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San Giacomo in vendita, Campidoglio al lavoro per fermare il piano della Regione: "Riapriamo l'ospedale"

L'amministrazione Raggi è pronta a dare seguito alla mozione bipartisan in consiglio

A dieci anni dalla sua chiusura, la battaglia per il destino dell’ex ospedale San Giacomo non è ancora terminata. Questa volta, a fianco di comitati e associazioni che non hanno mai smesso di chiedere alla Regione Lazio la sua riapertura, scende in campo l’amministrazione guidata da Virginia Raggi. Accogliendo quanto votato in maniera bipartisan dal consiglio comunale nel luglio scorso, il Campidoglio è intenzionato ad aprire un tavolo interistituzionale con la Regione Lazio per chiedere alla Giunta di Nicola Zingaretti di sospendere la delibera 856 del dicembre del 2017 che ha di fatto aperto la strada alla vendita e ad un cambio di destinazione d’uso dell’immobile di via Canova, in pieno centro storico.  

“L’amministrazione capitolina condivide quanto espresso dall’assemblea capitolina: il San Giacomo deve tornare ad essere un ospedale e deve restare pubblico” ha spiegato a Romatoday Emanuele Montini, capo staff dell’assessora alle Politiche Sociali Laura Baldassarre, presente questa mattina alla commissione capitolina presieduta dalla consigliera pentastellata Agnese Catini, convocata con l’intenzione di valutare i prossimi passi del Campidoglio in merito. “Nei prossimi giorni questa amministrazione si attiverà presso gli uffici competenti della Regione Lazio nel tentativo di aprire un’interlocuzione che porti avanti quanto votato in assemblea capitolina”. Non verrà scritta nessuna delibera, ha però specificato Montini, perché “il Campidoglio non ha alcuna competenza per poter votare provvedimenti in grado di vincolare l’immobile”.  

L’amministrazione guidata da Virginia Raggi è quindi pronta a chiedere alla Giunta di Nicola Zingaretti di congelare la delibera approvata nel dicembre scorso. Il provvedimento ha infatti aperto la strada alla valorizzazione l’immobile realizzato nel 1300 e donato alla città di Roma dal cardinale Antonio Maria Salviati nel 1562, proprio per farci un ospedale. La Giunta di Zingaretti ha stabilito il trasferimento del palazzo di via Canova al fondo istituito dal Ministero dell'Economia e delle Finanze 'i3-Regione Lazio', tramite l'apposita società Invimit. 

L'ospedale rientra tra le 56 strutture sanitarie che nel 2001, alla presidenza c’era Francesco Storace, sono state trasferite nelle proprietà della società regionale San.In spa che a sua volta le ha riaffittate alle Asl di competenza. I crediti vantati sono stati ceduti ad un'altra società, la Cartesio srl, che ha emesso dei titoli obbligazionari. Il 13 dicembre 2017 la Regione ha annunciato aver riacquistati 16 di queste strutture con un’operazione finanziaria, ha spiegato l’ente locale, finalizzata a ridurre i costi rimasti da allora a carico del bilancio regionale. Tra questi anche il San Giacomo, oggetto pochi giorni dopo di una delibera della Giunta Zingaretti che lo destina alla valorizzazione. 

“Non è ipotizzabile che possa essere riqualificato e nuovamente destinato a struttura ospedaliera” scrive la regione nella direttiva. L’ospedale è infatti chiuso e abbandonato dal 2008, dopo esser finito sotto la scure del piano di rientro della sanità laziale del commissario e governatore Piero Marrazzo. Così, al via la valorizzazione: potrebbe diventare una residenza per anziani ma anche ospitare, si legge nel documento, spazi commerciali, servizi sanitari, un ristorante e parcheggi. 

Il 12 luglio del 2018 l’assemblea capitolina vota la mozione numero 80. Una mozione bipartisan, che vede come firmatari la consigliera di maggioranza Agnese Catini e quelli di opposizione Stefano Fassina di Sinistra per Roma e l’ex Fratelli d’Italia, oggi gruppo misto, Francesco Figliomeni. Con il provvedimento l’Assemblea capitolina chiede alla sindaca e agli assessori competenti di “sollecitare l’apertura di un tavolo di discussione con il presidente della Regione Lazio” affinché “l’ospedale San Giacomo in Augusta possa essere rimesso in funzione” e per fare in modo che venga avviato “un percorso valutativo insieme alla cittadinanza, al municipio, al comune di Roma, alle associazioni e ai comitati”. 

Per vautare “come dare seguito a questa mozione” ha spiegato Catini, è stata convocata questa mattina una commissione Politiche Sociali sul tema alla quale hanno partecipato, oltre ai consiglieri e il capo staff dell’assessorato di Baldassarre, anche comitati cittadini e le associazioni di commercianti e consumatori. “Il pronto soccorso dell’ospedale San Giacomo registrava oltre 24 mila accessi ogni anno, era una struttura fondamentale per decongestionare il lavoro degli altri ospedali del centro” ha spiegato Lorenzo Belardelli dell’associazione ‘Roma è comunità’.

“Un’eccellenza e garantiva a residenti, commercianti e turisti la possibilità di un intervento tempestivo” ha aggiunto Francesca Perri, dirigente dell’Ares 118. “Era facilmente raggiungibile con i mezzi pubblici anche da alcuni quartieri nella zona nord di Roma, primo tra tutti il Flaminio” ha aggiunto Mirella Belvisi, presidente di Italia Nostra che, come la rappresentante dell’associazione in difesa di utenti e consumatori (Usicons), Serenetta Monti, ha chiesto al “Campidoglio un atto politico per fermare il cambio di destinazione d’uso dell’immobile”. Maurizio Forliti, presidente dell’Arca, Associazione residenti, commercianti e artigiani del centro storico ha ribadito: “L’utenza di questo ospedale è enorme, per questo, dopo 10 anni siamo ancora qui a chiederne la riapertura”. 

Promette battaglia anche Oliva Salviati, erede del cardinale Antonio Maria Salviati che nel 1562 donò la struttura alla cittadinanza proprio per farci un ospedale. “A distanza di ormai quasi 10 anni il Tar ha rigettato il mio ricorso contro la chiusura dell’ospedale sostenendo che non sono legittimata ad avanzarlo” ha spiegato a Romatoday. “Ma io sono una diretta discendente del cardinale e ho i documenti che testimoniano le sue intenzioni al momento del lascito. Il San Giacomo deve rimanere un ospedale pubblico e non mi fermerò fino a che non avverrà” ha spiegato annunciando un ricorso al Consiglio di Stato. La commissione capitolina si riunirà intorno alla metà di ottobre convocando anche la Regione Lazio.

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