rotate-mobile
Politica

Lupi nel Lazio, cosa emerge dal monitoraggio dell’Ispra

Prof. Genovesi (ISPRA): “In questa regione risulta evidente la loro straordinaria natura adattiva”

I lupi sono tornati. Ma forse sarebbe meglio dire che non se ne sono mai andati. Perché nel Lazio, sui monti Simbruini, qualche esemplare era rimasto anche prima che la specie, negli anni settanta, venisse tutelata per legge.

Dalla montagna alla costa

“Di certo possiamo affermare che i lupi, nella regione, sono presenti in maniera diffusa. Dai monti, dove non sono mai mancati, alle coste. Ma anche nelle zone periurbane. Ed in questo senso, il Lazio, è un esempio perfetto della straordinaria capacità di adattamento di questa specie” ha spiegato Piero Genovesi, responsabile del monitoraggio nazionale dell’Ispra sui lupi. Si tratta della prima ricerca condotta in Italia che ha consentito di stimare il numero di esemplari presenti nel Paese.

In tutto lo stivale, i lupi sono circa 3300. “A livello regionale non è possibile estrapolare un dato numerico, perché sarebbe poco accurato” ha spiegato il ricercatore, contattato da RomaToday. “Ma possiamo affermare con certezza che dalle zone appenniniche si sono spostati, raggiungendo anche altre la periferia della Capitale e la costa. Sappiamo che sono presenti a Castel di Guido ed in alcune aree attraversate dalla Colombo. E per quanto riguarda la provincia di Roma a Maccarese, Fiumicino, ai Castelli Romani, dov’è accertata la presenza di quattro branchi”.

Il monitoraggio nel Lazio

La ricerca è stata condotta individuando celle di dieci metri quadrati, all’interno delle quali sono stati individuati dei “transetti”, vale a dire dei percorsi battuti dai lupi. La ricerca, che è stata realizzata tra l’ottobre del 2020 e l’aprile del 2021, nel Lazio è stata condotta su 57 celle “da 211 operatori che sono stati prima appositamente formati” ha spiegato il responsabile dell’ISPRA e che ha visto il coinvolgimento di dipendenti degli enti parco regionali, carabinieri forestali, volontari della Lipu e del WWF che hanno percorso a piedi, hanno fatto sapere dall’ISPRA, circa 3540 chilometri.

Feci, carcasse e fototrappole

Cosa hanno cercato per rilevare la presenza dei lupi? Intanto si sono avvalsi delle fototrappole distribuite lungo questi transetti, e poi sono andati a rilevare le orme, gli escrementi, le carcasse degli ungulati che erano stati predati e quelle dei lupi. Al riguardo il responsabile del monitoraggio ha spiegato che “sono stati rinvenuto 11 carcasse nel Lazio, che però non significa che non ce ne siano state delle altre nel frattempo. Quello è il numero di esemplari morti trovati nelle celle”. E si devono quindi sommare ai lupi che, negli ultimi mesi, sono stati vittime di incidenti stradali

Gli incidenti stradali

“Gli investimenti continuano a rappresentare una delle principali ragioni di morte, cui incorrono esemplari spesso giovani che hanno appena lasciato il branco e che quindi si avventurano al di fuori del loro habitat originario” ha spiegato il ricercatore. E’ un fenomeno noto che, nel corso dell’ultimo anno, si è verificato con una preoccupante cadenza. A conferma di quanto la specie sia ormai diffusa, anche a ridosso delle aree antropizzate. Cosa che chiama in causa il rapporto di questi animali con l’uomo.

Il rapporto con l'uomo

Relazione antica ma tutt’altro che semplice, soprattutto adesso che il ritorno della specie è ormai conclamato. E questo chiama in causa anche l’impatto che il lupo ha sulle attività zootecniche. “A tal riguardo abbiamo raccolto dei dati che riguardano il periodo 2015-2019.” ha spiegato Genovesi “li abbiamo inviati alle regioni, per fare ulteriori verifiche, dopodichè divulgheremo anche queste informazioni. Posso per ora dire che episodi ci sono stati e che, in alcuni casi, hanno comportato anche l’avvio di buone pratiche, ad esempio nella selva dell’Arone, dove grazie alla prevenzione, il problema delle predazioni  è stato risolto”.
 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Lupi nel Lazio, cosa emerge dal monitoraggio dell’Ispra

RomaToday è in caricamento