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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Occupazioni, quando le opere d'arte difendono dagli sgomberi: Metropoliz, casa per 200 persone, museo per tutti

Intervista a Giorgio De Finis, direttore del Macro Asilo e del Maam

Sui giornali se ne parla ormai costantemente: una serie di occupazioni della città sono a rischio sgombero. Edifici abitati da centinaia di famiglie in disagio abitativo ma anche centri sociali e spazi che negli anni hanno fatto della socialità e della produzione di cultura la loro presenza nei quartieri e nei territori.

Nell’elenco dei 21 immobili nel mirino della Prefettura c’è anche il Metropoliz di via Prenestina, conosciuto in tutto il mondo per il suo ‘museo abitato’, il Museo dell’altro e dell’altrove, il Maam. L’ex fabbrica Fiorucci, occupata il 27 marzo del 2009, oggi abitata da una vera e propria comunità meticcia, è stata trasformata nel tempo da più di 500 opere, molte delle quali portano con sé la firma di artisti di fama internazionale, tanto che al vaglio c’è anche la possibilità di apporre un vincolo all’immobile.

A pesare sulla sentenza di sgombero sono però i 28 milioni di euro che il Tribunale Civile ha riconosciuto al proprietario, la società Ca. Sa. srl, del gruppo Salini Impregilo, come risarcimento da parte dello Stato per non essere tempestivamente intervenuto con lo sgombero. Intanto, il 26 aprile scorso, il processo a carico di quattro attivisti dei Blocchi precari metropolitani ha visto una sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto, per quanto riguarda il furto aggravato di energia elettrica, e una prescrizione per il reato di invasione. Anche se, in riferimento a quest’ultimo, è stata presentato appello per arrivare ad una assoluzione. 

“Il Maam è una grande risorsa per questa città”, le parole di Giorgio De Finis, direttore del Macro Asilo e ideatore del Maam. “È un esperimento ben riuscito che ha saputo unire l’alto e il basso e abbattere quei muri invisibili che dividono il centro dalla periferia. È un luogo per tutti, che a tutti dovrebbe insegnare cosa vuol dire fare città. La situazione del Maam e del Metropoliz è sempre altalenante, è un po’ come il deserto dei Tartari di Buzzati, si sta lì sempre attenti all’arrivo dei tartari, che fin’ora non sono arrivati anche grazie all’aiuto di 500 artisti che hanno messo le loro opere a protezione di questa comunità di abitanti resistenti, allo sgombero e all’espulsione dalla città. Senza queste realtà indipendenti, e sono una risorsa importantissima, Roma sarebbe una città più triste e con meno fantasia, perché questi luoghi sono le risposte vitali e creative a delle mancanze e sarebbe giusto farne tesoro. Mi auguro che possano avere lunga vita, altrimenti ce ne inventeremo altre”. 

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