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No alle Olimpiadi: per Di Battista decisivo il confronto col suo meccanico

Alessandro Di Battista svela un retroscena inedito

La base grillina radunata in un garage. L'edicolante, il fruttivendolo del quartiere, un pensionato, un meccanico. Tutta "gente di fiducia", con la quale confrontarsi su una decisione importantissima: la candidatura di Roma alle Olimpiadi. Un retroscena divertente, al limite del grottesco, che viene raccontato da Alessandro Di Battista nel libro“Meglio liberi. Lettera a mio figlio sul coraggio di cambiare".

"Io ero estremamente contrario alle Olimpiadi, ma non ero sicuro che i romani la pensassero come me. In quei giorni mi domandavo se fare un referendum cittadino e proporlo durante le due settimane precedenti il ballottaggio non fosse una soluzione più morbida rispetto a un ‘no’ secco. Decisi di telefonare a Massimo, il mio meccanico, e gli chiesi di radunare un po’ di amici perché, gli dissi scherzando (ma neppure troppo), ‘dovevamo prendere una decisione politica". 

Lo stralcio del libro, ha impiegato poco a rimbalzare sulla rete, suscitando commenti tra l'incredulo ed il compiaciuto. C'è chi infatti ironizza sulla selezione di quello che Di Battista definisce "il mio Soviet". Ma c'è anche chi crede che, tutto sommato, quel campione sia comunque significativo, perchè in qualche modo rappresenta "la base". Poi c'è anche chi pensa sia una bufala, la solita fake news messa in giro per sceditare un portavoce pentastellato. A quest'ultima obiezione, è facile replicare mostrando la pagina da cui è tratto l'annedoto,  pubblicata anche sulla testata Next Quotidiano.

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Il personale soviet

Il racconto di Alessandro Di Battista  prosegue. Il fido meccanico "radunò una decina di persone: l’edicolante, il fruttivendolo del quartiere, un paio di parenti, un pensionato. Io arrivai all’officina in motorino – racconta Di Battista - lo parcheggiai, scesi, mi tolsi il casco e chiesi a Massimo se si trattava di persone di fiducia. Te poi fida’ disse lui. Così, quasi in modo solenne, domandai cosa ne pensassero delle Olimpiadi a Roma. Le loro risposte furono molto aspre, e non posso riportare le parole esatte per evitare querele. A ogni modo uscii dall’officina, dal mio ‘soviet’ personale tra bulloni, pezzi di ricambio e olio, e mandai un messaggio a Virginia: ‘Sulle Olimpiadi nessuna esitazione, linea durissima. La stragrande maggioranza dei romani sta dalla nostra parte". 
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