rotate-mobile
Domenica, 3 Dicembre 2023
Politica

Coronavirus, dai detenuti di Rebibbia lettera a Mattarella: "Non siamo carne da macello, garantite la nostra salute"

La lettera è arrivata alla redazione di Romatoday tramite alcuni familiari. La richiesta: "Ridurre il sovraffollamento"

Non possono rilasciare interviste ma non rinunciano a parlare. Perché l’emergenza sanitaria dovuta all’epidemia di Coronavirus agita anche le carceri italiane dove il sovraffollamento, in un momento in cui l’isolamento è la misura più efficace per difendersi dal virus, genera ancor più rabbia e paura. È così che un gruppo di detenuti del carcere di Rebibbia, dopo le proteste che nei giorni scorsi hanno attraversato tutti gli istituti penitenziari italiani, hanno scritto una lettera al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Parole dettate a quelle mogli che attendono con ansia, all’esterno, di capire se andrà tutto bene e arrivate fino alla redazione di Romatoday.

Non c'è umanità e dignità, scrivono, “nei confronti dei cittadini e in particolare dei detenuti che si trovano in uno stato di completo abbandono e di paura per la pandemia visto il sovraffollamento alle stelle e una sanità al collasso”. Citano l’articolo 32 della costituzione, la salute è un “fondamentale diritto dell'individuo” e un “interesse della collettività”, ricordano l’articolo 21 in difesa della libertà di espressione.

Pretendiamo che vengano estese le misure alternative fino a 4 anni, perché ciò permetterebbe una migliore gestibilità nel caso in cui il Covid-19 scoppiasse senza freni all'interno di quese strutture visti i casi già appurati (otto in tutta Italia così come comunicato oggi con una nota dal ministero della Giustizia ha però specificato che la situazione è sotto controllo, ndr) e visto che non siamo carne da macello ma abbiamo mogli, figli, madri, anche loro dentro una prigione virtuale. a casa che sperano di rivederci sani e salvi (non dentro una bara). Questa cosa gliela urliamo a gran voce”.

La richiesta è una: alleggerire il numero dei detenuti all’interno delle celle perché solo così è possibile rendere più gestibile un eventuale problema sanitario all’interno del carcere. Con il decreto ‘Cura Italia’ il governo ha stabilito la possibilità di richiedere i domiciliari per i detenuti con pene residue inferiori ai 18 mesi escludendo i condannati per reati che denotano pericolosità sociale, per maltrattamenti familiari e molestie, i delinquenti abituali, coloro che nell'ultimo anno sono stati sanzionati per infrazioni disciplinari, o senza domicilio idoneo. 

Le misure saranno adottate dal magistrato di sorveglianza e per tutti coloro che hanno pene residue superiori ai 6 mesi sono previsti braccialetti elettronici. I familiari temono che l'iter per ottenere queste misure siano troppo lenti per dare risposte con l’urgenza necessaria e soprattutto che saranno troppo pochi i detenuti che ne potranno beneficiare. Un timore lecito, espresso anche dal Garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasìa, che ha più volte spiegato come l'isolamento necessario per arginare un eventuale contagio sia troppo difficile in queste condizioni di sovraffollamento. In merito al decreto, nei giorni scorsi, aveva spiegato a Romatoday: “Il decreto è al di sotto della necessità. Potranno uscire circa 3mila persone. Troppo poco rispetto a un sovraffollamento di almeno 10-15mila persone in tutta Italia, circa 2mila solo nel Lazio”.

All'attenzione del presidente in carica della Repubblica italiana, Sergio Mattarella e a tutte le istituzioni in carica, in primis il ministro di Giustizia Bonafede,

dove sono finiti il diritto, l'umanità, la dignità, i valori e i sani principi nei confronti dei cittadini e in particolare dei detenuti che si trovano in uno stato di completo abbandono e di paura per la pandemia visto il sovraffollamento alle stelle e una sanità al collasso?

Ci domandiamo se lei Presidente si sia dimenticato dell'articolo 32 della nostra Costituzione, ma se così fosse siamo qui per ricordarglielo "tutela e salute" come fondamentale diritto dell'individuo e l'interesse alla collettività garantendo cure gratuite agli indigenti, nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Articolo 21 tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la propria parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

Il Presidente della Repubblica invece di seguire la nostra Costituzione se ne sta a guardare aspettando ancora, con il rischio di far morire le persone all'interno degli istituti penitenziari. Noi pretendiamo che vengano estese le misure alternative fino a 4 anni, perché ciò permetterebbe una migliore gestibilità nel caso in cui il Covid-19 scoppiasse senza freni all'interno di quese strutture, visti i casi già appurati, e visto che non siamo carne da macello ma abbiamo mogli, figli, madri (anche loro dentro una prigione virtuale) a casa che sperano di rivederci sani e salvi (non dentro una bara). Questa cosa gliela urliamo a gran voce.

Da parte degli istituti penitenziari d'Italia, in particolare dal nuovo complesso del carcere di Rebibbia.

Si parla di
Sullo stesso argomento

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Coronavirus, dai detenuti di Rebibbia lettera a Mattarella: "Non siamo carne da macello, garantite la nostra salute"

RomaToday è in caricamento