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Governo in bilico, esecutivo gialloverde al tramonto: quali ripercussioni per l'amministrazione Raggi?

La paura è di andare avanti senza sponde "amiche", con Matteo Salvini a Roma per mesi in campagna elettorale

Il governo giallo-verde è ai titoli di coda. E se cadrà i contraccolpi, indiretti, arriveranno anche per Roma. Una storia tutta da scrivere quella di queste ore a palazzo Chigi, con mosse in parte ancora imprevedibili per tempi e scenari. Certo Virginia Raggi non dorme sonni tranquilli: il quadro di una città che ha già tanti fardelli rischia di complicarsi.

Che c'entra Roma? Primo: una spalla a livello centrale, per quanto a oggi non sia stata decisiva, ha permesso in qualche caso di respirare. Secondo: un Matteo Salvini in campagna elettorale nella Capitale non è certo quello di cui Raggi ha bisogno per recuperare terreno. I due fattori messi insieme potrebbero dare il colpo finale a un'amministrazione grillina già zoppicante e con poco margine di ripresa. 

Le partite aperte: dai rifiuti alla mobilità

La gestione del ciclo rifiuti. Sulla questione delle questioni per la Capitale, Raggi ha potuto contare sull'appoggio del governo. È anche grazie al ministro dell'Ambiente grillino Sergio Costa, nel ruolo di mediatore, che si è trovata la quadra per risolvere la crisi di inizio estate. Più paciere che interventista, il ministro ha dato comunque, quanto meno a parole, il suo supporto alla strategia del Campidoglio: niente discariche, rifiuti all'estero finché serve, e spinta al massimo sulla raccolta differenziata con il sostegno di impianti di compostaggio. Inutile specificarlo: muoversi in solitaria sul tema sarebbe decisamente più complicato.

Poi c'è il capitolo mobilità. Anche qui senza la stampella del governo l'orizzonte si restringe. Si attende ancora lo stanziamento dei fondi necessari al proseguimento della metro C a piazza Venezia. E l'Assemblea capitolina ha votato la settimana scorsa il Pums, Piano urbano per la mobilità sostenibile. Un maxi programma di interventi, frutto di un processo partecipato con i cittadini, che sulla carta dovrebbe rivoluzionare gli spostamenti dei romani. "Nel giro di dieci anni, il 52% dei romani a rinuncerà all'auto per usare biciclette e mezzi pubblici" ha esultato la sindaca. Già, ma stiamo parlando di 38 chilometri in più di rete metropolitana, 58 di tram e 293 piste ciclabili. Anche solo per cominciare a realizzare qualcosa, servono fondi. Servono dall'esecutivo. "Li abbiamo già chiesti e gli stanziamenti ci saranno" hanno detto innumerevoli volte i consiglieri M5s. E magari ci saranno anche con il prossimo governo, di qualunque colore sia. Ma quando? Il tempo passa e quello rimasto per poter arrivare alle prossime amministrative con qualche risultato da rivendicare in campagna elettorale, è poco. 

Matteo Salvini e le mani su Roma

L'altro fattore che complica il quadro, se mai ce ne fosse bisogno, si chiama Matteo Salvini. A colpi di frasi sui social, i battibecchi tra sindaca e ministro non sono mancati nell'ultimo anno. E Raggi si è spesso trovata isolata rispetto agli attacchi del leghista con poche sponde da Luigi Di Maio. Ma altra cosa sarebbe ritrovarsi a stretto giro un leader della Lega, in piena campagna elettorale, che scegliesse la Capitale come avamposto di guerra. Occupazioni e sgomberi, accoglienza, campi rom. Lo scontro sarebbe quotidiano e sfibrante. 

Un posto che fa gola in Parlamento

Insomma, la caduta del governo gialloverde avrebbe conseguenze anche dentro il Raccordo. Forse positive, per quei consiglieri comunali del M5s che ambiscono a un posto sicuro in Parlamento. Di Maio, lo ricordiamo, ha lanciato di recente la nuova regola del "mandato zero" che di fatto aumenta il numero di candidature possibili da due a tre. Per Enrico Stefàno, Daniele Diaco, Paolo Ferrara, e quei consiglieri che sono al loro secondo giro di boa, si aprirebbe quindi la concreta possibilità di una candidatura per la Camera o per il Senato. Se invece il Governo andasse a scadenza naturale, quindi se si rivotasse nel 2023, due anni dopo le amministrative romane, gli stessi dovrebbero scegliere se correre per la terza, e ultima, volta al Consiglio comunale o giocarsi il jolly alle nazionali ma restando fermi due anni. 

"Meglio un contratto di governo col Pd"

Ragionamenti di carriera a parte, chi guarda alla tenuta dell'amministrazione grillina a Roma e ai risultati che sarà in grado di ottenere nel prossimo anno e mezzo, è difficile che saluti in positivo un ritorno alle urne. Anche fosse solo, al netto di Salvini, per questioni di tempistiche. La Capitale di Virginia Raggi ha bisogno di risorse e sostegni dall'alto per sperare di portare a casa qualche risultato. E il 2021, quando i romani saranno chiamati a rinnovare il Campidoglio, è vicino.

Perdere mesi, tra governi tecnici e campagne elettorali indesiderate sotto le finestre, potrebbe rivelarsi devastante. Lo sa bene la sindaca, tanto che in casa Raggi c'è chi piuttosto che cadere preferirebbe il vecchio e bistrattato Partito democratico. Parola di Andrea Severini, storico militante romano nonché marito della prima cittadina. Tre post su Facebook in 12 ore per insultare il quasi ex alleato Salvini e aprire nuove possibilità. "Se lo abbiamo fatto con chi ce l'aveva duro e con chi a colazione beve acqua del Po, lo possiamo fare anche con la sinistra. Pensiamoci!". Perché, ripete ancora, "una maggioranza alternativa c'è e non prevede la Lega. Io insisto noi e la sinistra tutta".

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