Sapienza (Radicali Roma): “Calenda è liberale solo in economia, persino a destra alcune posizioni migliori”
Colloquio con l’esponente radicale che si candida con Giovanni Caudo: “Il tempo ci darà ragione, Atac è fallita e il concordato non funziona. La messa a bando garantirebbe l'occupazione”
Una nota diffusa il 23 agosto annuncia che Simone Sapienza, già segretario dei Radicali di Roma, sarà il candidato radicale nella lista promossa da Giovanni Caudo, Roma Futura, in sostegno di Roberto Gualtieri. Sapienza era già stato visto e aveva parlato all’evento di lancio di RF a Largo Venue. Ma +Europa, ultimo esperimento politico di Emma Bonino, sostiene invece Carlo Calenda. Fra i complicati movimenti della galassia radicale e la messa a bando del servizio di mobilità attualmente gestito da Atac, l’abbiamo sentito al telefono.
Sapienza, i Radicali Roma sono nel progetto di Giovanni Caudo. Più Europa sostiene Carlo Calenda. Cosa succede? Ci spieghi.
I Radicali Roma sono uno dei soggetti promotori di Roma Futura. +Europa ha invece deciso di perseguire l’obiettivo, la chiamano, dell’unificazione dei liberali e su questo appoggia Carlo Calenda. Ma per me essere liberale non significa essere liberali solo in economia, significa combattere per i diritti e per la garanzia delle libertà fondamentali. Calenda ha detto che il referendum sull’eutanasia è irricevibile ma è venuto a firmare come fosse una photo opportunity a firme ormai raggiunte. Su fecondazione assistita, gestazione per altri, riduzione del danno riguardo le tossicodipendenze, identità di genere, diritti dei detenuti, immigrazione e accoglienza, temi non più eludibili per definire un’identità politica, ha idee persino meno progressiste di alcuni di destra. Sulla sicurezza ha ricette law and order basate su Daspo urbani dove la cultura e la socialità sono orpelli e non un elemento fondamentale, da cui dipende la sicurezza della notte e delle strade. Noi siamo Radicali e liberali e portiamo avanti proposte opposte, che lui non ha voluto ascoltare. A Calenda manca sempre un pezzo del liberalismo, quel pezzo che noi abbiamo ritrovato con i compagni di lotta che sono in Roma Futura, da Possibile a Volt a Pop di Marta Bonafoni, a Green Italia di Rossella Muroni.
Perché allora il progetto di Roberto Gualtieri è meglio di quello di Carlo Calenda?
Credo che siamo in un momento molto delicato e non possiamo pensare di affrontare questa fase con un voto di protesta o alimentando strategie divisive. Certamente noi non avremmo voluto l’esito di questa doppia candidatura Calenda – Gualtieri; la responsabilità qui sta nei ritardi del Partito Democratico e nell’ego di Calenda. Questo balletto ha indebolito una candidatura autorevole come quella di Gualtieri e ci fa presentare divisi. Detto questo, Calenda in tutti questi mesi non ha mai fatto una proposta di sistema per migliorare la democrazia; noi Radicali siamo invece affezionati a soluzioni fatte di regole, non personali. In questo caso abbiamo proposto ad esempio di istituzionalizzare le primarie, con tempi certi, regole chiare, cioè che i partiti si adattino alle primarie e non viceversa.
Le contraddizioni sono anche altrove. Voi siete quelli del Referendum per la messa a gara del servizio di Atac. Dal microfono di Largo Venue si sentiva dire che “a Roma serve più pubblico”. Come si scioglie qui?
La proposta Roma Futura è alternativa a tutto quello che abbiamo visto in passato, è la lista che non c'era. Caudo conosce la ricchezza di Roma. I libri li scrive, non li legge tre mesi prima della campagna elettorale. In quell'evento a Largo Venue, ha risposto a Fassina che questa non è una città neoliberista o thatcheriana ma tutt'al più un "protettorato medievale" e la sinistra oggi dovrebbe prendersi la bandiera dell'innovazione e del rapporto pubblico-privato, perché la città è pubblica ma la fanno i privati e funziona se chi la governa sa riconquistare la capacità di pianificare. Su Atac mi basta dire che nessuno schieramento, da destra a sinistra, neanche Calenda, in questa campagna elettorale si è detto a favore della messa a gara per il servizio pubblico di Atac. Calenda firmò ma da candidato ha la stessa opinione del PD, della Raggi e della destra. Atac rimane un moloch che in campagna elettorale garantisce tante preferenze e così viene tutelato. Ma Giovanni Caudo è stato l’unico presidente di Municipio che si è mobilitato sul referendum; in III Municipio si sono organizzati dei dibattiti e Caudo è stato l’unico esponente politico ad essere in piazza con noi per chiedere che il consiglio comunale discutesse gli esiti del referendum. Invitammo Calenda, che non venne; Giovanni Caudo venne. Non siamo d’accordo con Caudo forse politicamente ma sulla rilevanza del tema e la necessità di un dibattito vero, post ideologico, lui ci dà ragione. Per il resto, credo che il tempo sarà galantuomo e dovremo fare in ritardo quello che noi proponevamo con il referendum, ovvero la messa a gara.
Il tema in effetti si ripresenterà e non credo che Roberto Gualtieri sia a favore della messa a gara del servizio pubblico
Sfortunatamente tutti si troveranno davanti al fallimento del concordato. Atac è una società fallita che sta svendendo il proprio patrimonio immobiliare, come il deposito di piazza Ragusa, per pochi soldi, fra l’altro ininfluenti per pagare i creditori. Questo dovrebbe rendere evidente per tutti il tema di una situazione ormai controproducente. Il bene comune è il trasporto pubblico e il patrimonio immobiliare, Atac invece è una SPA che per pagare i debiti riduce autobus e linee. La messa a gara garantirebbe i diritti dei lavoratori e dell’occupazione: qualunque contratto lo esigerebbe ed è davvero l’ultimo dei problemi. A rimetterci intanto sono le persone, soprattutto quelli che vengono dalla periferia. Mia madre è di Torre Maura, mio padre di Ciampino e so bene cosa significa doversi affidare ad Atac. Quattrocentomila cittadini hanno votato al referendum, la gran parte di loro ha votato sì e per nessun partito questo è stato un elemento di riflessione, come se i sindacati di Atac contassero più dei cittadini romani.
Roma Radicale come sarà?
Dobbiamo partire dal presupposto che questa deve essere una consiliatura costituente. Devono essere assolutamente dati maggiori poteri di bilancio e politico ai municipi. Questa città è talmente grande per essere governata solo dal centro e i municipi sono delle piccole città stato ancora senza poteri, troppo difficili da amministrare. Il Campidoglio dovrebbe essere vicino al cittadino e invece, così, non c’è mai. La politica di prossimità è la chiave: se i quartieri vivono la città funziona. Prendiamo il tema droga. Roma è diventa in questi anni la Capitale dello spaccio che gestisce “occupazione e welfare” capillare. Occorrono politiche antiproibizioniste adottate in altre metropoli che puntino sulle opportunità di emancipazione economica capaci di rigenerare i quartieri più colpiti dalle piazza di spaccio, rendendole capaci di attrarre e trattenere energie pulite. Una di queste ce la suggerisce la stessa Commissione europea con la creazione di no-tax-zone, con zero tasse per piccole e medie imprese di prossimità che fanno vivere i quartieri. Questo è uno dei motivi per cui scegliamo Roma Futura, che esprime questa sensibilità: parliamo di una lista che ha messo insieme reti sociali vive che hanno retto nei quartieri durante la pandemia, creando servizi e dimostrando che c’è voglia di custodire gli spazi e di autorganizzarsi. Tutto questo mondo non ha voluto stare con la sinistra tradizionale che negli ultimi anni, evidentemente, non c’è stata nei quartieri.
Con chi andrà in coppia?
Sarò l’unico candidato consigliere comunale radicale per Radicali Roma, ma il mio compito è aggregare vissuti e battaglie comuni di questi anni, oltre le identità politiche. Ci sono diverse donne che annunceremo e che appartengono a mondi diversi, dai servizi sociali di prossimità, ai collettivi LGBTQ+, alle militanti femministe che hanno lottato per il diritto ad un aborto civile che ancora oggi non è garantito in questa città, poi un’esponente del mondo federalista europeo e una insegnante attiva nelle politiche scolastiche.