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Elezioni Comunali Roma 2021

Le periferie restano a casa e abbandonano i partiti: M5s e Lega evaporano, Pd e Calenda non convincono

Astensionismo oltre il 50%, dopo l’exploit grillino del 2016 e quello leghista alle europee di due anni fa antipolitica e populismo non conquistano più. Gualtieri eguaglia Giachetti, Calenda agli estremi della città ha poco appeal

Le periferie di Roma restano a casa e fanno registrare un astensionismo superiore al 50%. Vale a dire che da Tor Bella Monaca (affluenza al 42%) a Ostia (46.79%) fino all’estremo di Roma nord (45,5%) più di un elettore su due non è andato a votare. I partiti tradizionali non sono riusciti ad intercettare i voti, e quindi a convincere con una proposta concreta per il futuro, quei romani che vivono nei territori più periferici e che alle alle amministrative del 2016 avevano creduto nella riscossa promessa dal M5s. Quello di lotta che si apprestava a governare Roma a furor di popolo. 

In periferia svaniscono M5s e Lega

La “sindaca delle periferie”, così si era autoproclamata Raggi, è stata bocciata proprio dalle periferie. Dimezzati i voti del M5s a San Basilio e a Tor Bella Monaca, ridotti di un terzo quelli a Ostia. (qui tutti i dati). L’antipolitica non convince più, così come il populismo. Le periferie di Roma hanno voltato le spalle anche alla Lega che dalle europee del 2019, quando si impose come il secondo partito in città, ha perso circa 225mila voti crollando al quinto posto. Il partito di Matteo Salvini esce dalle urne con venti punti percentuali in meno e non conferma il successo nemmeno nei “fortini” di Ostia, Torri e Roma nord. 

Il Pd non convince le periferie: Gualtieri come Giachetti nel 2016

Ma le periferie romane, nonostante promesse e tappe elettorali, non hanno premiato nessuno. Hanno scelto di rimanere a casa. Il candidato del centrosinistra, Roberto Gualtieri, che il 17 e 18 ottobre andrà al ballottaggio con Enrico Michetti del centrodestra, ottiene sostanzialmente lo stesso identico risultato di chi lo ha preceduto nel 2016: ossia Roberto Giachetti. Nessun balzo in avanti per i dem che nei territori del IV, V, VI, X, XIII, XIV e XV Municipio - quelli agli estremi della città - contano i soliti voti, quelli di appartenenza. Le percentuali ottenute non cambiano: in IV per il Pd fu 16,93% nel 2016, è stato il 16,87% nell’ultima consultazione. In V il 15,87% cinque anni fa, 15,44% oggi. Fermo a circa il 16% in XIV. Addirittura in calo in XIII, dal 18% al 15,83%, e in XV, dove passa dal 17,33% di cinque anni fa al 13,69% di oggi. Terzo partito di Roma nord. 

Migliora, seppur di poco, il risultato nel VI: dall’11,49% del 2016 al 13,05% dello scorso week end. Un plus guadagnato anche grazie allo scarso appeal nelle Torri per la lista di Calenda sindaco che, pur primo partito a Roma, nel territorio di Tor Bella Monaca raccoglie appena l’8,75%. 

Calenda bene in centro, meno in periferia

E se l’affermazione di Calenda è netta in particolare al centro della città (nel I municipio lista al 28%, candidato al 30; nel II candidato al 36 e lista al 33%; nel III lista al 20%), anche la novità politica di queste elezioni non conquista le periferie. In V, VI e X il leader di Azione che ha imbarcato i renziani resta sotto la soglia cittadina: rispettivamente al 12,84%, all’8,75% e 13,67%. Convince più in XIII, XIV e XV che però si estendono anche in zone centrali come Aurelio e San Pietro, Balduina, Ponte Milvio, Vigna Clara e Fleming. 

Elezioni comunali: le periferie restano a casa

Sono tutti in periferia, oltre che tra gli elettori di Calenda e Raggi, i voti da conquistare al ballottaggio per chi aspira a prendersi il Campidoglio. Ma prima c’è da scardinare l’astensionismo risvegliando le periferie di Roma, dormienti e astenute dopo anni di promesse rimaste tali. Senza nessuno che sia riuscito a convincerle o a rappresentarle. 
 

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