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Politica

Le liti a cinque stelle bloccano Roma: tutti contro tutti e da mesi si viaggia con il freno a mano tirato

Un crescendo di scontri interni ostacola da tempo la regolarità dell'azione politica amministrativa

Consiglieri contro assessori, consiglieri contro consiglieri, consiglieri contro il presidente dell'Assemblea capitolina. Tutti grillini, l'un contro l'altro armati. Liti e schermaglie nel M5s romano vanno avanti ormai da tempo rendendo sempre più labile la tenuta della maggioranza e di fatto rallentando i processi decisionali per la città. Lo stadio della Roma che ancora deve andare in commissione, il bilancio approvato sul filo del rasoio dopo l'ennesimo scontro, e ancora prima i provvedimenti post lockdown per aiutare i commercianti bloccati per settimane. Ad accelerare la "guerriglia" interna l'annuncio della ricandidatura di Virginia Raggi, molla che ha scatenato malumori confluiti in vere e proprie fronde interne di esponenti "ribelli", miste a consiglieri che si muovono in maniera del tutto imprevedibile. Molti si sfogano nelle chat interne con messaggi al vetriolo o si attaccano su Facebook con tag e pubbliche dichiarazioni. E andrebbe tutto bene, se non fosse per le ricadute concrete di questi mesi su scelte e provvedimenti importanti per Roma. 

In aula senza numeri

"La crisi profonda e i continui veti incrociati all'interno del M5s bloccano le attività del Campidoglio" tuonano dalle opposizioni. Proprio ieri la maggioranza non è riuscita a garantire il numero legale in Consiglio per l'approvazione dell'assestamento di bilancio (votato oggi). Secondo il capogruppo grillino Giuliano Pacetti è colpa delle minoranze che dovevano assicurare la presenza e sarebbero falsità le ricostruzioni legate a problemi interni ai Cinque Stelle. Ma a smentirlo c'è il personale attacco del consigliere M5s Andrea Coia al presidente dell'aula Giulio Cesare Marcello De Vito, tra gli assenti in aula. "Si riconosce ancora nel Movimento? Faccia chiarezza sulla sua assenza" scrive sui social con tanto di foglio presenze pubblicato in bacheca. A seguire il commento a sostegno della consigliera Gemma Guerrini, pronta a ricordare che De Vito nonostante gli annunci dell'allora leader Di Maio non è ancora stato espulso dal Movimento per il suo coinvolgimento nell'indagine sullo stadio della Roma. Tra i like anche quello di Enrico Stefàno, tra gli esponenti della fronda anti Raggi. 

Lo scontro con De Vito

Uno scontro quello con De Vito che ha già portato a un altro stallo su un altro provvedimento, addirittura poi saltato. La proposta di delibera del presidente dell'aula Giulio Cesare, dal titolo Forum Sviluppo 2030-2050, che puntava alla realizzazione per Roma di un organo innovativo, di una sede di confronto permanente tra forze sociali, società civile, ordini professionali e Campidoglio, dotato di un consiglio direttivo, di comitati tecnici e di laboratori tematici sulle materie fondamentali per la rinascita della città. Redatta e sottoscritta la proposta, De Vito è stato però costretto a ritirarla in aula, dopo l'approvazione di alcuni emendamenti della sua stessa maggioranza che, è l'accusa, avrebbero di fatto snaturato l'organo stesso. Non se ne è fatto di nulla, eppure quell'organismo, che piaceva in maniera trasversale anche alle opposizioni, era stato salutato con favore dalla stessa sindaca Raggi che lo presentò a fianco di De Vito nel 2019.  

Stadio e bilancio

Andando poco a ritroso nel tempo ecco poi altre due partite rallentate dalle liti interne. A inizio settembre si sono dimessi da presidenti delle commissioni Urbanistica e Bilancio, Donatella Iorio e Marco Terranova. Entrambi nel gruppo di consiglieri ufficialmente in rotta con la linea Raggi e contrari all'imposizione della sua candidatura dall'alto, senza il consulto della "base". Ed entrambi che, lasciando i ruoli di guida delle due commissioni, hanno anche lasciato per settimane in sospeso due questioni centrali per la città che dal parere delle commissioni dovevano passare già a inizio settembre. La prima è il via libera al progetto sullo stadio della Roma, che la sindaca vuole portare a casa entro Natale ma che si sa lascia perplessi diversi consiglieri pronti a far saltare il banco in fase di votazione in Consiglio. Ancora la variazione al progetto iniziale non è passata dal parere della commissione, perché per nominare il nuovo ufficio di presidenza ci sono volute tre settimane. L'altra questione riguardava il bilancio. Oggi, finalmente, votato in aula ma rimasto appeso a una commissione che per venti giorni, anche questa, non si è potuta riunire perché mancava il presidente.

Le liti durante il lockdown

E ancora riavvolgendo il nastro degli ultimi mesi troviamo la lite in Consiglio sulla proroga a Multiservizi per la raccolta porta a porta dei rifiuti ai negozianti, richiesta (per scongiurare i licenziamenti dei dipendenti) dalla consigliera di opposizione Cristina Grancio. La maggioranza si spaccò in due nella seduta di Consiglio comunale con il presidente della commissione Commercio Andrea Coia, contrario, che abbandonò la seduta insieme a buona parte dei consiglieri, e Roberto Di Palma che espresse invece il voto favorevole del gruppo, insieme a Giuliano Pacetti, Agnese Catini, Daniele Diaco, Stefano Simonelli e Marcello De Vito. 

Sempre in pieno lockdown altra questione che vide uno scontro aperto tra il consigliere Andrea Coia e stavolta l'assessore al Commercio Carlo Cafarotti riguardò la concessione di suolo pubblico extra ai commercianti per la riapertura post coronavirus. Il provvedimento, urgente per dare respiro alle attività di ristorazione provate da una primavera di chiusure forzate, ci mise mesi a entrare in vigore per colpa di un braccio di ferro tutto interno. Da una parte Cafarotti che puntava a concedere più spazio a dehors e tavolini ma pure sempre con precisi limiti temporali e di superficie, dall'altra Coia che si è battuto per avere maglie il più larghe possibile. Anche qui a far le spese del mancato accordo, per settimane, i titolari di bar e ristoranti. 

Un settembre di scontri continui

Insomma, finché i panni, come si dice, si lavano in casa, va pure bene. Ma se le liti escono dalle dinamiche fisiologiche di gruppo e impediscono quella compattezza politico amministrativa necessaria a rispondere alla città e ai suoi cittadini, l'affare si complica. Del resto, dato il quadro generale, sarebbe difficile il contrario. Le lacerazioni presenti nel gruppo dei consiglieri capitolini sono troppo profonde per essere sanate negli otto mesi che separano Roma dalle prossime elezioni. Da quando la sindaca ha annunciato la sua ricandidatura nel Movimento romano è scoppiato il finimondo.

Un mese di settembre fatto di continui strappi, tensioni, accuse. La notizia del Raggi bis sembra aver fatto da detonatore a una bomba in realtà pronta a scoppiare da tempo. Che vecchi mal di pancia ribollissero nella maggioranza grillina non è una novità, ma il Raggi bis sembra aver portato il tutto a galla, da una parte isolando ancor di più la prima cittadina, dall'altra deteriorando ancora di più il gruppo, sempre più eroso da vere e proprie "correnti" oltre che da screzi e ripicche individuali. "Manca una visione di città" ha detto tempo fa il consigliere Enrico Stefàno, tra le voci più forti dell'opposizione interna. Manca una visione di città ma mancano anche le basi di una qualunque azione amministrativa: votare un bilancio, non sul filo del rasoio, o riuscire a mettersi d'accordo sui dettagli di un provvedimento importante per la città, senza far pesare ai romani estenuanti ed eterni bracci di ferro. 

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