I librai di strada e la crisi, l'appello al Comune: "Fateci vendere calendari e segnalibri"
La pandemia picchia duro su una categoria già in difficoltà: le richieste vanno in scena in commissione Commercio
Vendere tutto ciò che è cartaceo: questa è la richiesta degli operatori librai che si sono espressi nella commissione Commercio del 23 marzo rubricata “sostegno all’attività dei librai su area pubblica”. Si tratta di quei banconisti che popolano i nostri lungotevere o le tante piazze di Roma con le loro librerie ambulanti e che in questi giorni di nuova zona rossa per la terza fase dell’pidemia da Covid19 sono particolarmente prostrati. Ecco perché gli operatori hanno chiesto all’amministrazione capitolina di estendere il parco beni da essi vendibili, includendo tutti i beni “di natura editoriale”, prodotti cartacei come calendari, segnalibri, dischi vinili, stampe, incunaboli. Presenti alla commissione due operatori, fra cui il noto libraio dell’esercizio su Lungotevere Castello.
“La nostra categoria non chiede denaro né di vendere abbigliamento, ma solo di vendere materiale attinente alla vendita dei libri”, hanno spiegato gli auditi che hanno chiesto il “superamento di norme e cavilli burocratici” anche se va dato atto che “questa amministrazione ha fatto di tutto”, spiegano gli auditi. L’assessore al Commercio Andrea Coia, anch’esso collegato in diretta, ha sostanzialmente dato il via libera a che la commissione sostenga la richiesta degli auditi: “E’ troppo vincolata la limitazione delle categorie merceologiche vendibili, un ampliamento è certamente visto di buon grado. L’importante però è non sovrapporsi con le altre categorie merceologiche come la vendita dei souvenir”, ha spiegato. E c’è un altro tema.
Quello sollevato dalla consigliera ex-M5S Gemma Guerrini, la neo componente del gruppo Misto che di formazione è “paleografa e storica del libro: uno dei problemi”, ha detto, “sta nel decreto Franceschini che ha modificato la normativa relativa alla circolazione di manufatti librari di valore inferiore a 13mila 500 euro innalzando da 50 a 70 anni l’antichità del bene per il maneggio del quale serve il nulla osta della soprintendenza. Ecco che a Porta Portese ci sono dei banconisti che vendono dei manufatti cartacei molto specifici che, vista la nostra città, possono essere una leva molto importante per la nostra economia turistica. Si tratta di beni che hanno una certa specificità rispetto al libro e vorrei che la si smettesse di strumentalizzare il rapporto con le soprintendenze”.
Il nodo dell’ampliamento dunque sta tutto nella necessità di evitare sovrapposizioni di vendita merci sia con il settore dei souvenir, sia con il settore dei manufatti cartacei e librari. La commissione ,guidata dal presidente 5S Massimo Simonelli, si è orientata verso l’accoglimento della mozione presentata a maggio 2020 dal FDI Andrea de Priamo che consentiva ai librai su area pubblica di vendere “tutti i prodotti non alimentari compatibili con la normativa regionale vigente”. Su questo dovrà essere l’Assemblea Capitolina ad esprimersi con un orientamento che gli uffici recepiranno.