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Berdini si racconta, la sua vita da assessore finisce in un libro: "In Campidoglio ho incontrato sei sindaci"

L'ex assessore all'Urbanistica racconta la sua esperienza nel libro 'Roma, polvere di stelle'

Roma capitale a sei sindaci, oltre Virginia Raggi. Campidoglio "ircocervo che rappresenta tutti i poteri. Meno quelli della parte debole della città". Paolo Berdini, ex assessore all'Urbanistica della Giunta di Virginia Raggi, ha deciso di raccontare il 'dietro le quinte' di otto mesi di attività nella squadra della sindaca. Lo ha fatto in un libro, da ieri in libreria, dal titolo Roma, polvere di stelle. La speranza fallita e le idee per uscire dal declino, pubblicato da Alegre. L'urbanista, noto per le sue analisi negli anni gli effetti distruttivi delle politiche liberiste sulla città e i disastri dell'urbanistica contrattata, esprime tanta delusione, "il tentativo di riportare Roma entro i binari della legalità e trasparenza ha avuto vita brevissima" scrive, ma anche una critica puntuale della gestione del potere al tempo di Virginia Raggi. 

"Senza dubbio, nei mesi che ho passato in Campidoglio, ho visto assumere il ruolo di vicario di sindaco da almeno sei persone" scrive Berdini. "Marra (Raffaele, ex capo del Personale capitolino ed ex braccio destro della sindaca, arrestato per corruzione nel dicembre del 2016, ndr) non era il solo e neppure il più importante" scrive senza esitazione l'ex assessore. "Mi sono ritrovato poi a dipendere dal sindaco vicario Sammarco (Pieremilio, ndr), titolare di un importante studio legale". Una disfatta per Berdini che ben conosce il "legame tra la grande proprietà immobiliare, così importante a Roma, e il pensiero giuridico conservatore capitolino". Berdini ricorda il ricorso di "un autorevole studio legale romano" avanzato negli anni Settanta contro le norme che governavano l'esproprio. "Ero stato chiamato per ripristinare l'urbanistica pubblica e mi ritrovavo condizionato proprio da quello stesso mondo culturale conservatore che l'aveva distrutta nel nostro paese". 

Non può mancare Beppe Grillo: per Berdini è lui il sindaco di Roma nella scelta del 'no' alle Olimpiadi del 2024 mettendo in un cassetto la promessa elettorale della "consultazione popolare" in merito. La sindaca Raggi, scrive Berdini, "in quel caso ha parlato di trionfo del mattone, mentre tre mesi dopo avrebbe detto di sì a una delle più vergognose speculazioni immobiliari della storia moderna di Roma, quella dello stadio. Si dice no a un progetto pubblico" sintetizza Berdini "e sì a uno privato. È il nuovo che avanza". E ancora, per l'urbanista, al timone ci finisce anche la Casaleggio e associati. "A seguito delle dimissioni di Minenna (Marcello Minenna, per due mesi assessore al Bilancio della Giunta Raggi, ndr) [...] il governo delle aziende municipalizzate viene affidato a Massimo Colomban, imprenditore molto vicino proprio alla Casaleggio". Anche Luigi Di Maio "prende il posto sullo scranno più alto dell'aula Giulio Cesare. È proprio il candidato premier, dopo l'arresto di Marra, a "imporre due commissari di sua fiducia per controllare l'azione del vertice romano". Si tratta dei deputati Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede "che dal gennaio 2017 stazionano spesso nella Sala degli arazzi per cercare di riportare l'ordine nella catena di comando". 

"E infine l'uomo della provvidenza, l'avvocato Luca Lanzalone, chiamato per gestire la mediazione con l'As Roma e permettere l'approvazione dello stadio mettendo così fine alla mia esperienza di assessore". Berdini la spiega così: Lanzalone, titolare di un importante studio legale, oggi al vertice di Acea, "ha dunque legami con quel mondo finanziario globalizzato insofferente a ogni tentativo di regolare il governo urbano, ed è stato chiamato per contrastare un sostenitore della cultura dell'uguaglianza. Gli impegni presi davanti agli elettori sono stati stracciati utilizzando un grande esperto di banche. L'urbanista non serve più se si decide di stringere accordi con il mondo finanziario". 

E infatti Berdini rassegnerà le dimissioni proprio poco prima che si chiuderà l'accordo sullo stadio. Non viene indicato tra i "sindaci vicari" di Roma, ma anche il capitano della Roma Francesco Totti fa la sua comparsa in questa storia. Il 5 febbraio 2017, nel corso di una diretta Sky, l'allora allenatore Luciano Spalletti prende il microfono e afferma: "Famo 'sto stadio". Segue il Tweet di Totti: "Vogliamo il nostro Colosseo moderno". Una "notizia scontata" per Bedini. "Cosa potevano dire?". Gli effetti, però, si sentiranno fin nel cuore del governo capitolino: "La sera vengo raggiunto per telefono dal vicesindaco Bergamo con voce impostata mi dice 'Non possiamo reggere il colpo di queste dichiarazioni' e che bisogna mutare l'atteggiamento fin'ora tenuto nella trattativa, quello della mia più assoluta intransigenza". È la fine dell'esperienza di Berdini in Campidoglio: "La rottura è totale perché mi ribadisce che la situazione non permette altra scelta e si doveva accettare la mediazione dell'avvocato Lanzalone". 

Per la città degli ultimi non c'è posto, scrive Berdini. A riguardo nessun retroscena, questa parte di racconto si è svolta in piazza, sotto gli occhi di tutti. L'attacco del libro è infatti dedicato allo sgombero di piazza Indipendenza. La critica di Berdini è totale: "Il sindaco Raggi o il suo vice Bergamo non hanno avuto la sensibilità di farsi vedere, di testimoniare la solidarietà, di cercare soluzioni alternative specie per le famiglie con bambini piccoli. Il violento sgombero ha fatto il giro del mondo". Per l'urbanista "è una questione di enorme rilievo culturale che attiene al significato stesso della città: se cioè possa continuare a esistere la possibilità di costruire città accoglienti e inclusive che rispettino i diritti di tutti ed in particolare dei più deboli, o se siamo ormai giunti su un altro crinale della storia in cui le città sono lasciate al gioco esclusivo degli interessi economici dominanti che non mettono in conto solidarietà e coesione sociale". Il giudizio non è positivo. 

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