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Giovedì, 25 Aprile 2024
Elezioni Comunali Roma 2021

La Roma di Enrico Michetti

Avvocato, professore universitario, è il candidato sindaco di centrodestra. Monteverdino, vive nella stessa strada dove è cresciuto negli anni '60, quando "a via dei Colli Portuensi c'erano le pecore"

Con "La Roma di..." da febbraio stiamo proponendo interviste a personaggi famosi con cui raccontare il rapporto con la città eterna. In questi mesi di campagna elettorale abbiamo coinvolto anche i candidati sindaco. Nel nostro racconto di Roma attraverso gli occhi e le voci dei suoi protagonisti facciamo tappa al comitato elettorale di Enrico Michetti, candidato sindaco di centrodestra nella corsa al Campidoglio. "Onorato di potersi mettere al servizio della cittadinanza", l'avvocato - professore universitario di Diritto degli Enti Locali - è concentratissimo su questa campagna elettorale, che non solo scandisce ogni minuto delle sue giornate, facendogli conoscere davvero a fondo questa città, ma gli sta anche dando la possibilità di vivere a pieno la sua grande passione per la politica, che durante l'intervista pervade quasi ogni sua risposta.

Nato sulla Cassia, all'età di un anno si trasferisce con i genitori - abruzzesi - a Monteverde e ancora oggi vive nella stessa strada dove è cresciuto negli anni '60, quando "a via dei Colli Portuensi c'erano le pecore". Nella palazzina di quel quartiere in costruzione "non ce n'era uno di romano", tra vicini umbri e ciociari "ci si aiutava, si stava insieme" e "la mamma di uno era la mamma di tutti". La signora Emma li accompagnava a scuola perché gli altri genitori lavoravano, al mare invece, le domeniche d'estate, si andava con l'unico che nel condominio aveva la macchina, "una Primula color Coca Cola. Il portapacchi era una cosa invereconda". La nostalgia per la Roma di una volta, il desiderio di vederla ritornare attrattiva, il tifo per la Lazio - "Enrico, non il sindaco" - e l'indecisione tra amatriciana e carbonara. Sul posto del cuore invece non ha dubbi, il Gianicolo, "luogo dei primi amori" e dove andrebbe a festeggiare se vincesse le elezioni.

Una campagna elettorale in piena estate. Vacanze romane quest'anno?
"Ho fatto vacanze romane tranne qualche giorno in montagna. Sono concentrato totalmente su questa campagna elettorale meravigliosa e non mi è pesato affatto. La cosa più entusiasmante è il contatto umano, è straordinario. Edificante. Si crea quel canale osmotico tra te e la persona, ti vorrebbe raccontare tutta la sua vita quando ti incontra".

E' tra quelli che amano Roma ad agosto?
"Roma ad agosto si svuota e la si può godere anche in solitudine. Il rapporto con i monumenti millenari, con i tramonti, con quell'atmosfera unica che questa città magica riesce a trasmetterti, diventa qualcosa che puoi palpare. Ne riesci finalmente a godere materialmente. Agosto a Roma è un mese molto bello. La seconda quindicina. Prima la città si svuotava fin dai primi del mese, adesso da ferragosto in poi è il momento migliore".

L'idea di diventare sindaco della sua città è più un onere o un onore?
"E' un grande onore. Per uno che ama Roma, ama la sua storia, si sente profondamente orgoglioso di essere romano, è il più grande onore che possa capitare. Essere sindaco di Roma non sarebbe mai un peso. Una grande responsabilità, ma mai un peso".

Anche gli altri candidati sono romani. Sembra quasi una conditio sine qua non.
"E' bello che tutti i candidati siano romani. Questo significa che si è anche espressione nativa di un territorio. Siamo nati qui, facciamo parte della stessa comunità. In questo siamo colleghi, non li considero avversari. Ho un approccio di collaborazione e assoluto rispetto".

Dove è nato?
"Appena nato vivevo sulla Cassia. Quando avevo un anno ci siamo trasferiti a Monteverde e da allora non mi sono mai spostato dalla strada in cui sono cresciuto. Ho sempre vissuto lì, vicino via dei Colli Portuensi, anche adesso".

Monteverdino doc.
"Da bambino era un quartiere in costruzione. La strada della casa in cui abitavo non era asfaltata. Giocavamo sulla terra e poi abbiamo iniziato a giocare sull'asfalto, che non era proprio la stessa cosa. Nella nostra palazzina non ce n'era uno di romano. I miei genitori erano di origine abbruzzese, quelli del piano di sotto erano umbri, quelli del piano di sopra ciociari. Persone che con tanti sacrifici, tante cambiali, erano riuscite a farsi una casa. Si viveva tutti insieme, c'era grande umanità. Ci si aiutava. La mamma di uno era la mamma di tutti".

Quando i condomini erano una grande famiglia...
"La mattina a scuola ci portava sempre la signora Emma, perchè a quell'ora tutte le altre mamme lavoravano. Sopra piazza Scotti, alla salita di via Palasciano, c'era un crocifisso: prima di entrare ci si fermava lì, si faceva la preghiera, il segno della croce e poi si andava. Ci veniva anche a riprendere. Una volta non la vidi e tornai a casa da solo. Mia madre non si accorse di nulla fino a quando non arrivò la signora Emma in lacrime perché ero sparito. Quanta nostalgia per quel passato. Anche se ripenso alle domeniche d'estate...".

Al mare?
"Nel palazzo la macchina ce l'aveva solo uno, una Primula color coca cola. Al mare si andava tutti con quella, il portapacchi era una cosa invereconda: tavolini, sedie, di tutto".

Andavate a Ostia?
"Qualche volta a Ostia, spesso a Fiumicino perché era più vicino. Si faceva tutta la Portuense. Ci prendevamo delle insolazioni tremende, mica c'erano le creme. Bei tempi. Quella Roma mi manca".

Che Roma era?
"Una Roma solidale. Era il problema che creava il contatto e l'amicizia. C'era il mutuo soccorso. Vivevamo in mezzo alla strada, giocavamo nei cortili e c'era un forte rispetto per le istituzioni. Bastava un vigile robusto con la voce un po' severa e con un piccolo cenno riportava tutti all'ordine. Roma era dove potevi trovare un futuro e garantirlo alla tua famiglia. La città è riuscita ad assorbire anche le borgate, le baracche. Quando si parla di cattiva amministrazione bisogna fare attenzione, perché l'amministrazione degli anni '50 e '60 è riuscita a fare in modo che la gente avesse un'occupazione, quindi dignità, e poi che quelle persone avessero un alloggio e uscissero da quelle realtà degradate. La città aveva risposto a queste esigenze e si era aperta per dare speranza ai cittadini. Mamma Roma".

Che rapporto ha con il suo quartiere?
"E' casa. Conosco dal barista all'edicolante, il panettiere che lavora lì da settant'anni con il compito di sfamare le generazioni che si susseguono. Lui dice 'io li alimento'. Sceglie con attenzione la mortadella, le farine, la prende come una missione. Pensi che era andato in pensione, ritornato nel suo paesino vicino Norcia, dopo tre mesi è voluto tornare a lavorare. A Monteverde ci sono cresciuto, l'ho vissuto molto fino agli anni dell'università: avevo la comitiva, gli amici, frequentavo la parrocchia. Da quando ho iniziato a lavorare l'ho vissuto meno ma è sempre il mio quartiere".

Si sposta in macchina?
"Ho una Smart, giro con quella. Quando stai in macchina inizia un'altra vita, accendi la radio e via. Non sono uno che si arrabbia alla guida".

Ci sono zone che ha scoperto soltanto in questi mesi?
"Roma è vastissima, ci sono zone che senz'altro non avevo mai visto, specialmente dell'area suburbana o più periferica. Quello che ho scoperto davvero, però, è che il rapporto umano prescinde dalla zona. Il romano è portato all'affetto, è empatico, schietto. E' come piace a me. Io sento di essere profondamente romano".

La differenza tra Roma nord e Roma sud quindi non la vede?
"Ma no, al centro c'è sempre l'essere umano. Il cittadino è un essere umano. Ha la sua sfrontatezza ma anche la sua debolezza. Quando l'accogli con il sorriso, una buona parola, con l'attenzione verso quello che si può fare, è sempre ben disposto. Io ovunque sono andato ho trovato un ambiente accogliente, anche dove mi hanno segnalato delle criticità significative".

In lei c'è un forte senso di appartenenza a questa città. Cosa la rende più orgoglioso di essere romano?
"Roma ha una storia millenaria, nessun'altra città è così. E' capitale eterna. Per 2700 anni è stata sempre al centro della storia del Pianeta, quindi anche luogo di memoria e di cultura. Una larghissima parte del patrimonio artistico e monumentale del mondo è situato a Roma. E poi è anche la patria del diritto".

Di cosa invece vorrebbe essere fiero?
"Vorrei che Roma tornasse ad essere una città attrattiva e che ottenesse quel riconoscimento internazionale e quella reputazione che ha un pochino perso. Soprattutto mi piacerebbe se potesse offrire tanto lavoro. L'altro giorno una persona mi ha detto 'la metà delle persone della mia classe è andata a vivere all'estero'. Enrico Mattei, il giorno prima di morire, andò in Sicilia e disse di richiamare i migranti perché era arrivato il lavoro. Sull'esempio di Mattei, mi piacerebbe offrire opportunità. La cosa più importante per un sindaco è creare occasioni di lavoro".

A Roma ce ne sono sempre meno?
"Si sta spegnendo per questo. Non rappresenta più un sogno, come invece lo è stato per i tanti fuori regione che sono venuti a vivere qui negli anni".

Eppure le risorse non mancano...
"Il lavoro può venir fuori da un approccio organizzato del turismo. Deve esserci la possibilità di esaltare il brand di Roma, la possibilità di rivitalizzare il terziario, la possibilità che questa città diventi luogo di grandissimi eventi nazionali e internazionali, la possibilità di generare lavoro attraverso le opere pubbliche, attraverso i servizi".

Da avvocato, cosa è indifendibile di Roma?
"Bisogna toglierci dalla mente che Roma ha più disastri di altre città. I disastri esistono ovunque, ma tutto è recuperabile. Bisogna mettersi all'opera per lavorare sulle procedure amministrative che consentano alla visione della città di potersi tradurre in quei provvedimenti che la realizzano. Come amministrativista il mio compito sarà tradurre la visione in provvedimento amministrativo. La grande fortuna è che avendo scritto le delibere per gli amminitratori e le determine per i funzionari, gli atti non me li dovrà scrivere il capo di gabinetto. Me li scrivo io. E soprattutto penso di saperli leggere".

I romani dicono che Roma è ingovernabile...
"Roma è governabilissima. Se la burocrazia esiste, ed è una buona burocrazia, la norma è sempre a tutela di qualcosa. La norma non deve far paura, è la corretta applicazione della norma che richiede competenza. Non è che se non c'è la competenza diventa cattiva la norma, perché tu non riesci ad applicarla. Roma è governabile. Certo la politica è più difficile della fisica, diceva Einstein. In politica serve competenza e collaborazione. Sa perché a Milano si fanno le cose, rispetto a Roma?".

Perché hanno politici migliori?
"Sala, l'attuale sindaco, di segno opposto rispetto alla Moratti, lavorava in equipe con lei. Poi è diventato sindaco, ma la Regione e il Comune collaborano. Sono una cosa sola. Questa è la differenza. I sindaci di centrosinistra e di centrodestra non hanno cambiato la continuità degli atti amministrativi, ma hanno lavorato tutti per Milano. E così la Regione e così lo Stato. Allora quando Comune, Regione e Stato collaborano si superano anche le criticità. Le cose si fanno più velocemente quando c'è comunione d'intenti, ecco perché portare pacificazione è la cosa più importante".

Dalla politica al calcio. Roma o Lazio?
"Il sindaco non può e non deve essere tifoso, deve mettere al centro solo l'amministrazione della città. Enrico è della Lazio. Simonetta Matone, invece, la mia prosindaca, è tifosissima della Roma. Tifosissima".

Parliamo di passioni culinarie, che mettono tutti d'accordo. Come se la cava ai fornelli con la cucina romana?
"Ai fornelli sono un disastro. Cerco di aiutare a casa, ma mi dicono 'lascia stare e mettite a tavola'. Il massimo che posso fare è andare a fare la spesa, che poi non essendo preparato prendo pure qualche fregatura. Però mi piace tanto mangiare. Sono un pessimo cuoco ma un ottimo buongustaio".

Trattoria o ristorante?
"Non faccio differenze, dipende da cosa mi va e da che propongono gli amici. A Roma si mangia bene ovunque, anche fuoriporta, nelle osterie. A me piace vivere la romanità".

E la romanità è anche a tavola...
"Certo, fa parte del brand. Dobbiamo portare la cucina di Roma in tutto il mondo".

Il piatto preferito?
"Ce ne ho diversi. Carbonara e amatriciana sono imbattibili. Tutte e due. Però anche l'abbacchio allo scottadito, i carciofi alla romana".

Il luogo del cuore?
"Il Gianicolo. Da Monteverde quando andavamo al Gianicolo ti affacciavi su Roma. Dove sono cresciuto io c'erano le pecore. Ho questa immagine, fine anni '60, a via dei Colli Portuensi c'erano le pecore. Roma era tutta dall'altra parte e la vedevi dal Gianicolo. E poi era il luogo dei primi amori. Soprattutto quando conoscevi le ragazze straniere, dove vuoi che le portavi? Al Gianicolo. Come dice la canzone, 'damme 'na mano a faje dì de sì'".

E' lì che andrà a festeggiare se vince le elezioni?
"Per rispetto civico non mi posso buttare nel fontanone, però festeggio lì. Anzi, festeggerei lì. Incrociamo le dita".


 

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