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In Giunta un Programma strategico per i piani di zona, Montuori: "Finiremo le opere, puntiamo a nuove case con affitti bassi"

Dallo stop ai quartieri non realizzati al completamento di quelli costruiti a metà. Intervista all'assessore all'Urbanistica Luca Montuori

Stralciare i piani di zona non attuati per “contenere il consumo di suolo” e perché “antieconomici”. Privilegiare il completamento dei piani già in attuazione “mediante l'utilizzo di aree, comparti o lotti rimasti inutilizzati”. Completare le opere pubbliche “insufficienti e incompiute” nei quartieri già costruiti. Il tutto nell’ottica di ampliare l’offerta di alloggi in affitto e a prezzi calmierati. E ancora. Da un lato creare un registro dei soggetti che hanno rispettato la legge e dall’altro continuare con le decadenze e le risoluzioni delle convenzioni con quelli che non lo hanno fatto. La Giunta Raggi ha approvato una delibera contenente un Programma strategico per il superamento della condizione di disagio abitativo attraverso una ripianificazione dei piani di edilizia agevolata. All’assessore all’Urbanistica Luca Monutori abbiamo chiesto di spiegare il contenuto della delibera frutto del lavoro del suo dipartimento Programmazione e attuazione urbanistica.

Di che cosa si tratta?

Questa delibera contiene una serie di linee guida che permetteranno all’amministrazione di procedere con la modifica della manovra di completamento dei piani di zona. Linee che fissano le priorità dell’amministrazione e affrontano le criticità sorte da una modalità di pianificazione avviata nel 2009, poco prima che il mercato immobiliare risentisse della crisi economica. La delibera cristallizza in un atto formale gli indirizzi politici dell’amministrazione: quali sono i comparti inattuati che non ha più senso realizzare, quali sono le opere più urgenti, la necessità di garantire una casa a diverse fasce di popolazione partendo dai bisogni reali. Tutti elementi che non avevamo e che ora ci permettono di guardare a un’attività di ripianificazione. A questo strumento poi dovranno seguire una serie di delibere attuative che passeranno dall’Aula.

Partiamo da uno degli obiettivi: eliminare i piani non attuati. Con quali criteri e come procederete con gli operatori che avrebbero dovuto costruirci? Quanti e quali sono questi quartieri?

Effettueremo un’operazione chirurgica per decidere quali piani ha senso che vengano realizzati e quali no. Tutto verrà valutato caso per caso, partendo dalla considerazione se siano o meno stati già formalizzati dei rapporti. Alcuni sono già stati dichiarati irrealizzabili dal Tar, altri nascono in aree vincolate che creano evidenti problemi, in altri casi ancora non esistono nemmeno più i soggetti attuatori. Nei casi in cui i commissari ad acta hanno invece stipulato le convenzioni dovremo concordare con loro come procedere. Una delle soluzioni, per esempio, è vagliare se c’è l’interesse a trasferire il diritto a costruire in un altro piano già consolidato. Quello che vogliamo affermare è il diritto a pianificare il territorio guardando ai bisogni dei cittadini e alla finalità di questi interventi che è quella di garantire l’accesso a una casa a una certa fascia di popolazione.

Avete già una stima di quante case di edilizia agevolata potranno essere realizzate?

Abbiamo una cifra ma la tireremo fuori tra un po’. Dall’analisi del fabbisogno vediamo che cresce la fascia di popolazione che ha problemi ad accedere alla casa e che i componenti del nucleo familiare sono sempre di meno. La pianificazione avverrà sulla base di questi dati. È possibile guardare alla città in diversi modi: fino a oggi è stato fatto dal punto di vista dei proprietari delle aree o di chi sono i soggetti interessati a costruire se invece guardiamo i bisogni e la morfologia della città esce un disegno diverso. Non è un caso che nel I Peep (il Piano di edilizia economica e popolare in base al quale sono stati realizzati i principali quartieri pubblici, ndr) dove la densità è alta i servizi ci sono, magari sono stati gestiti male ma ci sono. L’illusione di costruire periferie a bassa densità ha generato invece un disastro nei piani di zona.

A proposito di disastro. In questi quartieri i cittadini vivono senza strade, fogne o altre opere primarie. Partirete dai casi più urgenti?

Abbiamo elaborato l’elenco delle opere mancanti nei piani di zona e anche alcune stime del costo di queste opere. In passato i valori economici venivano elaborati sulla base dei cosiddetti costi parametrici. Per esempio si calcolava il costo di una strada in base alla stima di un tanto al chilometro, a prescindere dalle condizioni effettive del luogo. Poi si iniziavano i lavori e ci si rendeva conto che la spesa lievitava a causa di una serie di problemi. Ora stiamo affrontando la situazione in coordinamento con la Regione Lazio. Non anticipo nulla ma questa collaborazione sarà importante.

In molti di questi quartieri i cittadini hanno già pagato per opere primarie che non sono state realizzate. Riuscirete a recuperare questi soldi dalle cooperative a cui sono stati versati? Come verranno finanziate?

Stiamo mettendo in campo diversi strumenti. Destineremo a questo scopo i soldi delle affracazioni mentre altre forme di finanziamento arriveranno dall’interlocuzione con altri enti pubblici, come la Regione Lazio. Altre risorse, inoltre, deriveranno dal completamento di alcuni di questi quartieri. Quello che abbiamo sempre proposto è individuare opere pubbliche strategiche che ci permettano di rendere nuovamente appetibili i piani di zona non terminati. Purtroppo in alcuni comparti i privati non vogliono più nemmeno investire.

Nelle delibera affrontate anche il nodo della spesa per gli espropri. Può spiegare meglio? Puntate ad abbassare il costo delle aree?

Il piano di densificazione di Alemanno è basato sullo strumento di cessione compensativa e concedeva premi di cubatura e possibilità di densificare anche ad aree che non erano ancora state realizzate. Oggi procediamo con un altro spirito. Il mercato è diverso, mantenendo quelle stime di valori dei terreni si verrebbero a determinare prezzi massimi di cessione superiori ai valori di mercato con il risultato di ottenere l’esatto contrario dello scopo per cui è stata pensata questa edilizia pubblica. Inoltre vogliamo evitare che sorgano nuovi quartieri nel deserto della campagna romana dove se si costruisce poi bisogna portare i servizi, gli autobus, la raccolta dei rifiuti e dove investire dei soldi ha ricadute positive su pochi abitanti.

Non solo il ‘disastro’ delle opere mancanti. L’attività di molti operatori nei piani di zona è finita nelle mani della magistratura. Ad alcuni, proprio per il mancato rispetto delle convenzioni, sono stati revocati i finanziamenti o è stata fatto decadere il diritto di superficie. Nella delibera leggo che puntate alla creazione di un registro dei soggetti “che per buone pratiche abbiano titolo concreto all'assegnazione”. Cosa accadrà agli altri? Come proseguirete?

Vogliamo andare avanti con i soggetti virtuosi. È già accaduto: non abbiamo confermato le cubature in un piano di zona a un operatore che aveva superato i prezzi massimi di cessione. Lui ha avanzato ricorso al Tar ma il tribunale ha dato ragione all’amministrazione. Ora dobbiamo verificare quali soggetti avevano richiesto i finanziamenti con l’ultimo bando regionale, tra loro capire quali possono ancora usufruirne perché sono ancora attivi, quali sono falliti, quali si sono ritirati dall’attività. Da circa due anni abbiamo avviato una collaborazione con la Regione che funziona. Anche per le attività di decadenza delle convenzioni e revoche dei finanziamenti c’è un’attività di coordinamento. La realizzazione dei piani di zona coinvolge tanti enti e tutti devono vigilare.

Molti cittadini, ancora oggi, sono preoccupati di perdere la casa perché in alcuni quartieri dove gli operatori sono falliti o sono andati incontro a pignoramenti da parte delle banche stanno andando avanti le aste per la vendita degli immobili.

Se chi acquista rispetta la locazione ai prezzi massimi di cessione non c’è nessun problema. So che ci sono casi in cui questo non è avvenuto e la Regione ha bloccato tutto. È ovvio che chi compra non può cacciare le persone che vivono in queste case.

Andiamo al di fuori del tema della delibera. Dopo due mesi di quarantena e di smart working, a che punto è la lavorazione per le pratiche dell’affrancazione?

Il Comune di Roma si è preso la responsabilità di proseguire lavorando le domande più urgenti ma non dobbiamo dimenticare che, a un anno e mezzo dall’approvazione della legge, stiamo ancora aspettando che il ministero dell’Economia approvi i decreti attuativi con le modalità di calcolo. Fino a che questo non accadrà non possiamo che procedere con tutte le cautele del caso lavorando le pratiche più urgenti grazie all’assunzione di responsabilità da parte dell’Aula, con uno specifico atto di indirizzo, e dei dirigenti. Per il momento ne lavoriamo circa 40 al mese. Solo da qualche giorno abbiamo ripreso la stipula di persona delle nuove convenzioni.  

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