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Metro C a San Giovanni con sette anni di ritardo: ora si guarda alla Farnesina

Presente, passato e futuro della più grande opera di Roma

L'ultimo cambio di programma annunciato dalla sindaca Virginia Raggi nei giorni scorsi è solo l'ultimo effetto speciale di una grande opera come la metro C. Dai costi lievitati alle bellezze archeologiche portate alla luce grazie ai suoi scavi, fino alle inchieste della Corte dei Conti e alle betoniere che per protesta invasero via dei Fori Imperiali. Oggi, con sette anni di ritardo sull'iniziale tabella di marcia, di cui due di ritardo sul ritardo stimato nel 2014, apre la stazione di San Giovanni. Un'apertura che segna, a distanza di quasi tre anni e mezzo dal primo viaggio, l'ingresso ufficiale dell'infrastruttura nel sistema di trasporto su ferro cittadino con il collegamento, anche se non all'interno di un'unica stazione, con la metro A. 

L'evento avviene sotto il segno di una rinnovata promessa: la metro C collegherà gli estremi della capitale attraverso le viscere del centro storico, proseguendo oltre piazza Venezia, fino a Clodio-Mazzini. Sono finiti i tempi in cui i quattro consiglieri del Movimento Cinque Stelle, indignati per i costi, chiedevano uno stop a San Giovanni. "Vogliamo che l'opera arrivi a Farnesina. [...] Investire su Roma è importante perché significa investire sull'Italia" ha scritto di suo pugno un'entusiasta sindaca Virginia Raggi dalle pagine de Il Messaggero, giornale del gruppo Caltagirone, così come la Vianini, tra le aziende costruttrici che formano il Consorzo Metro C. 

Virginia Raggi abbraccia un sogno nato negli anni '90 e fatto scattare ormai nel lontano 2005 dal sindaco Walter Veltroni. 25,5 chilometri di tracciato, 30 stazioni, 2 di scambio con la metro A, Ottaviano e San Giovanni, una con la linea B, Colosseo, e una con la ferrovia regionale FR1 al Pigneto. Gli scavi per la realizzazione dell'infrastruttura sono iniziati tra la fine del 2006 e l'inizio del 2007. L'opera, finanziata al 70 per cento dallo Stato e per la parte restante da Comune e Regione, aveva un costo iniziale stimato di 3,047 miliardi per l'intera tratta e attualmente, con le talpe che si sono avviate verso il Colosseo, il costo è salito a oltre 3 miliardi e 700 mila euro.

Il primo cronoprogramma prevedeva di arrivare a San Giovanni sette anni fa, nel 2011, al Colosseo nel 2013, a piazzale Clodio nel 2015. I primi ritardi vennero ufficializzati durante l'amministrazione di Gianni Alemanno, con l'apertura della prima tratta, tra Pantano e Centocelle, fissata prima al 2011 e poi al 2013. Marino l'ha inaugurata alla fine del 2014 prevedendo di arrivare a San Giovanni alla fine del 2015, nella peggiore delle ipotesi nel giugno del 2016. Siamo al maggio del 2018. Così l'arrivo al Colosseo entro il settembre del 2020 e quello a Ottaviano entro il 2023 oggi sono solo date indicative. 

Cosa accadrà ora? Dopo due anni di incertezza, la sindaca Raggi e la sua assessora alla Mobilità Linda Meleo, forti del sondaggio sul Pums, puntano il dito verso la Farnesina. In concreto, il primo progetto per la tratta T2 elaborato da Roma Metropolitane, oltre il Colosseo, indicava due possibilità: quattro stazioni con due fermate tra San Pietro e piazza Venezia, Chiesa Nuova e Argentina. Oppure tre stazioni, con quella centrale denominata 'Navona' lungo corso Vittorio. Per capire come realizzarle, minimizzando i costi e i rischi archeologici, è in corso una project review, ovvero una revisione progettuale, già finanziata e già sul tavolo di Roma Metropolitane che su questo argomento avrebbe già prodotto uno studio preliminare. Ma non è tutto: l'intenzione dell'amministrazione Raggi è infatti quella di proseguire l'opera anche dopo Prati per farla arrivare in futuro fino a Farnesina, andando a realizzare anche la tratta T1 da sempre ipotizzata ma mai presa realmente in considerazione. 

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