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Intervista a Massimiliano Smeriglio: “Reddito minimo garantito per uscire dalla crisi”

A tre mesi dall'insediamento di Zingaretti e a due settimane dalla vittoria di Marino, il vicepresidente della Regione Smeriglio (Sel) fa il punto sul momento rispondendo alle domande di RomaToday

Assessore alla Formazione e alla Scuola e vertice di Sel Roma. RomaToday ha incontrato il vicepresidente della Regione Lazio Massimiliano Smeriglio per fare un bilancio dei primi quattro mesi del governo Zingaretti e commentare la vittoria di Marino e la recente formazione della giunta.

Vicepresidente Smeriglio, che Regione avete ereditato dalla Polverini e quale avete iniziato a costruire in questi primi mesi?

La Regione che abbiamo ereditato è quella che ha trovato un grande spazio nella cronaca. Ma di questo se ne sta occupando la magistratura. C’era un modello organizzativo sballato e opaco dovuto a un appesantimento burocratico ventennale. Un modello organizzativo che prevedeva un mega dipartimento e 72 centri decisionali. Abbiamo messo mano a questo aspetto riducendo quella macchina amministrativa a 12 direzioni e a un segretario generale. In secondo luogo abbiamo trovato una Regione senza bilancio previsionale e senza un’adeguata programmazione per l’utilizzo di fondi europei.

Cosa avete fatto a riguardo?

Abbiamo organizzato l’impiego di queste risorse per i prossimi sei anni, da oggi al 2020, e cercato di spendere bene i soldi stanziati per i sei anni precedenti ma non utilizzati dalla Polverini. Per esempio, 40 milioni di euro di questi fondi ‘residui’ li useremo per finanziare un bando che uscirà a fine luglio sulle politiche attive per la formazione.  L’obiettivo è quello di far capire ai cittadini che quelle europee sono risorse che non riguardano solo gli addetti ai lavori: vorremmo aumentare la partecipazione e il controllo dei cittadini stessi sul loro utilizzo. Ultimo tema di questi primi mesi di lavoro è quello della ricostruzione della credibilità dell’ente davanti al Governo.

Cosa intende dire?

La Corte dei Conti ha spiegato bene le spese folli e la mala gestione che imperava nella Regione Lazio rendendo questo ente poco credibile di fronte al Governo. L’assessore al Bilancio Alessandra Sartore ci ha aiutato a ricostruire questa credibilità e non è un caso che proprio il Lazio il prossimo 6 luglio sarà la prima regione a firmare l’accordo ‘Salva imprese’ con il Governo che stanzierà un miliardo di euro. Abolire le spese inutili e, più in generale, intervenire sulla macchina amministrativa ha migliorato sia il rapporto con i cittadini che quello con il Governo.

Il lavoro è un tema molto sentito dai cittadini in questo momento di crisi. Cosa può fare la Regione da questo punto di vista?

Si può agire in diversi modi anche se è chiaro che la situazione attuale richiede interventi sia dall’Unione Europea che dal Governo. È necessario rifinanziare la cassa integrazione. Ma questo non è sufficiente. C’è una parte consistente della popolazione che vive nella precarietà e il nostro sistema di welfare è inutile. Proveremo a mettere sul piatto della discussione il reddito minimo garantito, e su questo punto già abbiamo interpellato il governo Letta, e il reddito per il ‘cittadino in formazione’ che permetta a un giovane di poter svolgere il proprio percorso formativo in tranquillità. Non farlo sarebbe un errore politico e sociale. Intervenire sull’emergenza non basta, bisogna costruire un modello alternativo.

Quanti soldi servirebbero dal Governo per finanziare il reddito minimo garantito?

Per una risposta significativa, intorno ai 100 milioni di euro.

Il ministro all’Ambiente ha firmato un’altra proroga per la discarica di Malagrotta e contestualmente ha allargato i poteri di competenza del commissario straordinario. Condivide questa scelta? Non crede sarebbe stato meglio per i cittadini scegliere il nuovo sito all’interno di un normale iter amministrativo?

Malagrotta e il ciclo dei rifiuti nel Lazio rappresentano un cumulo di errori dove l’ultimo è legato al penultimo e così via. Se oggi chiude Malagrotta, domani Roma diventa come Napoli. Siamo dentro a questo ricatto: la proroga era necessaria. L’unico modo per uscirne è che Comune e Regione realizzino un modello alternativo incentrato sulla raccolta differenziata porta a porta. Con Zingaretti lo abbiamo già fatto in Provincia e funziona. Una volta consolidato questo punto anche individuare una nuova discarica diventa un ‘problema’ differente perché si parla di gestire un impianto completamente diverso. O riusciamo a fare questo nei tempi che ci sono concessi o è chiaro che sarà una sconfitta.

La settimana scorsa L’Espresso ha pubblicato un’inchiesta su alcune figure ‘dubbie’ che lavorano presso la Regione Lazio attaccando direttamente le scelte del presidente Zingaretti. Che sta succedendo?

Arrivando in regione mi sono reso conto che non esistono una maggioranza e un’opposizione ma un governo e gli interessi materiali che si riferiscono a quel governo. Ricordo una copertina de L’Espresso di qualche anno fa con l’immagine di Marrazzo con sotto il titolo ‘Rubano come prima’. Proprio in quei giorni si stava discutendo della Turbogas, impianto che risponde agli interessi dello stesso gruppo editoriale. Poco tempo fa Marrazzo ha vinto quella causa. Il tema del conflitto di interessi va ben oltre Silvio Berlusconi e interessa l’interno Paese. Noi questo tema lo sentiamo molto. Anche quando parliamo di sviluppo edilizio, di acqua, di sostenibilità ambientale. Poi forse dentro a questa vicenda c’è anche un tema più nazionale dove tanti interessi coincidono con la corsa alle leadership sia nel centrodestra che nel centrosinistra. E una figura anomala come Zingaretti infastidisce.

L’asse Pd-Sel, che si è riproposto anche al Comune, è un’anomalia rispetto alla situazione nazionale dove Sel è all’opposizione di una maggioranza Pd-Pdl. Crede che questo asse tra Comune e Regione sia una garanzia di discontinuità rispetto alle precedenti esperienze Polverini-Alemanno ma anche Veltroni-Marrazzo?

L’anomalia non è l’asse Pd-Sel ma il rapporto Pd-Pdl che vediamo su scala nazionale e che vorremmo disarticolare. Stiamo provando a lavorare su questa contraddizione in tante città e anche nel Lazio lo stiamo facendo in maniera egregia. Il tentativo è quello di costruire un centrosinistra unitario. In quanto all’asse Zingaretti-Marino, nasce sotto i migliori auspici e spero riuscirà a dimostrare di essere all’altezza di quello che prospetta. Le esperienze precedenti non brillavano certo per capacità di sinergia.

Al governo siete all’opposizione insieme al Movimento Cinque Stelle. Crede che la sinergia su alcuni temi, penso per esempio agli F-35, possa dare qualche frutto?

Il M5S ha perso l’occasione storica di cambiare il Paese. Hanno avuto paura di provarci e questo ha creato delle conseguenze anche nel loro mondo. Alcuni temi ci accomunano, come gli F-35, l’acqua o la riconversione ecologica. Altri aspetti sono più regressivi come il rapporto ambiguo che hanno con l’immigrazione o il sentirsi a prescindere cittadini più puliti degli altri. Gli spazi di interlocuzione con il M5S si possono aprire solo dentro a un meccanismo di frazionamento interno. Possono scegliere di rimanere una realtà ‘proprietaria’ in cui uno ragiona per tutti, perfino sulle realtà locali, oppure trovare il coraggio di trasformarsi in un movimento collettivo.

In autunno ci sarà il congresso del Pd. Cosa vi augurate?

Penso che il congresso di Sel si dovrebbe tenere in contemporanea con quello del Pd. Farlo prima indicherebbe un atteggiamento autoreferenziale, dopo sarebbe un segno di subalternità. In quel modo invece potremmo incidere sul congresso del Pd riguardo a temi specifici. Detto questo, noi non siamo una corrente interna ai democratici. Interloquiamo con tutti. Facciamo il tifo per un ritorno alla normalità. Siamo una forza politica che sta investendo sulla possibilità di costruire un campo largo della sinistra.

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