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Marco Pacciotti: "Ripartiamo dalle energie sane del PD"

Radicamento sul territorio, beni comuni e diritti: sono queste le parole d'ordine di Marco Pacciotti che è uno dei quattro candidati alla segreteria del PD Lazio

Marco Pacciotti, 43 anni, inizia a fare politica occupandosi di temi legati all'integrazione e alla cooperazione internazionale. Attivo fin da giovane nella Sinistra Giovanile a livello nazionale ha collaborato con l'ex ministro Livia Turco nel settore della sanità. Si presenta candidato segretario per il Partito Democratico del Lazio con una parola d'ordine "Diritti a sinistra". A Romatoday ha presentato la sua candidatura e le sue idee future per il Partito Democratico della nostra regione.

Dopo quasi due anni di commissariamento il PD Lazio avrà nuovamente un segretario. Come nasce la sua candidatura?

Andiamo con ordine. Il commissariamento, malgrado l’impegno di Vannino Chiti, un dirigente a cui tutti riconoscono capacità e autonomia, non è riuscito a portare fuori il Pd del Lazio dalle secche in cui si era arenato all’indomani della sconfitta alle elezioni regionali del 2010. I mali di quel partito sono ancora lì. Le correnti, la mancanza di un progetto politico, la distanza e la separazione fra eletti nelle amministrazioni e militanti.

La mia candidatura nasce da un gruppo di iscritti e dirigenti di base che vuole cambiare questo stato di cose. Per questo dico: ripartiamo dai circoli del Pd. Ripartiamo dalle tante energie sane che in questo partito soffrono, non vengono valorizzate. Questa è la nostra ricchezza. Ma per fare questo bisogna rompere la logica delle correnti separate, dare poteri veri agli organismi dirigenti, tornare ad essere una comunità che discute, decide e lavora insieme.

Qual è il suo progetto di Partito Democratico nel Lazio?

Primo punto, lo ribadisco: i circoli. Sono diventati il luogo dove si vota una volta l’anno per il congresso di turno. E’ sano un partito in cui ci si iscrive quasi soltanto per votare? Io credo di no. Dobbiamo dare ai circoli il potere di decidere davvero, insieme agli eletti nelle istituzioni, non contro di loro. Penso alle primarie delle idee, grandi consultazioni sui temi più importanti che dobbiamo affrontare.

Credo che poi ci debba essere un’organizzazione differente, più vicina ai territori, creando coordinamenti intermedi fra le federazioni e i circoli. Per fare politica, per governare il territorio, serve una dimensione più vasta del singolo comune. Un partito che discute e decide alla luce del sole, insomma. Per fare questo non basta un segretario, serve un gruppo dirigente autorevole, rinnovato e libero. E occorre, infine, un partito che apra le porte, che si metta in rete con i movimenti, le associazioni. Sono tutte risorse per la sinistra, anche se per troppo tempo le abbiamo dimenticate.

Se dovesse mettere in evidenza tre punti fondanti del suo programma da segretario cosa indicherebbe?

Primo punto: il lavoro. La Regione ha gli strumenti e le risorse necessarie per mettere in campo politiche di
sviluppo. Che valorizzino le vocazioni dei differenti territori, che bilancino gli squilibri nella nostra Regione.Bisogna mettere fine alla contrapposizione fra Roma e il resto della Regione. E’ possibile pensare a un modello di sviluppo che integri i territori e non li frammenti.

Secondo punto: i beni comuni. Penso ai movimenti dei cittadini, il referendum sull’acqua, la questione dei rifiuti, ma anche lo sviluppo urbanistico del territorio. Ecco sono tutti temi che vanno affrontati con un’ottica nuova: il Lazio è il nostro bene comune, lo dobbiamo difendere insieme, dalla speculazione che torna ad affacciarsi, aiutata anche dalla politica della Giunta Polverini. Allo stesso modo la questione dei rifiuti, va affrontata in questa ottica. E’ tanto utopico dire che la raccolta differenziata, porta a porta, deve essere resa obbligatoria? Io credo di no, la politica deve dare risposte concrete, deve saper cogliere le novità che si muovono nella nostra società.

Terzo punto, ma non certo in ordine di importanza, la questione dei diritti. In Italia, su molti versanti, siamo ancora fermi al ‘900. Cito solo il tema che conosco meglio, perché dirigo il forum del Pd sull’immigrazione. Ha senso che il figlio di un immigrato, nato in Italia, non sia un cittadino come gli altri? Come pensa di tornare a crescere questo paese se non con l’integrazione e la convivenza fra culture diverse. Lo stesso ragionamento si applica al lavoro. Si parla tanto di abolire l’articolo 18, il divieto di licenziare senza giusta causa. Io credo che il tema sia un altro: come garantire lavoro e diritti alle nuove generazioni. La disoccupazione giovanile è arrivata al 30 per cento, vogliamo intervenire o continuiamo con un dibattito astratto e inutile?

Il PD si trova all'opposizione sia nella Capitale che in Regione, quali i punti di forza se dovesse diventare segretario che caratterizzeranno l'azione di opposizione a livello regionale e anche in vista di importanti appuntamenti elettorali nel 2013, tra un anno?

La faccio breve: serve un’opposizione che sia al tempo stesso intransigente e davvero alternativa. Servono buoni candidati e, ad esempio, Nicola Zingaretti per Roma è un ottimo candidato. Non solo per il suo prestigio personale, ma soprattutto perché, con le poche risorse a disposizione della Provincia, ha fatto ottimi interventi, dal wi-fi a Porta futuro, il centro per l’orientamento e la formazione. Ma anche un ottimo candidato non basta. Serve anche una classe dirigente solidale, innovativa.

Dobbiamo, però, sapere che non basta esprimere il candidato più bravo sulla piazza per vincere. Serve un partito che sappia entrare in sintonia con la società e che al tempo stesso proponga un progetto condiviso, una sua visione sul futuro di Roma e del Lazio. E’ un lavoro complesso e lungo. Questo congresso può essere l’inizio. Ma bisogna rompere gli schemi che ci hanno portato nella situazione attuale. Io credo che il Pd abbia le energie per farlo. Per questo mi sono candidato: per ridare speranza ai tanti militanti che ancora credono nel progetto del Partito democratico”.

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