Giubileo, il cardinale Vallini scrive alla città: "Troppo spesso incompententi alla guida di Roma"
In vista del Giubileo la lettura nella basilica di San Giovanni in Laterano del documento, frutto del lavoro maturato da un anno e mezzo nel Consiglio Pastorale diocesano
Una città impoverita, corrotta, piegata dalla crisi economica e politica, in cui aumentano le tensioni sociali, le poverà. Una Roma indebolita che "oggi vive una transizione" quella che emerga dalle parole del cardinale Vallini. Ieri la lettura nella basilica di San Giovanni in Laterano della "Lettera alla città", pubblicata in vista del Giubileo. Il documento è frutto del lavoro maturato da un anno e mezzo nel Consiglio Pastorale diocesano, l'organismo di consulenza presieduto dal cardinale vicario Agostino Vallini e composto dai vescovi ausiliari, da sacerdoti e religiose e da un gran numero di laici.
Ad ascoltare il cardinale Vallini, oltre a tanti cittadini, anche il presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti, il segretario generale della Presidenza della Repubblica, Ugo Zampetti, il commissario del Pd romano, Matteo Orfini, la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, il sub commissario di Roma, Giuseppe Castaldo e l'ex sindaco Gianni Alemanno. Presenti anche rappresentanti delle istituzioni, del mondo dell'università e della scuola, della società civile e a larga parte del laicato cattolico romano.
Molti i temi al centro dell'attenzione nel documento, dalle nuove povertà alle questioni dell'accoglienza e dell'integrazione - basti pensare alle tensioni sociali dell'ultimo anno nelle periferie romane e al dramma dei profughi - fino alla formazione di una nuova classe dirigente nella politica. E l'affondo a quella "debole" che ha contribuito alla crisi romana.
"Oggi si tende troppo spesso ad accomunare tutti i rappresentanti delle istituzioni in una condanna generalizzata e senza appello. Noi non vogliamo farlo: non dimentichiamo esempi di eccellente dedizione istituzionale e non puntiamo il dito su presunte responsabilità individuali. Però non si può negare che una delle cause dell'attuale situazione di crisi" della città "debba essere individuata anche nella debolezza di parte della classe dirigente".
"Troppo spesso - afferma poi il documento a proposito della sfida a 'formare pazientemente la classe dirigente di domani' - persone di valore non hanno la forza di esprimere la propria vocazione al servizio del bene comune e di incidere beneficamente sulla società, mentre altri per brama di potere e desiderio smodato di arricchimento occupano posti nella direzione e gestione delle istituzioni senza le doti, la motivazione e la competenza necessarie per promuovere programmi e politiche di equità sociale a favore di tutti i cittadini. Ne derivano nella vita della città - prosegue la Lettera - vistosi squilibri tra chi è garantito in posizioni di sicurezza e tranquillità e quanti, deboli, meno provveduti o meno capaci, sono condannati ad una vita difficile, pesante, se non addirittura ad essere esclusi". E ancora: "Roma sta diventando la sua periferia. Il 23% della popolazione vive oggi al di fuori del Grande Raccordo Anulare e in queste aree l'incremento degli abitanti negli ultimi 10 anni è stato del 26%. L'assetto urbanistico, oggi ulteriormente polverizzato, non ha aiutato l'integrazione. Il centro storico si sta progressivamente svuotando di abitanti residenti e si trasforma in centro della politica e in distretto turistico".
Sullo sfondo, l'auspicio di una "nuova visione", come il cardinale vicario sottolineò nella "Preghiera per Roma" celebrata nel dicembre scorso a Santa Maria Maggiore davanti all'immagine di Maria "Salus populi romani".