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Casa e povertà, all'incontro con sindacati e associazioni anche il vescovo di Roma: "Chiesa in ascolto"

Alla Pontificia Università Antonianum un incontro organizzato da Sunia, Sicet, Unione Inquilini, Alleanza contro la povertà e Action

Da una nuova legge per l’edilizia sociale pubblica al censimento dei beni demaniali inutilizzati passando per un’Agenzia dell’abitare che metta insieme Regione e Comune. Sono emerse una serie di “proposte operative” a “costo zero” rivolte agli enti locali e un “appello alla città” nel corso dell’incontro dal titolo eloquente, ‘Povertà e senza casa: il grido che sale dalla città’, che si è tenuto questa mattina presso la Pontificia Università Antonianum di via Merulana 124. Una giornata di “riflessione e di proposte sulle politiche abitative a Roma” organizzata da un “nucleo sociale a geometria variabile” composto dai sindacati cittadini Sunia, Sicet e Unione Inquilini, dall’Alleanza contro la povertà e da Action. 

Chiesa e istituzioni

Il tutto in un “dialogo” con una Chiesa romana “in ascolto” che “speriamo produca qualche risultato concreto sia per noi sia per le istituzioni” le parole pronunciate in apertura dei lavori dal vescovo ausiliare di Roma Paolo Lojudice. Assenti invece le istituzioni, con l’assessore regionale all’urbanistica, casa e rifiuti, Massimiliano Valeriani, impegnato sul fronte dell’incendio del Tmb Salario, e il vicesindaco Luca Bergamo che ha dato forfait inviando una lettera con la quale ha riconosciuto l’importanza della “sfida della crisi abitativa”. Un gesto comunque letto come “segnale di scarsa attenzione” da parte dell’amministrazione capitolina verso il tema. Presente invece il consigliere regionale, membro della commissione Politiche Abitative, Paolo Ciani. 

L’appello

“Oggi lanciamo un appello alle istituzioni, un Patto per la città” ha spiegato Emiliano Guarneri, segretario del Sunia di Roma e del Lazio “con il quale chiediamo un impegno per produrre risposte attese da troppo tempo”. Perché, ha sottolineato ancora Guarneri, “se i dati del disagio abitativo parlano di un problema strutturale” ha continuato “l’unica emergenza che rileviamo è data dal vuoto delle politiche in tema abitativo”. Non un “punto di arrivo” ma se mai “di partenza”, ha spiegato il segretario del Sicet di Roma Paolo Rigucci, che si rivolge “a tutta la città, dal terzo settore alle associazioni di volontariato, dal mondo accademico ai costruttori”. 

Le proposte

Una serie di proposte sono emerse al termine di una mattinata di lavori suddivisa in cinque focus: Disuguaglianze metropolitane; Occupazioni abitative; Patrimonio pubblico; Sfratti e precarietà abitativa; Casa e immigrazione. Tra queste: un bando per permettere alle famiglie di cambiare alloggi di edilizia residenziale pubblica, per permettere di ‘liberare’ quelli più piccoli, sempre più richiesti; un’accelerazione sui frazionamenti degli alloggi troppo grandi nelle case popolari; l’istituzione di un osservatorio “che ci permetta di elaborare politiche adeguate”; la nuova legge sull’edilizia residenziale pubblica; la creazione di uno Sportello unico del disagio abitativo che unisca i diversi istituti in tema di politiche abitative e “renda più chiara la soluzione alle diverse esigenze”. E ancora. Un’Agenzia per l’abitare, più volte promessa anche dall’assessore Valeriani, che “per funzionare deve però essere fatta insieme al Comune” e un censimento dei beni demaniali inutilizzati.

I focus

Nel Lazio, ha spiegato Roberto Cellini dell’Alleanza contro la povertà, “secondo i dati Istat, un cittadino su quattro rischia di impoverire”. E ancora: “Dall’Osservatorio Isee dell’Inps dai dati presentati nella dichiarazione del 2016 si evidenzia che in tutte le province circa il 50 per cento dei cittadini residenti si trovano in fasce che vanno da 0 a 7.500 euro”. A fronte di questo “la legge regionale 11 del 2016 sul sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali” ha sottolineato “è di fatto non operativa” e “il Piano sociale cittadino” dell’amministrazione capitolina “a distanza di due anni e mezzo non c’è e si naviga a vista”. 

A lanciare l’idea di “avviare progetti di autorecupero e ristrutturazione a scopo abitativo per gli immobili di proprietà pubblica occupati o inutilizzati” è Fabrizio Nizi di Action, movimento che ad oggi annovera una serie di stabili occupati nella capitale. Per gli immobili privati, invece, “l’avvio di progetti sperimentali di rigenerazione urbana sulla base dell’articolo 2 della normativa regionale relativa alla realizzazione di edilizia sociale, in cui la garanzia dell’alloggio è parte di un insieme di servizi di comunità rivolti sia agli inquilini sia al territorio circostante”. Dal momento che “la maggior parte degli immobili occupati o abbandonati sono ubicati in zone di alto degrado urbano” conclude Nizi “un simile piano di intervento sarebbe un’opportunità sociale ed economica per provare a invertire la tendenza della città a cronicizzare momenti di crisi”. 

A concentrarsi sul patrimonio pubblico è anche Enrico Puccini, dell’Osservatorio Casa Roma. “Nonostante i piani di dismissione e la fine delle sovvenzioni nazionali” ha sottolineato l’architetto “il patrimonio accumulato da Comune e Regione ha ancora una consistenza rilevante: 76 mila alloggi, 48 mila dell’Ater Roma e 28 mila del Comune” pari a “un terzo di tutti gli alloggi in affitto”. Un dato su tutti, per Puccini, traccia una strada di intervento: “Questo patrimonio, strutturato per i nuclei numerosi del passato, di fronte all’aumento di famiglie monocomponente (circa il 40 per cento), rischia di rimanere inutilizzato. Un caso tipo è quello di Corviale in cui 200 alloggi da 100 metri quadrati sono ormai abitati da pensionati soli”. Una situazione “critica” che “nel futuro, in base alle proiezioni, potrebbe comportare che un quarto dei nuclei da una persona rimarrebbe senza alloggio mentre un alloggio su quattro, di grandi dimensioni, resterebbe vuoto”. Possibili soluzioni: un “monitoraggio costante”; un programma di “frazionamento degli immobili”; una “razionalizzazione del patrimonio accelerando i cambi alloggio”. 

Per Fabrizio Ragucci segretario dell’Unione Inquilini di Roma un “punto sostanziale” per far fronte all’emergenza abitativa è “aumentare l’offerta di alloggi a canone sostenibile senza cementificare il territorio”. Anche per Ragucci “l’unica soluzione è la rigenerazione urbana cioè il riuso a fini abitativi del patrimonio lasciato vuoto o in degrado, a partire da quello pubblico”. In questo senso, va colta “la carica propositiva” delle occupazioni di immobili abbandonati e penalizzato “anche con la requisizione, chi lascia al degrado i propri immobili”. Da Unione Inquilini arriva la proposta di una “mappatura del patrimonio immobiliare vuoto”; di uno stop “alla vendita del patrimonio pubblico” e dell’istituzione di una “commissione di graduazione degli sfratti”. 

A parlare di ‘Casa e immigrazione’ Giancarlo Penza, della Comunità di Sant’Egidio che ha sottolineato come siano proprio i “luoghi del disagio quelli in cui si va alla facile ricerca del capro espiatorio” spesso identificato con gli immigrati. Vanno sfatate però alcune falsità. “I migranti” ha spiegato “versano al fisco italiano più di quello che ricevono, circa 3 miliardi di euro”. E ancora: “Negli alloggi di edilizia residenziale pubblica vivono 142 mila extracomunitari contro i 2 milioni di inquilini totali, circa il 7 per cento”. E se negli ultimi anni sono in aumento gli immigrati che hanno accesso alle case popolari è perché “reddito medio degli stranieri è di 13.629 euro mentre quello degli italiani è di 21.386 euro”. Con una preoccupazione al decreto sicurezza: “La sua piena applicazione comprometterà non solo il futuro dei nuovi italiani ma di tutti noi”. 

La mobilitazione

Mentre dalle sale della Pontificia Università Antonianum si è sollevato un appello alla città, sempre in tema di politiche abitative i Movimenti per il diritto all’abitare hanno annunciato una nuova stagione di mobilitazione con una manifestazione per il 31 gennaio sotto la sede della Regione Lazio. “A quattro anni dalla sua approvazione, la delibera sull’emergenza abitativa è rimasta inapplicata” ha spiegato Paolo Di Vetta. “È finito il tempo del confronto, ripartiamo con la mobilitazione. Mentre il disagio abitativo cresce e ci sia avvia verso una stagione di sgomberi senza soluzione, i soldi stanziati con quella delibera restano fermi e anche la Regione non sta facendo la sua parte”.  

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