rotate-mobile
Politica

Giovanni Bachelet: "Voglio un PD così come descritto nel suo statuto"

Un Pd che rispetti i suoi documenti fondativi dove la partecipazione sia al primo posto e dove vi sia il confronto costruttivo tra diverse posizioni e non un'unità forzata e di facciata: questa l'idea di Pd Lazio di Giovanni Bachelet

Giovanni Bachelet, professore universitario e deputato, si prepara a sfidare Enrico Gasbarra alla carica di segretario del PD Lazio. Ha annunciato che se arriverà alle primarie candiderà in tutti i collegi come capolista una donna e se verrà eletto segretario rinuncerà alla carica di deputato e si dimetterà perché dice che "Dopo la bocciatura della Consulta sul referendum per cambiare la legge elettorale, ritengo sia incompatibile la carica di segretario regionale con quella di deputato. Il ruolo di segretario regionale infatti, è troppo importante nel fare le liste elettorali".

Dopo quasi due anni di commissariamento il PD Lazio avrà nuovamente un segretario. Come nasce la sua candidatura?

Nasce dal rifiuto di una proposta estiva di Zingaretti: eleggere ecumenicamente Enrico Gasbarra come segretario del PD Lazio in assemblea regionale, cioè nello stesso organismo che per due anni era stato incapace di produrre un segretario, da parte dalle stesse correnti fino a quel giorno contrapposte in una improduttiva lotta fratricida. Perché proprio loro, tutte insieme appassionatamente, avrebbero dovuto improvvisamente convergere su un unico candidato? A me non pareva verosimile né augurabile: una simile unità di facciata avrebbe solo nascosto per l’ennesima volta sotto il tappeto la polvere di un gruppo dirigente glorioso ma ormai esausto e litigioso, di un partito da due anni perdente in tutte le elezioni e malgrado ciò ancora privo del coraggio di mettersi pubblicamente in discussione.

Non mi convinceva l’idea di un oscuro patto oceanico di potere tra tutti quelli che, sostanzialmente, hanno avuto la responsabilità di portare il PD Lazio nel cattivo stato in cui si trova. Mi sembrava importare arrivare a discutere in pubblico. Chiedevo (come da statuto) primarie e non un terzo tentativo di elezione in un’assemblea ormai delegittimata da due anni di inattività e due tentativi falliti di eleggere il segretario. Trattandosi poi del partito democratico del Lazio e non del partito comunista bulgaro, mi pareva necessario disporre in ogni caso di non meno di due candidati, di due programmi fra cui scegliere dopo un confronto pubblico, di almeno un’alternativa al gruppo dirigente che da vent’anni o piú ha in mano il centrosinistra nel Lazio.

Come descriverebbe il suo progetto di Partito Democratico nel Lazio?

Lo descriverei con i principi della carta dei valori, dello statuto e del codice etico del partito democratico, lo vorrei come si presenta nei documenti fondativi ma non è mai stato, almeno finora, nel Lazio. Nei nostri documenti, ad esempio, c’è scritto che il partito promuove la parità di genere, ma tra i quindici consiglieri regionali PD vediamo solo una donna; c’è scritto che attività e iniziative del PD vanno organizzate in tempi e modi tali da agevolare la partecipazione di chi ha famiglia e lavoro, ma le riunioni degli organi dirigenti si continuano a convocare in orari tali da risultare accessibili solo a funzionari di partito. Nessuna delle promesse piccole e grandi di un nuovo partito aperto ai cittadini si è avverata. Il “mio” partito sarà un partito che fa ciò che c’è scritto negli atti fondativi del PD: un partito progressista, un partito dei lavoratori e dei cittadini, dove per esempio le decisioni di candidare un sindaco o un altro, far parte di una giunta comunale o meno, piazzare propri unomini e donne (e quali) nelle aziende municipalizzate, sono prese alla luce del sole, con la piú ampia trasparenza e partecipazione democratica. Il contrario del partito che negli ultimi due anni ho visto nel Lazio, dove nessuno sapeva chi comandava e come si prendevano decisioni che pure qualcuno prendeva. Io voglio il partito democratico del quale mi hanno parlato Veltroni, Franceschini e Bersani,  che nel Lazio non ho ancora visto.

Se dovesse mettere in evidenza tre punti fondanti del suo programma da segretario cosa indicherebbe?

Do la prima priorità al partito: se il partito non esiste o zoppica o si comporta male in metà della Regione, nessun programma politico sociale economico o ambientale, anche bellissimo, potrà mai avverarsi; se il partito non fa quel che dice nel suo codice etico, nel suo statuto e nella sua carta dei valori, nemmeno i programmi risultano credibili e continuerà a perdere le elezioni. Si tratta di una condizione urgente e preliminare, risolta la quale il primo punto di cui da segretario mi occuperei è la partecipazione dei cittadini alla formazione delle liste di Camera e Senato: avvicinare cioè, o riavvicinare, i cittadini alle istituzioni. Finché rimane questa legge elettorale molto brutta, il partito deve coinvolgere i cittadini tramite le primarie, come dice il suo statuto e diceva anche la mozione congressuale di Bersani, che ho sostenuto.

Secondo punto, la legalità: in parte del Lazio, lo confermano purtroppo recenti fatti di cronaca, comincia a infiltrarsi la malavita organizzata, un cancro che fa precipitare il Lazio verso il sottosviluppo; inutile aggiungere che in un partito ogni credibile battaglia per la legalità parte dal rispetto del proprio statuto. Terzo, ambiente che vuol dire anche lavoro e sviluppo. Intervenire razionalmente su situazioni spaventose e apparentemente senza uscita come Malagrotta secondo lo stato dell’arte scientifico e tecnologico (coinvolgendo l’immenso potenziale che in questo senso ha il Lazio, con la più alta concentrazione di centri di ricerca e università in Italia). Intervenire razionalmente e secondo lo stato dell’arte scientifico e tecnologico su traffico e mobilità. Oltre a giovare alla qualità e all’efficienza della vita e del lavoro, questo crea altro lavoro e rimette in circolo energie in tutti i sensi: non è un’idea originale, ne parlano in tanti, peccato che a Brescia lo fanno da piú di vent’anni e nel Lazio ancora no. Dobbiamo voltare pagina. Abbiamo governato bene? Sí, molto meglio della destra che oggi governa il Lazio. Il gruppo politico che ha guidato la Capitale e la Regione negli ultimi venti anni ha però esaurito la sua spinta propulsiva. Deve lasciare spazio ai trentacinquenni e quarantenni, a idee nuove su ambiente, mobilità, innovazione, sviluppo sostenibile, diritti, riequilibrio fra Roma e province. Un cammino iniziato da Zingaretti alla provincia di Roma.

Il PD si trova all'opposizione sia nella Capitale che in Regione, quali i punti di forza se dovesse diventare segretario che caratterizzeranno l'azione di opposizione a livello regionale e anche in vista di importanti appuntamenti elettorali nel 2013, tra un anno?

Con l’elezione di Marco Miccoli alla segreteria romana, a fine 2010, il PD ha fatto un primo passo avanti. Prima di Miccoli il partito aveva avuto per circa tre anni un encefalogramma piatto sia su scala cittadina che regionale: i consiglieri da noi eletti nelle istituzioni facevano opposizione ognuno per conto proprio, i circoli attivi lavoravano ed altre realtà come i giovani democratici o la conferenza delle donne andavano avanti bene, ma ciascuno per conto proprio, senza coordinamento e sinergie, con visibilità ed impatto infinitamente minore rispetto a quanto possibile in presenza di un partito democratico degno di tal nome e aggettivo.

Da un anno Miccoli tenta di far rinascere il partito romano coordinando eletti circoli ed elettori, valorizzando e mobilitando circoli ed altre realtà democratiche vive attraverso un gruppo dirigente in buona parte rinnovato e competente. Qualcosa di simile dovrebbe accadere con il nuovo segretario del PD Lazio, ed è ciò che tenterei io se diventassi segretario. Dovrebbe metter su, come ha fatto Bersani su scala nazionale, una segreteria giovane e competente, e affiancarle nuovi Forum tematici che possano guidare la segreteria regionale, le segreterie delle varie province e gli amministratori a tutti i livelli del Lazio, che siano all’opposizione o al governo, a costruire un’idea convergente e vincente di città e di regione. Tra la Polverini e Alemanno non si sa chi fa peggio e c’è sicuramente bisogno di una puntuale e implacabile opera di critica denuncia e protesta, una sorta di “contraerea” che già oggi l’opposizione fa. Da segretario del PD Lazio vorrei però promuovere anche un’alternativa credibile, un nuovo gruppo dirigente combattivo e coeso, progetti nuovi e facce credibili per il governo di domani che finora non ho visto.

Sui vitalizi approvati dalla Regione Lazio, ad esempio, Enrico Gasbarra propone nel suo programma che sul sito del Pd del Lazio siano pubblicati i patrimoni di tutti gli eletti, però la sua dichiarazione dei redditi, sul sito della Camera, non l'ha ancora fatta pubblicare E’ importante quel che si dice, ma di piú quel che si è fatto e che si fa, e dopo decenni di governo anche i piú bravi si consumano. Non solo Gasbarra, ma tutto il gruppo dirigente del Lazio democratico che fra il 1993 e il 2008, al fianco di Rutelli, Badaloni, Veltroni e anche Marrazzo, è stato protagonista di un quindicennio glorioso e molto positivo per Roma e per il Lazio, ma ormai ha compiuto una parabola, ha fatto il suo tempo. La litigiosità interna e l’ingovernabilità del PD negli ultimi tre anni ne è eloquente testimonianza. Che questo gruppo dirigente si riscopra all’improvviso unito nel nome di Gasbarra a me suggerisce solo il tentativo di vivacchiare altri cinque anni, il che, alla luce degli ultimi anni, non mi pare un bene né per loro, né per PD né per il Lazio. Occorre quindi preparare un’alternativa a questa prospettiva francamente deprimente. E’ questo il senso e lo scopo

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Giovanni Bachelet: "Voglio un PD così come descritto nel suo statuto"

RomaToday è in caricamento