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I mal di pancia del Pd capitolino: "Gualtieri non è Maradona, deve condividere le scelte"

Quasi tutte le correnti interne al partito sono concordi sul pretendere maggiore scambio col primo cittadino e la sua giunta

Il post Albino Ruberti in Campidoglio sta agitando gli animi nella maggioranza di centrosinistra, soprattutto nel Pd. Mentre molti consiglieri si dedicano alla campagna elettorale in vista delle elezioni politiche del 25 settembre, c'è chi si preoccupa del rapporto con la giunta e il sindaco Gualtieri, considerati troppo distanti e addirittura disinteressati alle dinamiche dell'assemblea capitolina. Per questo il gruppo del Pd ha chiesto un incontro con il primo cittadino, qualcosa di simile a quanto andato in scena a Roma sud il 19 febbraio, il famoso conclave per fare squadra prima dei 100 giorni della nuova amministrazione. 

Il vuoto di potere dopo le dimissioni di Albino Ruberti

Le dimissioni (imposte dalla direzione nazionale) dell'ex capo di gabinetto, finito su tv e giornali di tutta Italia per la sfuriata contro il fratello di Francesco De Angelis (notabile dem a Frosinone) e il sindaco di Giuliano di Roma Adriano Lampazzi ripresa da uno smartphone, hanno lasciato un vero e proprio vuoto di potere. Alberto Stancanelli, scelto da Gualtieri per prendere il timone della barca, è un profilo completamente diverso: non è un "politico", ma un servitore dello Stato che legge le carte, scrive atti e non apre la porta del suo ufficio ai consiglieri scontenti. Non fa filtro. Così chi non è soddisfatto di come le sue mozioni e le sue esigenze vengono affrontate dall'amministrazione, non ha nessuno con cui sfogarsi. 

"Gualtieri non è Maradona, bisogna fare squadra"

"Gualtieri in un anno lo abbiamo visto tre volte" si lamenta a RomaToday un consigliere Pd, tra i veterani del partito a Roma. "Per questo vogliamo incontrarlo, bisogna fare squadra, condividere la linea". La stagione è critica: alle politiche del 25 settembre la sconfitta del centrosinistra contro Meloni & Co. viene data quasi per scontata, le regionali di inizio 2023 un po' meno, ma comunque molto più in bilico che nel 2013 e nel 2018. "Per questo è il caso di compattarci" ammonisce il consigliere dem. Anche perché "il Sindaco non è Maradona, al quale i compagni davano la palla e faceva tutto da solo". 

La mappa del potere del PD romano: con Ruberti salta il punto di equilibrio

I consiglieri Pd fanno le bizze in consiglio

Anche dall'opposizione i malumori vengono notati, in particolare attraverso gli atteggiamenti durante i consigli. Marco Di Stefano, ex deputato Pd tornato tra i moderati nel 2018 ed eletto in Campidoglio l'anno scorso con Forza Italia-Udc, racconta di "consiglieri che sgattaiolano fuori ogni 2 o 3 votazioni per far cadere il numero legale" o che "rimangono a temporeggiare nei pressi dell'aula, sono presenti ma non rispondono all'appello". In più di un'occasione, dice il consigliere "si sono presentati al terzo appello, prima che si rimandasse definitivamente la seduta". 

Il malumore unisce le correnti (tranne i manciniani)

Grossi malumori che accomunano un po' tutte le correnti piddì. Si comincia con quello scontato di Base Riformista, che in consiglio esprime solo Mariano Angelucci, trattata male - a detta dei suoi rappresentanti romani - con il paracadute negato alla deputata uscente Patrizia Prestipino, candidata alle prossime elezioni in un collegio uninominale considerato difficile. Agitati, secondo quanto raccolto dal nostro giornale, anche i rappresentanti di AreaDem (Celli, Alemanni, Stampete), la marroniana Michetelli, tutti gli ormai ex zingarettiani, in particolare chi è più vicino all'assessore regionale Massimiliano Valeriani. Più cauti e defilati sembrerebbero Tempesta e Corbucci, vicini al deputato Claudio Mancini ("deus ex machina" della candidatura di Gualtieri, modellatore della giunta scelta dal Sindaco) e al presidente di Arsial Mario Ciarla, sponsor di successo per gli assessori Veloccia e Alfonsi. La soluzione più condivisa al momento è che il ruolo di collante, avuto prima da Ruberti, venga diviso tra la capogruppo Valeria Baglio e la presidente dell'assemblea Svetlana Celli. 

Non piace il modus operandi degli assessori

Una delle accuse più reiterate che è stato possibile raccogliere è quella di aver fatto passare sopra la testa della maggioranza alcune decisioni che invece avrebbero necessitato approfondimento in commissione e un voto in assemblea. Per esempio il nuovo regolamento sui monopattini firmato da Gualtieri a fine giugno, ma anche l'intenzione di aumentare la tariffa delle strisce blu. In mezzo anche l'approvazione del progetto di riqualificazione dell'ex caserma di via del Porto Fluviale a Ostiense: 11 milioni di euro per realizzare oltre 500 alloggi di edilizia residenziale pubblica. Qualche perplessità diffusa anche per i tempi della firma di una direttiva relativa alla concessione della residenza agli occupanti: la mozione, fortemente influenzata da Gualtieri stesso, è stata approvata a giugno e ad oggi non è diventata ancora un atto ufficiale da parte della giunta. 

Nessun paragone con Marino 

Per chi se lo stesse chiedendo: no, il rischio di un Marino-bis non è verosimile. Nel 2014 era appena deflagrata Mafia Capitale, il chirurgo genovese fin dal primo giorno del suo insediamento venne visto come un corpo estraneo, un errore di sistema frutto delle primarie democratiche. Il modo in cui compose la giunta, il distacco rispetto alle dinamiche interne al partito e una certa "cocciutaggine" del quale veniva accusato ripetutamente sono tutti aspetti che ad oggi non appartengono all'attuale primo cittadino. E poi ci sono i fondi del Pnrr, il Giubileo 2025, la corsa all'assegnazione dell'Expo 2030. Partite importanti, miliardi a pioggia sul Campidoglio che servono a tutti perché significa mettere a terra progetti di riqualificazione e rigenerazione urbana che non si vedono da decenni, quindi voti in vista del prossimo giro. Certo, la dipartita di Ruberti è stato un brutto colpo e la sconfitta di alcuni esponenti di spicco del centrosinistra potrebbe significare rimpasto. E i rimpasti non sempre allungano la vita di un amministrazione, soprattutto se mal digeriti.

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