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Sabato, 20 Aprile 2024
Politica

Marino non molla e il PD barcolla. Ignazio e la partita finale per uscire da vincitore

Il sindaco vuole essere sfiduciato in aula, i dem vogliono evitare il bagno di sangue. Domani intanto la manifestazione dei fans del sindaco potrebbe infliggere un ulteriore colpo all'immagine del partito

A otto giorni dal termine ultimo per ritirare le sue dimissioni, Ignazio Marino continua a portare avanti il suo progetto: lasciare il Campidoglio da moralizzatore martire della politica e radere al suolo un Pd romano già ridotto a brandelli. Fare il sindaco ormai è cosa impossibile: gli sbocchi politici di questa crisi, nonostante le pur evidenti spaccature nel gruppo consiliare del Pd, appaiono nulli.

SE MARINO RITIRA LE DIMISSIONI ... - Anche se Marino ritirasse le dimissioni infatti si ritroverebbe con due, forse tre, assessori al suo fianco. Dovrebbe quindi rifare una giunta. Ragionando per assurdo, due sono le ipotesi in questo senso: scegliere personalità della società civile o una giunta fatta da consiglieri del Pd. In caso di sfiducia però in aula Marino, sia con "i migliori romani" come assessori o con "i consiglieri Giuda" ingolositi dalla poltrona, dovrà comunque andarci. Qui i numeri sono impietosi e non ammettono dubbi.

Insomma politicamente, quella di Marino, è una partita senza via d'uscita. Il ritiro delle dimissioni però non sarebbe privo di conseguenze. Lo sa bene lui come lo sa altrettanto bene il partito democratico. Ecco perché Marino in questi giorni continua a giocare la sua partita tra un "farò le mie verifiche" e "un io non mollo". 

QUESTIONE DI IMMAGINE - Prima la sua consigliera politica Alessandra Cattoi, poi lui, hanno apertamente detto che la crisi è politica. Dovranno pronunciarsi gli eletti dal popolo, dovranno dirgli in faccia che non lo vogliono più. Attenzione: Marino sa bene di non avere i numeri. Sa che i consiglieri Pd, pur dilaniati dalle contraddizioni e dalle paure per un futuro politico che non c'è, non lo sosterrebbero mai mettendosi contro il gruppo dirigente. Il sindaco vuole però che tutto quanto sinora è stato derubricato a "ricostruzioni fantasiose dei giornali" o "gossip politico" diventi invece la verità: "Cado per colpa del Pd e non perché sono disonesto o per colpa degli scontrini". Un'uscita trionfale, da martire che magari nel frattempo il 5 novembre sarà riuscito a presenziare alla prima udienza del processo di Mafia Capitale per poter dire che il malaffare a Roma è stato scoperto grazie a lui. Un trionfo insomma che ovviamente il Pd vuole evitare perché significherebbe il definitivo ko del partito romano che già domenica, quando in piazza scenderanno i suoi fans, potrebbe vedere distrutto quel che resta della propria immagine.

SILENZIO, PARLA SOLO ESPOSITO - Il silenzio di Renzi e Orfini è strategico: l'idea è quella di lasciar parlare da solo Marino, di farlo sembrare un "pazzo" scollato dalla realtà dei romani. Parla invece il senatore Esposito, assessore orfiniano di ferro e da molti descritto come il killer del sindaco. "Marino", spiega Esposito "non può prendere a testate le colonne della casa Pd e pensare di non rimanerci sotto". Lo stesso responsabile della mobilità di fatto rivela la presenza di spaccature nel gruppo consiliare criticando "quei consiglieri del sindaco che vanno in giro a dire che Matteo Orfini è il suo carnefice e che io sarei il killer mandato da qualcuno. Sono accuse offensive oltre che false".

"Ho sempre auspicato - afferma Esposito a Repubblica - che questa vicenda si risolvesse, ma gli scontrini sono l'ultimo episodio di una lunga serie di errori caratterizzati dall'incapacità di instaurare un rapporto con la città". E "nelle parole di Marino - afferma l'esponente democratico - intravedo una persona che non ha saputo interpretare il rapporto con la città anche per colpa delle persone di cui si è circondato, a partire dalla consigliera politica Alessandra Cattoi. Ci sono stati errori di valutazione e di comunicazione. Molte iniziative avrebbero potuto essere un successo se gestite diversamente, ma l'impressione è stata quella di un sindaco che fa le cose contro i romani".

Al picconatore Esposito si affiancano assessori come Causi e Sabella. Il primo di fatto ieri avrebbe scaricato apertamente il sindaco in giunta; il secondo, fondamentale per l'etichetta legalitaria della giunta, avrebbe fatto sapere di non essere disponibile ad imbarcarsi in un un tentativo di nuovo governo. Ancora più isolato politicamente - è il ragionamento del PD - il primo cittadino potrebbe essere più malleabile e pronto a recepire un'uscita di scena senza ritiro delle dimissioni e bagno di sangue in aula. Un'uscita più dignitosa insomma, la soluzione che metterà fine ai giochi. In questo senso potrebbe essere decisivo un riconoscimento pubblico, una dichiarazione, l'onore delle armi a Marino per accompagnarne l'uscita da Palazzo Senatorio, mettendo fine a quello che per il PD è diventato un incubo. Per ora però ad avere la mano buona è il sindaco che da "pollo" è diventato il "mattatore" del tavolo".

Già questo per lui rappresenta una vittoria. Già questo per il Pd  romano è un vero e proprio bagno di sangue.

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