedito. L'opinione mia è che intanto non si dia per scontato che venga definito improcedibile il pignoramento e poi consiglierei al Comune di avanzare un'offerta, presumibilmente inferiore, ma che gli dia margine per manovre future nella riassegnazione degli alloggi". 

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