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Elezioni Comunali Roma 2021

Elezioni Roma, la partita di Ubaldo Righetti: "Con Gualtieri lo sport è al centro: voglio un playground in ogni quartiere"

L'ex difensore della Roma Campione d'Italia nel 1983 è il numero 2 della lista Pd alle Comunali. Il 3 maggio ha subito un doppio infarto: "Ma la mia vita non è cambiata. Ho deciso di uscire dalla comfort zone"

Dal ricovero in ospedale alla frenetica campagna elettorale come numero 2 della lista Pd in appoggio a Gualtieri, Ubaldo Righetti in meno di tre mesi ha ripreso la vita a piene mani, con prepotenza, quasi come nulla fosse successo: “E in effetti per me non è cambiato nulla, ho ripreso la mia vita di sempre”. Il 3 maggio scorso l’ex calciatore della Roma, 58 anni, Campione d’Italia nell’ 82/83, è stato colpito da un doppio infarto. Il primo mentre giocava a padel con gli amici, il secondo subito dopo il ricovero. 

A fine agosto è stata ufficializzata la sua candidatura nelle fila democratiche, terzo ex calciatore a scendere in campo (politico) in questa tornata di amministrative dopo l’altro ex giallorosso Antonio Di Carlo e l’ex biancoceleste Angelo Gregucci, entrambi al fianco di Enrico Michetti.

Righetti, perché ha deciso di impegnarsi in politica?

Per uscire dalla mia zona di comfort. Potevo starmene tranquillo, proseguire la mia vita normale, occuparmi di sport per conto mio senza metterci la faccia in prima persona. Ma quando Gualtieri mi ha chiamato ho capito che lo sport era al centro del suo programma e così ho voluto mettermi in gioco, occupandomi delle necessità degli altri. Gualtieri è una persona di grande sensibilità e la situazione di Roma oggi è sotto gli occhi di tutti.

Come si cambia Roma tramite lo sport?

Lo sport è benessere, se si incrementa la possibilità di attività fisica per tutte e tutti in ogni quartiere della città, si migliora la vita delle persone. Non possiamo continuare a ragionare su Roma come fosse solo il suo centro, ma la periferia è un nodo importante e fondamentale, dove vivono centinaia di migliaia di persone. Lavorare lì è fondamentale, di primario intervento. Nella città dei 15 minuti di cui parla Gualtieri c’è anche questo, ovvero la possibilità di raggiungere aree attrezzate e centri sportivi a piedi, sia se si sta a casa sia se si sfrutta una pausa dal lavoro. Non è più possibile che i cittadini romani debbano farsi il traffico dopo ore di lavoro a fine giornata per andare in palestra. 

Gualtieri nel suo programma cita 100 aree per l’atletica e lo sport di base: è la strada giusta?

Assolutamente sì. È proprio quello che esprimevo prima, la necessità di uno sport di base diffuso, accessibile. Se i giovani (e non solo) avranno la possibilità di rimanere nel quartiere in cui vivono per fare sport, allora lo vivranno a pieno. Non andranno altrove e ancor meglio non passeranno le giornate al bar o chiusi in casa. Anche attraverso questo passa la riqualificazione dei quartieri periferici: i cittadini stessi sono la chiave per il recupero delle aree urbane. Durante la pandemia il 48% dei giovani ha abbandonato lo sport, è un dato enorme e bisogna lavorarci. 

Lei vive a Roma Nord, non distante dal Flaminio e dal Palatiziano: come si possono recuperare due strutture che da anni sono abbandonate?

Mi metto nei panni di chi esce la mattina e vede il degrado dello stadio Flaminio, con l’abbandono che ha intorno. Che spettacolo è? Potrebbe essere un impianto bellissimo, importante per tutto lo sport romano e italiano, ma da dieci anni è lasciato a sé stesso. Non è accettabile. Bisogna metterci la volontà, snellire la burocrazia e ridare questo impianto alla città. Lo vuole la Lazio? Si aprisse un tavolo per parlarne e poi si vede, che sia gestito da un singolo privato o da più soggetti insieme l’importante è che si smuovano le cose. Quando si perde tempo si ferma il motore dello sport professionistico, dilettantistico e ludico. Fermare lo sport significa fermare la crescita mentale della società. Lo stesso discorso vale per il Palatiziano, che adesso sembra verrà riqualificato ma dopo va mantenuto e soprattutto ci vanno messe dentro le società sportive, o sarà inutile. 

A proposito di perdita di tempo: lei era un giocatore della Roma quando il compianto presidente Viola provò a costruirlo alla Magliana, senza successo. Sono passati 40 anni, la Roma non ha ancora il suo stadio.

Questo è un tema fondamentale. Quando arriva qualcuno che vuole investire sul territorio e riqualificare delle periferie con la realizzazione di un importante impianto sportivo, bisogna agevolarlo. Tutte le città europee lo hanno fatto, è così che attiri gli investimenti. Il problema dello stadio non deve essere evitato, va affrontato. Rimandando il discorso si ostacola lo sviluppo e si crea un danno. Lo stadio di proprietà non sarebbe solo a favore di un interesse privato, ma anche della collettività per l’indotto economico, i posti di lavoro e la fruizione finale di un evento sportivo. Bisogna andare oltre gli annunci.

Tra le tappe della sua campagna elettorale c’è anche Campo Testaccio: cosa si può fare per farlo tornare fruibile?

Va valorizzato. Ha una storia infinita, dev’essere attivo e utilizzabile, ma anche un’attrazione per chi viene da fuori. Campo Testaccio è un monumento, andrebbe inserito nei siti da visitare, ma rimanere comunque attivo e fruibile. 

Dopo un doppio infarto chiunque si sarebbe preso del tempo e avrebbe cambiato stile di vita. Lei no, perché?

Perché la mia vita andava bene anche prima. Ho sempre fatto sport e uno stile equilibrato, continuerò a farlo. Se non fossi stato uno sportivo, forse non mi sarei salvato. Ho un fisico che ha reagito bene, anche se una parte importante l’hanno svolta anche i medici. 

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