rotate-mobile
Politica

Contratto decentrato, Marino scrive ai dipendenti: "Ecco perché non abbiamo concluso"

L'ex sindaco in una lettera ai suoi dipendenti ripercorre le tappe della vertenze sul salario accessorio: "Sento il bisogno di chiarire". Poi punta il dito contro il Governo: "L'intervento della Funzione Pubblica non è mai arrivato"

"Carissime e carissimi dipendenti del Comune di Roma, dopo ventotto mesi il mio lavoro di Sindaco è cessato". Inizia così la lettera che l'ex sindaco Ignazio Marino ha scritto ai dipendenti capitolini. Il motivo non è solo dare l'addio ai 'propri' dipendenti, ma la volontà di porre l'ultima parola su una delle vicende più lunghe e complicate della sua amministrazione: quella del contratto decentrato. Una vertenza rimasta 'aperta' e senza un punto di incontro tra l'amministrazione e i suoi dipendenti che arriverà presto sul tavolo del commissario Francesco Paolo Tronca.

IL CONTRATTO DECENTRATO - "Vi scrivo non soltanto per i doverosi e sentiti saluti e ringraziamenti per quanto fatto insieme, ma anche perché sento il bisogno di chiarire una vicenda molto complessa che ha visto coinvolta l’amministrazione e tutti voi. Mi riferisco, naturalmente, alla questione del salario accessorio" continua. "All’indomani del mio insediamento, ho trovato sulla mia scrivania molti problemi di ordine amministrativo e, con senso di responsabilità, li ho affrontati cercando ogni possibile soluzione". 

LA LEGGE DI RIFERIMENTO - "Tutti noi sappiamo che nella Pubblica Amministrazione la legge è la fonte naturale di riferimento" spiega precisando che "il vincolo che ho trovato è la legge in vigore – la 150/2009 (cosiddetta legge Brunetta) - che impone a tutte le amministrazioni di adeguare alle nuove regole, basate su un comportamento meritorio, la contrattazione di secondo livello, ovvero quella decentrata". Marino fa risalire i problemi all'amministrazione Alemanno: "La precedente amministrazione, purtroppo sottoscrisse nel 2010 un contratto decentrato senza tener conto delle modifiche introdotte nel 2009 con la legge n. 150. Un atteggiamento, questo, che ha determinato gravissimi problemi con gli organismi di controllo".

LA RELAZIONE DEL MEF - Marino ricorda le contestazioni avanzate dal Mef e le richieste della Corte dei Conti "che imputa a Roma un danno erariale di circa 328 milioni di euro". Continua: "È bene specificare che la legge 150/2009 faceva decadere, e quindi considerava nulli al 31 dicembre 2012, tutti i contratti decentrati non adeguati alla suddetta normativa". Marino rivendica che la sua ammibistrazione ha lavorato senza sosta. "Come ricorderete, successivamente alla notifica da parte del MEF in cui si ipotizzava un danno all’erario, i dirigenti capitolini preposti alle erogazione degli stipendi si sono trovati nell’impossibilità di continuare a liquidare il salario accessorio così com’era, a meno di non doverne poi rispondere di fronte alla Corte dei Conti individualmente, con il proprio patrimonio personale". Segue la circolare ministeriale e l'avvio della trattativa sindacale. 

LA TRATTATIVA SINDACALE - "Concordammo un tempo di 90 giorni, che scadevano il 31 luglio 2014. Le trattative proseguirono a ritmo serrato con l’obiettivo di mantenere invariati i livelli salariali dei dipendenti e adottare un contratto legittimo dal punto di vista normativo e inattaccabile da qualsiasi organismo di controllo". Ma l'accordo non venne trovato: "Nonostante gli sforzi dell’amministrazione, purtroppo, non fu possibile raggiungere entro quella data un accordo con le organizzazioni sindacali; fummo perciò obbligati a varare un atto unilaterale, per legge provvisorio". 

L'ATTO UNILATERALE - L'ex sindaco ricorda come "l’atto unilaterale fu assolutamente necessario per mettere, ancora una volta, in sicurezza il salario pieno dei dipendenti, altrimenti sarebbe stato immediatamente decurtato della parte accessoria. Così, per fortuna, non è stato. Per continuare a cercare la condivisione con i sindacati, si decise di far decorrere gli effetti dell’unilaterale al 1 dicembre 2014, e successivamente, al 1 gennaio 2015. In tutti quei mesi mai si sono interrotte le relazioni sindacali. Il confronto è stato costante e serrato e si è protratto spesso per interminabili nottate di lavoro". 

LA PRE-INTESA E IL REFERENDUM- Nella sua lunga lettera Marino ricorda come, dopo lunghi giorni di trattativa, si arrivò il 6 febbraio a raggiungere una pre-intesa da sottoporre poi al vaglio dei dipendenti con un referendum. "Per quanto ampiamente noti gli esiti della consultazione, io rivendico con orgoglio il contratto sottoscritto quel 6 febbraio. In primo luogo perché, per la prima volta, si creava un sistema che consentiva di utilizzare nella propria totalità il fondo del salario accessorio riservato ai dipendenti capitolini, pari a 157 milioni di euro. In secondo luogo perché finalmente il contratto capitolino risultava allineato al contratto collettivo nazionale e utilizzava istituti legittimi, introducendo un sistema di valutazione dell’attività del dipendente, così come previsto dalla legge 150/2009. Avevamo fra le mani un contratto inattaccabile, che metteva davvero al sicuro gli stipendi dei dipendenti. La vittoria dei no al referendum determinò la decadenza di quella preziosa pre-intesa, facendo restare in vigore l’atto unilaterale adottato provvisoriamente dall’amministrazione che, seppur con alcune parti ancora da rivedere, resta indubitabilmente un atto che ha permesso di mettere in sicurezza il salario accessorio".

IL FONDO E LO STALLO - Marino arriva così agli ultimi mesi della sua amministrazione caratterizzati da "altre problematiche" come quella della costituzione del fondo. "A tal proposito, voglio ricordare che le regole per la costituzione del fondo risalgono all’ultimo contratto collettivo nazionale del pubblico impiego del 1999, in questo caso piuttosto fallace sin dall’origine e, a parer mio, eccessivamente vessatorio nei confronti dei dipendenti". Marino spiega così i motivi per cui, negli ultimi mesi, la trattativa si era interrotta: "Decisi di chiedere nuovamente un intervento alla Funzione Pubblica e all’Aran, affinché si pronunciassero attraverso un provvedimento, purtroppo, mai arrivato. Persiste, anche attualmente, un’ambiguità normativa contrattuale che impedisce, di fatto, un perfetto allineamento dei contratti di secondo livello. Ed è questo il motivo per il quale non è stato possibile concludere definitivamente quel duro percorso intrapreso nell’interesse esclusivo dei dipendenti capitolini e dell’amministrazione di Roma".

MARINO CONTRO IL GOVERNO - Per l'ex sindaco la responsabilità è del Governo: "La mia amministrazione ha sempre inteso dare un contratto integrativo che potesse restituire sicurezza e dignità al magro salario dei lavoratori comunali. L’amministrazione centrale ha invece bloccato i rinnovi dei CCNL, impedendo il recupero della perdita del potere d’acquisto salariale e, come se non bastasse, ha impegnato Roma a un rigoroso piano di rientro e persino ad un risparmio sulla spesa del personale di circa 57 milioni di euro. Ciononostante, la mia amministrazione ha avuto il coraggio e la forza di non diminuire di un centesimo il fondo salariale accessorio dei dipendenti. Questo era il mio compito. Io ho cercato di svolgerlo nel migliore dei modi, non nascondendo le grandi difficoltà". La conclusione spetta ai ringraziamenti: "Vi ringrazio davvero per il lavoro fatto insieme: un’unica squadra al servizio della nostra bellissima città. Senza di voi, non avremmo raggiunto i tanti, ambiziosi obiettivi che rimarranno nella storia di Roma". 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Contratto decentrato, Marino scrive ai dipendenti: "Ecco perché non abbiamo concluso"

RomaToday è in caricamento