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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Politica

Fratelli d'Italia, Meloni e Rampelli sotto accusa: "Doppiati dalla Lega, a Roma il partito è morto"

Malumori contro i vertici e la gestione sul territorio. I risultati della Lega aprono crepe tra gli ex An

"In provincia addirittura doppiati. Se c'è rabbia? Mi pare ovvio". Acque agitate nel centrodestra di Roma e Lazio, specie in Fratelli d'Italia dove da ore si registrano malumori. La Lega senza "nord" conquista le periferie della Capitale e le province della regione, superando in diversi collegi anche il partito di Giorgia Meloni che giocava in casa. Parlano i numeri e sono di quelli che fanno trasalire gli ex An, oscurati da un Carroccio inesistente a Roma fino a un anno fa, e privi di una leadership forte in grado di competere. 

Matteo Salvini ha sbancato alle politiche in tutti i territori della Città eterna, sfiorando l'11, il 12 per cento in aree dove alle ultime comunali del 2016 a mala pena toccava il 3 (vedi Roma est e Primavalle). Anche Fratelli d'Italia rispetto alle elezioni nazionali del 2013 cresce: dal 2,59% in Lazio 1 alla Camera di cinque anni fa si passa oggi al 9,02. Ma è la Lega di Salvini a fare da padrona in casa d'altri, con l'11,80% di oggi (sempre nella circoscrizione Lazio 1), davvero rilevante se messo a confronto con lo 0,12% del 2013. 

Insomma, un successo innegabile, che si replica anche alle regionali, dove la coalizione di centrodestra ha perso contro Zingaretti in un testa a testa all'ultimo voto, ma dove la Lega (che non correva per il Lazio nel 2013) è riuscita a far eleggere nella provincia di Roma tre consiglieri, prendendo più voti (164.821) di Fratelli d'Italia (163.643). Un successo innegabile, già, ma da attribuire all'effetto traino delle nazionali e alla forza indiscussa del leader del Carroccio, più che alla politica sul territorio portata avanti da un partito quasi neonato su Roma.  

Vale il contrario invece per i "patrioti" di Fratelli d'Italia, che non avendo potuto contare sulla forza dei vertici nè sul carisma del leader, si sono guadagnati il consenso sul campo. E' il lavoro dei politici attivi da anni sul territorio, nei municipi, ad aver garantito un risultato comunque soddisfacente. E' grazie alle preferenze dei suoi che Meloni può non parlare di disfatta. E anche qui, ci sono i numeri: 12289 preferenze per Fabrizio Ghera (consigliere comunale) primo degli eletti, 11018 per Giancarlo Righini (consigliere regionale uscente), 10.895 per Chiara Colosimo, in tandem con Ghera.

Una valanga di voti arrivati da elettori che hanno potuto valutare e constatare il lavoro svolto a contatto diretto con i romani. Mentre se andiamo a vedere i consensi personali raccolti dagli eletti leghisti abbiamo Daniele Giannini (ex minisindaco del XV), primo in lista, con 4.346 preferenze: meno della metà del primo dei non eletti in Fratelli d'Italia Paolo Della Rocca, rimasto fuori con ben 10.741 voti, e molto al di sotto delle 8375 preferenze di Fabrizio Santori, delle 7822 di Flavia Cerquoni, delle 5788 di Giovanni Quarzo e ancora delle 5.402 di Micol Grasselli. Tutti non eletti.

E allora è tempo di bilanci e di inevitabili j'accuse rivolti ai vertici. Dal partito c'è chi si sfoga: "Siamo praticamente morti. La Meloni che ha fatto in questa campagna elettorale? Niente, subisce Fabio Rampelli, troppo impegnato a pensare a giochetti di corrente che hanno penalizzato candidati forti sul territorio". Il dito è puntato contro la pessima gestione della campagna elettorale. Colpa dei numeri che parlano da soli: "La Lega vale più di noi".

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