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"Il Pd romano partito pericoloso, dannoso e clientelare"

A dirlo è Fabrizio Barca nella relazione intermedia relativa alla mappatura dei circoli richiesta dal commissario Matteo Orfini. Il documento arriva nel giorno delle dimissioni di Andrea Tassone

Nel giorno in cui il PD vede consumarsi la sconfitta del suo progetto elettorale del 2013 sul litorale, una sonora stroncatura arriva al partito romano dal suo interno. E' il "dottore" scelto dal commissario Matteo Orfini ad emettere una prima, preoccupante, diagnosi del malandato partito romano. Fabrizio Barca ha infatti confezionato e pubblicato una prima relazione sulla mappatura dei circoli del partito e il quadro che emerge è pesante.

I tratti sono quelli "di un partito non solo cattivo ma pericoloso e dannoso: dove non c’è trasparenza e neppure attività, che “lavora per gli eletti” anziche’ per i cittadini e dove traspaiono deformazioni clientelari e una presenza massiccia di “carne da cannone da tesseramento. Bisogna essere attenti, si legge a distinguerlo dal partito che subisce inane lo scontro correntizio, le scorribande dei capibastone, e che svolge un’attività territoriale, ma senza alcuna capacità di raggruppare e rappresentare la società del proprio quartiere".

Il dirigente democratico parla anche di segni di un partito "davvero buono, che esprime progettualità, capacità di raggruppamento e rappresentanza, che ha percezione della propria responsabilità territoriale, sa agire con e sulle istituzioni, è aperto e interessante per le realtà associative del territorio e sa essere esso stesso associazione (inventando forme originali di intervento), informando cittadini, iscritti e simpatizzanti. Al contempo bisogna essere attenti a distinguerlo dal partito che lavora sodo e ha quegli obiettivi, ma a cui manca il metodo moderno per farcela, una tipologia difficile da valutare e che, per il peso delle correnti e di una logica generale di assoggettamento del partito agli eletti, ad alcuni potrebbe addirittura apparire come un “partito cattivo”".

"C'è poi", continua Barca, "una sorta di partito dormiente, dove si intravedono le potenzialità e le risorse per ben lavorare, e dove il peso di eletti e correnti è sfumato, ma che si è chiuso nell’autorefenzialità di una comunità a sé stante, poco aperta all’innovazione organizzativa, al ricambio, al resto del territorio. E qui l’analisi dei risultati che stiamo trovando dovrà essere ancor più attenta. Se infatti il partito romano che questa indagine può aiutare a costruire nascerà dalla messa in rete e, quando opportuno, dall’accorpamento delle realtà che “hanno qualcosa di utile da mettere in campo”, si dovrà essere attenti a dare forza e voce e strumenti di rete a ogni risorsa che possa contribuire al cambiamento. Ma senza imbarcare tutto".

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