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Cosa sono le isole ecologiche e perché è una buona idea aprirne 26 nuove in tutta Roma

OPINIONE - Diverse le proteste per l'arrivo dei nuovi centri di raccolta rifiuti di Ama. Eppure sono proprio l'antidoto a "zozzoni" e degrado di strade e marciapiedi

C'è chi non la vuole perché sarebbe proprio a pochi metri dalla scuola di suo figlio. Chi perché su quel prato incolto meglio due altalene e qualche panchina ben tenuta. Chi perché il solo termine "rifiuti" è sufficiente a far inorridire. E chi da forza politica di opposizione ne approfitta per fomentare l'ennesima protesta sul territorio. Eppure l'isola ecologica, diciamolo, se ben gestita e funzionante, non può che portare notevoli benefici alla città.  

A Roma ne arriveranno ben 26 completamente nuove. Così ha stabilito una delibera di giunta capitolina, passata dal via libera delle commissioni Ambiente e Urbanistica e ora pronta al voto in Consiglio comunale, che ha però acceso polemiche e voci contrarie. A cosa servono le isole ecologiche? Si tratta di centri di raccolta di rifiuti ingombranti gestite da Ama. A oggi ne abbiamo solo 13 in città, 10 dentro il Raccordo. Qui i romani possono comodamente disfarsi di olii esausti, materiale elettrico di varia natura, legno, calcinacci, farmaci scaduti, e vecchi mobili che non vogliono più, magari evitando di attendere secoli per il ritiro a domicilio di Ama (che non sempre funziona a dovere), o peggio ancora di abbandonarli sul marciapiede. 

Già, le isole ecologiche, o ecostazioni, non sono altro che il miglior antidoto ai cittadini incivili che ignorano le regole base nella cura della cosa pubblica. Gli "zozzoni", per dirla con Virginia Raggi, rimangono senz'alibi con un centro di raccolta a cento metri da casa. E poi il materasso lercio che staziona mesi e mesi accanto al cassonetto non piace a nessuno, sempre oggetto di denunce che non hanno colore politico. Destra, sinistra, comitati di quartiere, singoli residenti. Le strade pulite, com'è giusto che sia, piacciono a tutti. E quindi è bene sia chiaro a tutti che l'isola ecologica va esattamente in questa direzione. 

Poi occhio a confondere termini che nulla c'entrano l'uno con l'altro: un centro di raccolta per rifiuti ingombranti non è - non è - una discarica. È una struttura recintata, chiusa, dove si entra a bordo della propria auto e si dichiarano i rifiuti trasportati, scaricandoli poi negli appositi secchioni presenti. Che però non sono su strada e non contengono tipologie di rifiuto che rilascia cattivi odori, i "miasmi" spesso provenienti da cave di smaltimento e impianti di trattamento. Nulla di tutto questo. 

Eppure c'è chi protesta. In VIII municipio l'area prescelta è troppo vicina ai palazzi (lo ripetiamo, non è una discarica ma una struttura a impatto ambientale minimo), in XI è a ridosso di un'area verde, in XV la maggioranza non l'aveva indicata tra quelle disponibili. E via a seguire con una lunga lista di lamentele. Ognuna certo legittima ma che rischia di scambiare la soluzione per il problema. Chiediamo più raccolta differenziata, marciapiedi puliti, servizi efficienti da sempre. Poi però ci lamentiamo, mai disposti al compromesso, come nella più classica delle sindromi "nimby", in inglese "not in my back yard", e poi tradotto: va bene sì ma "non nel mio cortile". Stavolta poi nella maggior parte dei casi ignorando un assunto fondamentale: l'isola ecologica è a favore del decoro urbano e non contro. Anzi, vien da dire, ad averle fatte prima. 

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