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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Voti dimezzati e crisi d'identità: il M5s romano piegato da Salvini e dall'effetto Raggi

Tracollo grillino rispetto al 2014 e al 2016. Alla Lega i consensi presi nel 2016 dal M5s tra l'elettorato di centrodestra, mentre anche lo zoccolo duro grillino sembra perdere fiducia nel progetto. E all'orizzonte una fase di difficile gestione per la città di Roma

Ci sono i numeri, impietosi. C'è il rivale, alleato di governo nazionale, capace di prendersi la scena e i territori che hanno in passato portato più voti. C'è il senso di smarrimento del non sapere cosa ne sarà di un progetto politico ormai perso e apparentemente difficile da rilanciare. Il M5s romano si sveglia sconfitto e frastornato il giorno dopo la batosta europea. Si tratta della sconfitta più dura dal 2016, da quando Virginia Raggi è diventata sindaca, della conferma - l'ennesima - che il feeling con l'elettorato romano si è fatto complicato e la capacità di ascoltarne i sentimenti ormai quasi azzerata. 

Un'emorragia di voti impressionante e davvero difficile appare l'impresa, in fase di commento, di non imputare questo tracollo all'effetto Raggi. Già, perché in questa tornata elettorale, più che nelle ultime post 2016, il voto a Roma è sembrato essere un referendum sulla sindaca. Il corpo a corpo ingaggiato con Matteo Salvini che per settimane ha bersagliato di critiche Raggi e la sua gestione della città, ha polarizzato ancora di più la scelta. Così se chi ideologicamente si oppone al leader leghista ha scelto di votare a sinistra, parte dell'elettorato (quello deluso dal centrodestra) che nel 2016 ha premiato la sindaca ha scelto di votare Lega, lasciando le briciole ai pentastallati

I numeri, impietosi, raccontano quanto accaduto. Se nel 2016 la Raggi fu premiata anche da un elettorato di destra, capace di proiettare il M5s al 35,33% pari a 412285 voti, tre anni dopo, alle europee del 26 maggio quello stesso elettorato si è spostato sulla Lega (capace di raccogliere il 25,78% dei consensi), lasciando al M5s appena 194.545 voti, per un "misero" 17,58%.

C'è però anche un tracollo figlio della perdita di fiducia nel progetto pentastellato. Già, perché i voti di oggi sono inferiori anche a quelli delle europee 2014, quelle del "#vinciamonoi" sbeffeggiato dal 40% di Renzi. Cinque anni fa i voti totali furono 293.241, pari al 24,95%, quota chimera per il m5s di oggi.

Voti in calo per il Movimento cinque stelle in tutti i municipi. Cartina al tornasole della militanza grillina sono però soprattutto il VI e il X municipio, territori forti regalati in questa tornata elettorale alla Lega, capace di riconquistare l'elettorato di centrodestra spostatosi provvisoriamente sul M5s. Nel 2014 alle Torri furono 28.869 i votanti per il M5s, nel 2016 39.117, oggi 28.869. Nel X municipio 28.071 i voti nel 2014, 38.622 nel 2016 e 19.763 oggi. 

Un'erosione di consensi che, nell'assordante silenzio post elettorale, apre degli esami di coscienza nell'elettorato più consolidato, quello militante che un tempo apriva i gazebo ed ora sceglie la poltrona a cui ambire. C'è chi evoca il ritorno al "vaffa", c'è chi chiede di pensare a lavorare senza guardare ai consensi, chi invece, senza esporsi direttamente, chiede un cambio di marcia tanto a livello locale quanto nazionale.

All'orizzonte però, tra gli eletti in Campidoglio, non mancano i timori. Il primo è quello del rapporto con il governo centrale. Con Salvini ormai socio di maggioranza dell'esecutivo gialloverde e un Di Maio infastidito dalla gestione Raggi, ci si chiede come verranno gestiti i futuri passaggi. Sul tavolo ci sono la fondamentale approvazione del Salvaroma e gli sgomberi di alcune occupazioni, possibili portatori di tensioni sociali.

C'è poi la paura per una fase che si annuncia difficile. All'orizzonte c'è una crisi rifiuti per la quale non si è fatto nulla. C'è da affrontare il passaggio dell'approvazione del progetto dello stadio della Roma, spina nel fianco ormai conclamata. C'è da nominare un assessore ai rifiuti e il Cda dell'Ama di cui va approvato anche il bilancio 2017. Ci sono, insomma, nodi che vengono al pettine, da affrontare con la conclamata certezza di aver perso il consenso della città e con la paura di far ulteriormente precipitare le cose. 

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