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Le dimissioni di Paolo Pace: così il MoVimento Cinque Stelle è andato a sbattere contro la realtà

Venti giorni per tornare sui suoi passi. Il M5s in Campidoglio ha però già scaricato Pace. Cosa è successo in questi giorni nell'VIII municipio e perché deve preoccupare l'intero movimento

"E' solo un municipio, risolveremo". "E' solo l'inizio, qui viene giù tutto". Il giorno dopo le dimissioni di Paolo Pace da presidente dell'VIII municipio il MoVimento cinque stelle appare ancora frastornato. Tra venti giorni si capirà se quello di Pace è stato un bluff o se davvero fa sul serio. Nel frattempo però non si parla d'altro. E mentre il Campidoglio, con la nota furente del capogruppo Paolo Ferrara [LEGGI QUI] pare avere definitivamente scaricato il presidente della Garbatella, c'è chi si chiede quale sarà il prossimo territorio a cadere.

Quanto sta accadendo in VIII municipio però racconta di un Movimento che è andato a sbattere contro la realtà, molto più complicata degli slogan propalati per anni; racconta dei cerotti che non hanno retto per via della gravità delle fratture interne; racconta del potere e dell'influenza ormai prossima allo zero del raggio magico; racconta dell'improvvisazione di gente presa non si sa dove e catapultata in municipio in barba alle tanto decantate competenze; e ancora racconta della sete di potere di attivisti-portaborse a caccia di visibilità per ottenere una candidatura alle prossime elezioni nazionali; ma soprattutto racconta dell'assenza di un progetto, di un'idea venduta nel corso degli anni come chiara e semplice e divenuta vuota e inapplicabile non appena ricevuto il mandato dai cittadini. Ridurre quindi le dimissioni di Pace alla differenza di vedute sul futuro degli ex Mercati generali è assai riduttivo. 

Paolo Pace e il MoVimento hanno sbattuto contro la realtà. Per anni in questo territorio hanno propalato il loro no a tutto. No al progetto degli ex Mercati generali, no all'I-60, al progetto di piazzale dei Navigatori, al Bidet di via Costantino etc etc. Pace in campagna elettorale questi no li ha sbandierati ed ha vinto. Nelle stanze del potere però ha trovato la realtà: progetti molto avanzati, contenziosi legali all'orizzonte, rischio paralisi. E' lui stesso a dirlo in un'intervista a RomaToday. Riferendosi ai Mercati Generali dice: 

"Sono dell’idea, e non sono il solo, che essendo arrivati in un momento in cui le questioni sono in uno stato avanzatissimo, con tutte le autorizzazioni ottenute, ci si debba muovere solo negli ambiti ancora possibili per non pregiudicare l’esito finale del progetto e costringere Roma capitale a soccombere in un contenzioso legale dai risvolti economici devastanti per la cittadinanza".

I talebani, come li chiama lo stesso presidente, sono invece rimasti all'opposizione anche dopo aver ottenuto dai cittadini il mandato a risolvere i problemi del territorio. Chiedevano riunioni, incontri, confronti, per elaborare capire come elaborare progetti ex novo, sbandierando e rivendicando gli slogan della campagna elettorale. Progetti alternativi? Concretezza? Niente di niente. Solo no a prescindere, per mostrarsi duri e puri, in una perenne caccia del consenso nel nome di parole svuotate di significato come "trasparenza", "partecipazione", "onestà".

Da qui la spaccatura, il Pace che diventa "quello che decide da solo" senza consultare nessuno e che flirta con le opposizioni. Monta la rabbia, le assemblee diventano riunioni carbonare e nel frattempo il raggio magico tramonta. Daniele Frongia, che qui è nato e cresciuto politicamente, viene depotenziato; Romeo messo da parte e trattato con un appestato. Facile capire che chi vuole qui può consumare la sua vendetta contro la Raggi. Evidenti le crepe e così vengono armati attivisti-portaborse fino a poco prima silenti. Iniziano le assemblee, monta l'idea della mozione per far fuori il presidente e vi partecipano anche consiglieri comunali lombardiani. Monta la fronda, nascono i talebani, ma l'improvvisazione di certi consiglieri messi in lista ed eletti con una manciata di preferenze svela le trame. 

Qualcuno mette un post su facebook dove racconta per filo e per segno i malumori contro il presidente. I giornalisti lo vedono e pubblicano ed è l'inizio della guerra alla luce del sole. Per darvi l'idea dell'improvvisazione basti dire che chi ha scritto il post chiama il nostro giornale per dire: "Ho scritto un post sulla mia bacheca privata, avete violato la mia privacy. Vi denuncio". E' la prima rivolta e Pace la silenzia, con l'appoggio della sindaca Raggi. Fa fuori due assessori e riparte. Le crepe però ormai sono spaccature e, nel silenzio, attivisti portaborse, sbandierando meet up, riunioni, banchetti, aprono squarci. Capita così che durante una riunione di giunta gli attivisti vogliano partecipare. La cosa non è possibile e arriva la polizia a metterli allora porta. Il caso finisce su facebook.

Nel delirio più totale succede che 9 consiglieri votino contro una mozione per portare avanti il progetto degli ex Mercati generali; che arrivino tutor dal Campidoglio; che il capogruppo Ferrara, lombardiano di ferro, si improvvisi paciere e strombazzi su facebook la buona riuscita della sua mediazione.

A far saltare il banco ancora una volta però è l'improvvisazione degli eletti. Qualcuno inizia a diffondere su facebook o via mail l'annuncio per il reperimento di nuovi assessori. Pace, che lunedì sembrava piegato a più miti consigli, si infuria, si barrica nella sua stanza e decide di protocollare le sue dimissioni, quelle agitate venerdì scorso davanti alla Raggi. Così prima avvisa la sindaca, poi manda il comunicato ai giornali. E' il tramonto delle stelle nella rossa Garbatella. Esultano gli attivisti portaborse per i quali "uno torna a valere uno" e  che invitano i soldati a rimettere gli elmetti. Si torna all'opposizione, si continuerà a dire no a tutto. Per pensare ad un progetto coerente di quartiere, di città, di paese, c'è tempo.

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