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Redazione

Sinistra a Roma, abbiamo scherzato?

All’indomani del precedente intervento sulla lista unitaria della sinistra a Roma le reazioni non si sono fatte attendere. C’è chi ha chiamato per “informarsi meglio” su quanto espresso, chi ha fatto sapere che dell’articolo si stava discutendo, chi l’ha trovata una “linea un po’ dura”; chi sta seguendo altre strade, lavorando sui numeri per interpretare il risultato dei gazebo. Tutto legittimo.

Per carattere, chi scrive tende spesso a interrogarsi sulle parole pubblicate, chiedendosi se potevano essere migliori; per esperienza, al contempo, tende altrettanto ad aspettare che il tempo indichi le direzioni di marcia e quel che sta avvenendo. A qualche giorno di distanza, quanto espresso innanzitutto dall'analisi post primarie del direttore Matteo Scarlino e poi nell'articolo sulla "suonata di gong" per le forze della sinistra romana, sembra in effetti confermato.

Provo a descrivere meglio, o forse a ripetere, quanto già provato a spiegare; perché non si trattava di una posizione, ma di una mera analisi, riassumibile così: in questo momento e con questa alchimia di forze il Partito Democratico, azionista di maggioranza della coalizione, non ha bisogno di una lista di copertura a sinistra.

Ci sono infatti i Verdi che potranno darsi una colorata di rosso e fungere da pilastro ecosocialista della coalizione; c’è Demos che solo chi non conosce Paolo Ciani può ritenere una lista “di cattolici centristi”; ci sono i Giovani Democratici e c’è il Partito Democratico stesso che, forte del risultato di Roberto Gualtieri, potrà presentarsi come lista autorevole di forte profilo socialdemocratico. Insomma: la lista unitaria della sinistra sembra servire alla sinistra, se vuole. Sennò, bene uguale.

Quel che si profila, oggi, è la “cosa rossa” di Sinistra Italiana, Articolo 1, forse Stefano Fassina, che sta lanciando il suo ciclo di iniziative sulla città; poi “la cosa civica” di Liberare Roma; poi, la “cosa nuova” di Giovanni Caudo. Parallele e non dialoganti. Non sono speculazioni e nemmeno “proposte”: sono banali letture degli stati Facebook seminati qui e lì dagli esponenti politici capitolini. 

C’è, dicevamo, Giovanni Caudo, che ha correttamente detto: l’iniziativa della lista unitaria spetta a noi, siamo arrivati secondi alle primarie e ci possiamo fare interpreti di una sinistra “totalmente nuova”. Ciò è sostenibile: ma c'è il rischio che i partiti e le liste tradizionali, senza una garanzia riguardo al riconoscimento del proprio ruolo e peso, non si siederanno al tavolo.

Anche questa asserzione, scritta nel precedente intervento, è stata questionata; ribadisco invece quanto penso, ovvero che rivendicare peso, ruolo e rappresentanza è assolutamente giusto, legittimo e fisiologico. Solo che se diventa un punto di inciampo insuperabile, semplicemente, non si fa niente: che mentre si scrive, 24 giugno, è quanto sta avvenendo.

Le strade, oggi come ieri, appaiono due: quella già proposta su RomaToday coinvolge un tavolo nazionale con i maggiorenti della sinistra, che delimiti pesi, metodi e sentieri. O c’è la via“dal basso” di Giovanni Caudo, che però implica un riconoscimento del suo ruolo come guida della sinistra, il che non pare avviato ad accadere perché sono altri che rivendicano l’iniziativa.

Quel che si intravede succedere, dunque, è quanto una fonte di buon livello nella coalizione di centrosinistra ha detto a questo giornale, a microfoni spenti: la divisione dell’area radicale fa comodo al PD perché così sono i dem a scegliere, fior da fiore, con chi dialogare, chi legittimare, chi lasciare a terra.

Una muscolare prova di autoaccreditamento, insomma, una primaria-nella-primaria, per ritagliarsi un posto al sole all’ombra dell’ex titolare del MEF. Se così fosse, sarebbe però al contempo una strada ben poco lusinghiera per la storia della sinistra capitolina, ben poco interessante per gli elettori e, soprattutto, senza alcuna garanzia di successo.

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