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Case roulotte, fuga di notizie e mancanza di collaborazione: tutte le ombre dell'inchiesta

Piazzale Clodio chiede l'archiviazione delle indagini per abuso edilizio avviate un anno fa. Ma i legali della parte offesa non ci stanno e chiedono di far luce "su aspetti che dovevano naturalmente portare al processo"

La richiesta è di non archiviare le indagini, non solo perché una violazione della legge sull'edilizia sarebbe palese, ma anche per quanto emergerebbe dalle carte del Pm: illeciti rimasti impuniti, e posizioni poco chiare dei soggetti convolti, dal modus operandi degli uffici capitolini al ruolo dei volontari dell'ente cattolico. 

Sulle roulotte della Comunità di Sant'Egidio parcheggiate in strada per ospitare indigenti, e al centro di un inchiesta per abuso edilizio, il pm Francesco Dell'Olio, attuale titolare del fascicolo, vuole chiudere la partita. Per il giudice non ci sarebbe nessuno illecito perché i manufatti, data la loro natura “temporale”, non necessiterebbero del permesso di costruire. 

Ma i denuncianti, Fabrizio Santori e Marco Giudici consiglieri regionale e municipale, si oppongono al gip perché respinga la richiesta di archiviazione, tenendo conto non soltanto delle prove a supporto del carattere fisso delle strutture, ma anche e soprattutto di alcuni elementi sospetti che avrebbero messo a repentaglio il regolare svolgimento delle indagini. Dalla mancata collaborazione del Campidoglio, alla fuga di informazioni a favore dell'associazione di volontariato. 

REATI CONTRO LA PA - “Il Procuratore Pignatone era stato allertato su possibili reati contro la pubblica amministrazione, che non ne abbia tenuto conto è un fatto sicuramente anomalo che merita i dovuti approfondimenti investigativi”. A parlare è il legale del consigliere Santori, Salvatore Sciullo. Il riferimento è all'allerta lanciata dal primo pm titolare del fascicolo, il procuratore Michele Nardi, che dopo aver coordinato otto mesi di indagini si rivolge espressamente ai vertici di piazzale Clodio chiedendo di valutare un'eventuale riassegnazione del fascicolo. 

Nel documento inviato in data 12 settembre 2014 si legge: “Sono emersi a mia sommessa opinione, elementi che farebbero ritenere esistenti reati contro la PA, come la violazione del segreto di ufficio e il favoreggiamento personale”. Il fascicolo passa di mano, subentra il pm Dall'Olio, ma l'allerta di Nardi cade nel vuoto. Come si arriva a parlare di violazione dell'istruttoria? Facciamo un passo indietro. 

L'AVVIO DELL'INDAGINE - Le indagini sulle roulotte che ospitano senza fissa dimora sulle strade romane comincia nel marzo 2014, a poche settimane dalla morte di Carlo Macro, 30enne ucciso da un indiano abitante in uno dei manufatti presenti su via Garibaldi. I riflettori restano puntati settimane sul fenomeno roulotte, in gran parte appartenenti alla Comunità di Sant'Egidio. E sul tavolo di piazzale Clodio finisce un esposto presentato dai consiglieri Giudici e Santori. Si contesta la legalità di quelle casette parcheggiate in strada, incalzando Sant'Egidio perché esponga i permessi. Partono le indagini, a tappeto. 

IL CAMPIDOGLIO NON COLLABORA - Il pm Nardi è in contatto con il Comandante della Polizia Locale, Raffaele Clemente, chiede di rendicontare sulle attività svolte. A metà luglio arriva la relazione scritta. Tra marzo e giugno sono state rimosse 29 roulotte, con sequestri, identificazioni degli occupanti e 14 clochard, alcuni pregiudicati o ai domiciliari, che finiscono nella lista degli indagati, insieme a un volontario di Sant'Egidio. Ma tra numeri e dati logistici le forze dell'ordine informano anche il Pm di quanto disposto in parallelo dal Dipartimento Politiche Sociali del Campidoglio. 

In data 25 Giugno l'allora assessore al sociale, Rita Cutini, con una memoria di giunta, dà indicazioni agli uffici di procedere a “censimento”, rilevamento “del numero di persone che abitano le roulotte”, verifica “dei dati relativi ai veicoli”, avvio di tutte le iniziative “volte ad assicurare l'accoglienza”. Il tutto “in stretta collaborazione con gli Enti del Terzo Settore” con “i competenti uffici dei singoli Municipi e delle Asl, e “con l'ausilio del Corpo della Polizia Locale di Roma Capitale”. Ma la sinergia è solo sulla carta. 

Durante il blitz del 14 Luglio gli agenti di polizia mettono a verbale “la totale assenza del Dipartimento Politiche Sociali”. Ma dagli uffici era stato anticipato. Tre giorni prima la nota a firma del Direttore del Dipartimento, Ivana Bigari, che avvisa: “Non verrà garantita alcuna collaborazione per l'assenza di risorse economiche destinate”. 

Due settimane dopo Cutini tira il freno, e con una nota indirizzata anche al Comando in data 25 luglio,  prega tutti gli uffici “di non attuare interventi autonomi”. Gli agenti informano Piazzale Clodio dello stop, ma il Pm, con nota del 12 settembre, dà ordine a Clemente di proseguire con il “sequestro preventivo d'urgenza di ogni roulotte priva di targa o segni di riconoscimento”. Il Comando esegue, ma qualcuno si mette di traverso. 

FUGA DI INFORMAZIONI – Tra settembre e ottobre, vengono rimosse 18 roulotte, ma altre 14, tra quelle presenti nei piani operativi di sequestro, non erano più dove gli agenti si aspettavano dalle precedenti mappature. “La Comunità di Sant'Egidio veniva informata preventivamente sulle attività programmate di questa U.O.”, si legge nell'informativa inviata al pm. Una conclusione tratta a seguito di fatti documentati. 

Il 25 settembre, durante un blitz in via Beccari, ci sono anche due volontari dell'ente cattolico. Pressano per avere informazioni sulle attività in corso e future, i poliziotti “non danno nessuna informazione”, ma i due, “senza dichiarare la fonte” rispondono di essere comunque informati sul successivo sequestro: il 29 settembre in viale Giustiniano Imperatore.  Qui, quattro giorni dopo, i poliziotti trovano solo una roulotte delle cinque censite. E non sarebbe l'unico episodio. “Ulteriori situazioni – informano gli agenti – si sono riscontrate nel Municipio (il XII, ndr) dove sono state spostate da un luogo all'altro, sempre dalla Comunità di Sant'Egidio come comunicato dai rapporti informativi dei gruppi competenti”. 

E qui torniamo all'allerta di Nardi, che non solo parla con Pignatone di elementi per indagare sui reati di “violazione del segreto d'ufficio e favoreggiamento personale”, ma, nel caso in cui il fascicolo resti nelle sue mani, chiede “direttive scritte sul proseguo delle indagini”, data “la delicatezza dell'oggetto del procedimento”. 

Tutte elementi che con la richiesta di archiviazione rischiano di cadere nel vuoto. Ma i legali della parte offesa sono pronti a combattere a colpi di diritto. “Le investigazioni sono partite molte bene – spiega l'avvocato Sciullo - hanno cristallizzato una serie di situazioni che meritano di essere approfondite in sede processuale. Non riusciamo a capire per quale ragione non si sia proceduto, come naturale, a un'imputazione coatta”. 

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