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Movida, l'ordinanza anti-minimarket non piace. E da San Lorenzo parte un esposto alla Procura

Dai comitati di quartiere alla politica, la decisione di Gualtieri per fronteggiare il fenomeno non convince: "Si rischia di far migrare il problema altrove"

L'ordinanza anti-minimarket firmata dal sindaco Gualtieri nel tardo pomeriggio del 3 febbraio non ha raccolto grandi consensi, soprattutto tra i residenti dei luoghi della movida e men che meno tra le opposizioni politiche. Per lo più viene definita "una misura insufficiente" o "superficiale". I cosiddetti "esercizi di vicinato del settore alimentari e misto" dovranno chiudere i battenti dalle 22 (già da ieri, venerdì 4 febbraio) ogni fine settimana fino al 6 marzo, solo nei Municipi I e II.

I residenti: "Vanno colpite anche le finte associazioni culturali"

"La chiusura dei negozi di vicinato non ha conseguenze dirette su quello che viviamo". A dirlo a RomaToday è Patrizia Centra dell'associazione Viva San Lorenzo, da mesi in prima linea contro il fenomeno. "Le proposte che avevamo avanzato negli incontri con la presidente del Municipio Del Bello - prosegue - erano più articolare: chiusura di tutti i locali alle 24, maggiore presidio delle forze dell'ordine, più controlli sugli esercizi commerciali riguardo il rispetto delle norme di gestione, quindi quelle sul lavoro, sull'igiene, sul controllo di ciò che accade all'esterno. E poi non si vanno a toccare realtà come finte gallerie d'arte e librerie che vendono alcol e non rispettano gli orari. In ultimo, prendo atto che nei tavoli che hanno deciso questa ordinanza è mancata la voce dei cittadini, unici a subire sulla loro pelle i problemi della malamovida". Nel frattempo dal quartiere della movida per eccellenza parte un nuovo esposto, firmato in poche ore da circa 150 persone ("anche molti giovani") diretto alla Procura della Repubblica. Nel documento si denunciano gli episodi ai quali ogni fine settimana i residenti sono costretti ad assistere, tra assembramenti con musica a tutto volume, risse, persone che urinano o defecano in strada. Il tutto con le forze dell'ordine, come si legge nell'esposto, che pur presidiando alcuni luoghi caldi, lo fanno negli orari sbagliati "lasciando le aree totalmente sguarnite nei momenti in cui la presenza di persone è più massiccia". 

Dal Centro arriva il parere del comitato di quartiere Rione Monti, Municipio I. "Ordinanza utile - ammettono - ma chiaramente insufficiente sia per la durata (solo un mese), sia perché investe solo una piccola porzione dei soggetti che determinano il problema della malamovida e dell'insicurezza. È sotto gli occhi di tutti come ormai esista una molteplicità di esercenti (solo in parte regolari) che offrono somministrazione a volte sotto insegne improprie (gallerie d’arte, librerie) e come queste, al pari dei minimarket, protraggano gli orari di chiusura proseguendo la vendita di bevande fuori dai locali, con conseguente danno per la sicurezza e la quiete pubblica notturna". "Il centro storico della città - conclude l'associazione - realtà di inestimabile pregio, non può continuare a subire il decadimento della qualità dell’offerta rivolta a cittadini e turisti, ed è ormai divenuta urgente un’azione continuativa e a largo raggio di controllo sia delle attività esistenti che di quelle a venire".

Confartigianato: "Chiudere le attività significa spegnere la città"

Anche Confartigianato critica le nuove disposizioni del sindaco in materia di malamovida. Per il presidente romano, Andrea Rotondo "è difficile pensare che il problema si risolva chiudendo in anticipo gli esercizi di vicinato alimentare, senza pensare ad un massiccio piano di controlli da parte delle forze dell’ordine, alla scarsa offerta culturale della nostra città e alle disfunzioni sociali e culturali alla base di alcuni comportamenti collettivi dopo due anni di pandemia". "Chiudere le attività - prosegue Rotondo - vuol dire spegnere la città e aumentare l’insicurezza. Se Il problema sono i minimarket, allora è necessaria un’azione più complessa sul commercio al dettaglio in sede fissa. Il comune potrebbe definire con il Piano del commercio precisi e stringenti indici qualitativi, elaborando una progettualità che tenga conto, in via prioritaria, delle esigenze commerciali dell’area in termini di servizi per l’utenza e incentivando le 'Reti di imprese tra attività economiche su strada', con l’obiettivo, magari, di destinare anche una parte della tassazione prodotta nel territorio al mantenimento del decoro, alla sicurezza e alla valorizzazione economico-sociale dei contesti”.

La bocciatura delle opposizioni

Per Andrea De Priamo, consigliere capitolino di Fratelli d'Italia e presidente della commissione Trasparenza "un provvedimento che interviene solo su due municipi non risolve il problema della vendita di alcolici negli altri municipi, interessati allo stesso modo dal fenomeno. Anzi, rischia di spostare verso altre zone i problemi che si sono verificati nelle zone più centrali". “Apprezziamo che la giunta - prosegue - dopo la discussione in commissione Commercio, ha accolto la nostra proposta di escludere dalle chiusure gli esercizi quali ristoranti e pub che, pur rispettando le regole e gli orari, hanno già pagato gli effetti delle chiusure per la pandemia e oggi non possono pagare le carenze della pubblica amministrazione nel garantire la sicurezza urbana. Ci aspettavamo  un intervento più incisivo, quale l’estensione dell’orario di chiusura dei minimarket dalle 22 alle 5 all’intera città".

Preoccupazione simile, ovvero che il fenomeno migri semplicemente altrove, viene espressa da Fabrizio Santori, consigliere della Lega e segretario d'aula in Campidoglio: "Chiudere i minimarket in anticipo nei fine settimana è un passo - esordisce -, ma da solo questo provvedimento non inciderà in modo significativo sul micidiale mix di malamovida e contagi che avvelenano le notti della Capitale e non soltanto nel I e nel II Municipio. Ci chiediamo infatti anche che cosa accadrà negli altri Municipi".  “L'ordine del sindaco ha delle falle - prosegue poi Santori - perché non vale per le associazioni culturali, alcuni tra i luoghi dove è facile si verifichino assembramenti e caos esattamente come nei minimarket. Ecco dunque un altro provvedimento calato dall'alto senza ascoltare le associazioni dei commercianti e le loro proposte inviate anche al Prefetto". 

Per l'intero gruppo consiliare della lista Calenda, l'ordinanza "è un provvedimento superficiale e temporaneo che rischia di nascondere altra polvere sotto il tappeto senza entrare nel merito del problema - dichiarano - . Chiudere gli esercizi di vicinato del settore alimentare e misto durante il fine settimana, dalle ore 22 alle 5 del giorno successivo fino al 6 marzo, ha il sapore di un misero e dovuto risarcimento alle istanze degli organi politici territoriali che, insieme ai cittadini e agli esercenti, sottolineano problematiche invece ben più cogenti". 

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