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Il Comune chiede mascherine e per i dipendenti comunali ripescati i "panni anti polvere"

Rimpallo di responsabilità su chi avrebbe dovuto fornire le protezioni richieste. Una nota del commissario Arcuri chiarisce: la distribuzione spetta alla regione Lazio

Sono tra gli strumenti fondamentali per proteggersi dal coronavirus, chirurgiche o a più alto filtraggio, raccomandate in ogni modo e a ogni livello specialmente nella fase di ripartenza ma anche di convivenza con la malattia. Le mascherine, terminato il lockdown, dovrebbero accompagnarci in ogni spostamento o quasi. Eppure i dipendenti di Roma Capitale devono accontentarsi di pezzi di stoffa simil panni antipolvere, buoni al massimo "per trasvestirsi da bunny il coniglio", per dirla con il presidente della Campania Vincenzo De Luca. In piena pandemia ne rispedì indietro a migliaia di questa stessa tipologia, destinati dal Governo ai medici ospedalieri. 

"Oggi su segnalazione dei volontari della Protezione civile abbiamo potuto verificare che ad oltre quattro mesi dall’inizio della pandemia ancora non hanno ricevuto le misure di protezione adeguate" denuncia il capogruppo della Lega in Campidoglio Maurizio Politi. "Dalla Regione Lazio nient'altro che dei semplici stracci per pulire gli occhiali" attacca mostrando in video la consistenza delle protezioni fai da te destinate ai lavoratori capitolini. 

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Panni antipolvere come mascherine

Già, la Protezione civile le sta distribuendo in queste ore. Copriranno il fabbisogno della prossima settimana nei municipi, nei dipartimenti comunali e presso gli uffici aperti al pubblico. Provengono da un vecchio stock arrivato settimane fa dalla regione Lazio rimasto in magazzino ma mai utilizzato, perché appunto i panni simil "swiffer" sono stati poi bocciati dalle autorità sanitarie, ritenuti non conformi alle esigenze di prevenzione. Migliaia di rettangoli bianchi di panno ripiegati, a doppio strato, con due buchi ricavati per le orecchie. Insufficienti a garantire una protezione adeguata ma tant'è. Le chirurgiche sono finite. 

La richiesta del Comune alla Regione

La nuova richiesta protocollata, inoltrata il 30 maggio dal Comune di Roma alla Regione Lazio, è rimasta inevasa. La necessità, si legge nel documento che RomaToday ha potuto visionare, era di un milione di mascherine al mese da distribuire ai dipendenti e alle fasce di popolazione in condizione di particolare fragilità sociale. "Ogni ente pubblico deve provvedere autonomamente all'acquisizione dei medesimi (dispositivi, ndr) per assicurare la sicurezza dei propri lavoratori" ha commentato la consigliera Pd in regione Lazio Marta Leonori, bollando come "sterile" la polemica avanzata dalla Lega romana. 

"La distribuzione spetta alle regioni"

La richiesta al Comune di effettuare una ricognizione del fabbisogno e poi comunicarla però era arrivata dalla stessa regione. E alla regione spetta la competenza in materia di distribuzione. O almeno così precisa il Commissario straordinario all'emergenza Domenico Arcuri. In una nota interna del 10 giugno inviata al dipartimento Sicurezza e Protezione Civile di Roma Capitale scrive che provvede all'acquisizione "dei beni necessari al contrasto dell'emergenza coronavirus con conseguente distribuzioni alla regioni che provvedono a loro volta alla distribuzione ai loro territori". E che "ogni legittima richiesta deve essere inoltrata alla regione Lazio"

Anche perché i dispositivi di sicurezza ci sono. "La stessa Regione ha un deposito di mascherine pieno su via Ardeatina" attacca Politi, consigliere della Lega. Il riferimento va al deposito della Protezione civile regione dedicato da inizio emergenza proprio allo stoccaggio del materiale anti contagio. Qui di mascherine, a oggi, secondo dati forniti dalla regione, se ne contano circa 17 milioni. Ovviamente non destinate esclusivamente alle esigenze di Roma Capitale. 

La replica

"Chiariremo con Arcuri l'iter per la distribuzione - spiegano dalla regione interpellati sul caso - al momento non è predeterminato. Sono state comunque consegnate a Roma 156mila mascherine a Protezione civile, 405mila ad Atac, 110mila ad Ama. Ci siamo sempre mossi comunque, al di là delle procedure, per rispondere alle richieste". 

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