Il campo largo del Lazio si sta sgretolando. Leodori (Pd): "Se le cose stanno così, mi ritiro dalla corsa"
Il vicepresidente della Regione è stato tra i primi a farsi avanti per la successione di Zingaretti ma è anche il garante del patto con i Cinquestelle che adesso sembra prossimo a rompersi
Il "modello Lazio" scricchiola, per qualcuno è quasi crollato. E infatti il vicepresidente della Regione Lazio Daniele Leodori, uno dei primi a farsi avanti nei mesi scorsi come candidato alla successione di Zingaretti (subito dopo D'Amato), fa un passo indietro. Pure due. "Il campo largo mi sembra più fragile e ne prendo atto - ha scritto in un post Facebook - . E' chiaro che la mia disponibilità fosse legata fortemente alla possibilità di proseguire questa esperienza".
La trattativa per il campo largo vive ribaltamenti continui
Nell'ultima settimana i giocatori coinvolti dalla partita per replicare l'esperimento politico dell'ultimo anno e mezzo alla Pisana, hanno vissuto un'altalena continua. Il fronte compatto da Pd a Cinquestelle, Italia Viva, Azione, Europa Verde, Roma Futura e Demos era la carta che in molti volevano giocarsi per evitare il tracimare delle destre anche a livello locale, dopo lo tsunami nazionale che ha portato Giorgia Meloni alla guida del Paese. Però da un giorno all'altro la temperatura è variata spesso: calda, tiepida, gelida, di nuovo tiepida. Ora sembra che Giuseppe Conte, leader di un Movimento apparentemente rinnovato e sempre più proiettato nell'ambizione di essere il soggetto progressivo di riferimento, abbia deciso di voltarsi più verso il polo progressista pianificato dai fassiniani e da una parte dei verdi. Inutili, a questo punto, i continui richiami all'unità dell'assessora alla transizione ecologica Roberta Lombardi, gli appelli del vicesegretario del Pd Lazio Enzo Foschi, il lavoro della coordinatrice regionale del M5S e assessora al turismo Valentina Corrado, tutti in qualche modo coordinati da Bruno Astorre.
Leodori si fa da parte: "Senza unità non ci sono presupposti"
Se fino al 27 ottobre l'accordo a livello locale veniva dato per chiuso - ma soprattutto da ambienti Pd - adesso all'orizzonte c'è una divisione. Rischiosa. Tanto che Leodori, garante del "modello Lazio" e figura sulla quale convergevano in molti nel Lazio, ha voluto dare uno scossone: "Siamo stati la prima Regione ad allargare l'alleanza di centrosinistra - recrimina - con una coalizione che includeva il Movimento e gli unici ad avere nella nostra maggioranza contemporaneamente anche i rappresentanti di Azione, Italia Viva, Demos e le forze ambientaliste e di sinistra. I risultati raggiunti sono stati frutto anche di questa unità". Come a dire: abbiamo retto in tempi difficili perché eravamo tutti insieme, adesso ci dividiamo e il risultato non è prevedibile. E anche se continuerà a lavorare all'unità, Leodori si mette da parte per la corsa elettorale da candidato presidente.
Il Terzo Polo aspetta: "Dobbiamo ancora incontrarci"
Già a inizio settimana l'ottimismo sulla riuscita del campo largo veniva meno. Tra le altre cose nel Terzo Polo una decisione è ancora lungi dall'essere presa: "Ci incontreremo dopo il ponte dei morti" fa sapere una fonte molto influente tra i renziani a Roma. Che aggiunge: "Saremo compatti qualsiasi cosa verrà decisa, anche se una riuscita sembra difficile a quanto sembra". E chissà che qualcuno non decida di mollare la nave e candidarsi in una civica qualora, per miracolo, Pd e M5S chiudessero l'accordo senza Calenda e Renzi. "Non penso possa succedere, ma non si sa mai" chiosa l'interlocutore.
Il feeling tra Conte e la sinistra ambientalista extra-Pd
Nel frattempo, dal 22 ottobre si è definitivamente aperto un canale tra Conte e la sinistra extra-Pd rappresentata da alcuni di Sinistra Italiana e Verdi, ma anche Articolo 1-Mdp e fassiniani. L'incontro alla Casa dell'Architettura "è andato molto bene" fa sapere chi c'era e chi lo ha promosso "ma la strada è difficile e lunga". I presupposti per la creazione di un polo progressista che coinvolga Giuseppe Conte escludendo il Pd ci sono. E' nato il Coordinamento 2050 e raccoglie la sfida delle prossime elezioni regionali, non solo nel Lazio. Anche questo progetto non giova alla salute del "modello Lazio".