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Immobili comunali, parla un gruppo di realtà sociali: "La delibera di Raggi non cambia nulla"

Il coordinamento Comunità per le Autonome Iniziative Organizzate (Caio) sulla delibera che ha avviato la ricognizione del patrimonio immobiliare indisponibile: "Solo campagna elettorale"

Lunedì la sindaca, Virginia Raggi, e l'assessora al Patrimonio, Valentina Vivarelli, hanno annunciato di aver approvato una delibera che dà il via a una ricognizione del patrimonio immobiliare indisponibile di Roma Capitale, da effettuare entro tre anni. Nell'ambito di questa scelta, entro 18 mesi, partono i controlli per verificare la regolarità contabile e i requisiti degli attuali concssionari, tra i quali figurano decine di associazioni e di spazi sociali. Nelle more di questi controlli, e in attesa di mettere a bando i locali, la sindaca ha annunciato che gli sfratti a carico di queste associazioni sono sospesi. In merito Romatoday pubblica il contributo scritto da un coordinamento che riunisce parte di queste realtà sociali, Caio, acronimo di Comunità per le Autonome Iniziative Organizzate.

Le bugie hanno le gambe corte, in questo caso non le hanno proprio.
La Sindaca Virginia Raggi con un post su Facebook ci fa sapere che i problemi per le associazioni romane che utilizzano il patrimonio di Roma Capitale sono finiti e testualmente scrive: “Con una delibera di Giunta cambiamo le regole per la gestione del patrimonio immobiliare comunale in concessione, superando di fatto la delibera 140 del 2015 che imponeva lo sgombero per tutte queste importanti realtà”.

Le associazioni sono veramente salve?
Ovviamente no.

Andiamo per punti.
La deliberazione in questione non sostituisce la delibera 140/2015 né tantomeno “cambia le regole” per dirla con le parole della nostra amatissima sindaca.
Ci sarebbe da ridere se la situazione non fosse grave e di mezzo ci sia la vita di tante associazioni che animano Roma.

Con la delibera in questione la Giunta Raggi prende solo tempo e non cambia nessuna regola:
- 18 mesi “per concludere le attività di verifica dalla adozione del presente provvedimento, concludere le attività di verifica dell’attuale sussistenza e permanenza in capo ai soggetti utilizzatori, dei requisiti soggettivi ed oggettivi..”;
- tre anni “dall’adozione del presente provvedimento: concludere le attività di ricognizione e regolarizzazione amministrativa, sopralluoghi e redazione di Due diligence con il supporto della Società risorse per Roma per verifiche tecniche…”;
- infine stabilisce “che nelle more di attuazione del predetto cronoprogramma, il dipartimento Patrimonio e Politiche abitative consentirà, alla data di adozione del presente provvedimento e sino alla conclusione dell’espletamento delle procedure di assegnazione dei beni, l’utilizzo temporaneo dei beni medesimi agli attuali utilizzatori in possesso dei requisiti oggettivi e soggettivi…”.
Questo provvedimento, chiaramente temporaneo, non riconosce minimamente il valore sociale svolto dalle associazioni. 

Proviamo a spiegare il perché.
La Giunta Raggi ha inoltrato centinaia di lettere di riacquisizione in autotutela di questi spazi (volgarmente sfratti) con richieste di arretrati per cifre anche importanti. Chiariamo subito che né le riacquisizioni sono state ritirate né gli importi folli richiesti ritrattati.

Quindi che cambia? Esattamente nulla, la Sindaca prende tempo e fa campagna elettorale.
La delibera in questione non riconosce affatto il valore sociale delle associazioni che resta ancora tristemente legato alla rendita catastale: vale a dire che se svolgo una data attività all’interno del patrimonio censito catastalmente come indisponibile sono degno di una futura assegnazione mentre se svolgo la medesima attività all’interno del patrimonio disponibile no, tutto chiaro?

Non esce dalla dinamica della delibera 140 poiché ripropone la logica del bando con l’impiego di due diligence con il supporto della società risorse per Roma. Altro che riconoscimento sociale, bando per chi avrà maggiori risorse per aggiudicarsi gli immobili. Per non dire del mancato riconoscimento delle attività svolte in questi anni dalle associazioni, le quali dovranno saldare le somme richieste, non specificando se nella misura del 20% come previsto dalla delibera 26/95 o nella misura del 100% come richiesto durante la vigenza della sua Giunta.
Si parla di dignità delle realtà sociali e culturali e si esaltano i servizi da queste offerti, che vengono addirittura definiti “più che mai indispensabili”, ma la loro esistenza e la continuità dei servizi viene subordinata ad un criterio, il regolare versamento del canone, che nella sostanza nega quanto appena affermato; anzi conferma, al contrario, la subdola volontà, anche di questa Amministrazione, di distruggerle, nell’indifferenza per coloro che in quelle realtà operano e lavorano da decenni, e per la parte più debole e fragile della popolazione cittadina che usufruisce di quei servizi.

Sindaca ed Assessora sanno benissimo che della condizione di irregolarità e morosità nella quale si trovano quasi tutte le realtà sociali, culturali e sportive che utilizzano il patrimonio di proprietà del Comune di Roma, disponibile e non solo indisponibile, l’unica ad esserne responsabile è la stessa Amministrazione, che per trent’anni ha colpevolmente, e forse volutamente, omesso di regolarizzare tutti questi soggetti che oggi rappresentano il tessuto sociale della città, che in questa situazione di emergenza non solo ha sostenuto migliaia di cittadini e cittadine in difficoltà, ma ha evitato che l’emergenza, da sanitaria, si trasformasse in conflitto sociale.

In questi decenni le Associazioni ed i Centri Sociali hanno continuamente richiesto che la propria precaria situazione di assegnatari ed occupanti fosse definita una volta per tutte, chiedendo all’Amministrazione di formalizzare la concessione dei locali e definire il canone da versare, senza ricevere da questa alcuna risposta, se non vaghi «presto provvederemo». Nel frattempo i locali del Comune, che da questo erano stati consegnati in condizione di degrado ed abbandono, venivano dalle realtà stesse ristrutturati e restituiti ai cittadini grazie al lavoro, al tempo ed ai soldi delle persone che, allora come ora, dedicano il proprio tempo al miglioramento della comunità di appartenenza. In base a quale logica quindi l’Amministrazione, quattro anni fa, inizia a mandare alle associazioni e centri sociali richieste di pagamento di canoni arretrati, con somme addirittura milionarie, quando lei stessa non li ha mai non solo richiesti, ma neanche definiti? 

Secondo quale criterio quindi la Sindaca e l’Assessora chiedono alle associazioni ed ai centri sociali, al fine di poter continuare ad utilizzare temporaneamente i beni, di essere in regola con il versamento del canone ed il pagamento delle morosità, quando per 10, 20 o 30 anni l’Amministrazione non solo non glielo ha mai richiesto, ma non lo ha neppure definito? E, soprattutto, come si può essere convinti che realtà di carattere sociale e culturale di livello territoriale, che operano in quartieri disagiati possano avere e versare somme che vanno da 6 milioni di euro a anche “solo” 20.000 euro, nelle casse del Comune?

Come la vediamo noi?
Nessun tentativo di riconoscere il valore sociale delle assegnazioni ma solo la preoccupazione di mettersi al riparo del punto di vista contabile. Eh già perché questo provvedimento arriva dopo cinque anni nei quali la Giunta Raggi ha riacquisito gli immobili per lasciarli vuoti ed in stato di abbandono, sfrattando le associazioni che oltre a svolgere un ruolo sociale avevano anche la custodia di detti immobili che oggi versano in stato di abbandono.

La gravità della situazione consiste anche nel fatto che questa proroga arriva dopo cinque anni di Governo nei quali la Giunta Raggi non si è neanche preoccupata di censire né il patrimonio né le associazioni, e durante i quali si sono “limitati” a sfrattare dette associazioni in nome di una presunta legalità. Tutto ciò è stato da noi evidenziato nei confronti dell’attuale Giunta, la quale è stata anche preavvisata e diffidata dal procedere in siffatta maniera che contrasta con i più elementari principi dell’agire amministrativo.

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