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Filippo Rossi (Buona Destra): "Siamo di destra e scegliamo Carlo Calenda"

"In tutta Italia il centrodestra non individua candidati politici, è indice di fuga dalle responsabilità", spiega l'intellettuale della destra, già collaboratore di Gianfranco Fini.

“Scegliamo Carlo Calenda, da destra”: Filippo Rossi dello schieramento conservatore è vecchio conoscitore. Viterbese di origine, già cronista del Tempo e poi direttore delle news di Radio 101, portavoce di Claudio Scajola nei suoi anni da ministro, lo si ricorda come fondatore di FareFuturo, il “pensatoio” dell’esperimento di Gianfranco Fini “Futuro e Libertà”. Dopo la chiusura di quell’esperienza è tornato in Tuscia dove ha animato per anni il festival Caffeina. Oggi si riaffaccia nell’agone politico con una nuova sigla, La Buona Destra: “Rispetto a partiti più strutturati siamo un girino, un partito nascente. Faremo la costituente a Roma a novembre, cresciamo con pacatezza, senza frenesia, oggi abbiamo 150 comitati in Italia e più di 5mila iscritti. Siamo un partito di destra europea, liberale, come ne esistono in tutta Europa. I nostri fratelli diretti potrebbero essere i gollisti francesi di Les Republicains, esponenti di una destra vera, continentale, nazionale che non è alleata con gli estremisti ma che li combatte, come succede anche in Germania. Questa componente qui in Italia non esiste, tutti hanno fatto la scelta più comoda di allearsi con i sovranisti, con la scusa del dire che “sono troppo forti”. Ecco, noi proprio perché sono forti non ci alleiamo con loro”.

Il piccolo esperimento di Rossi a Roma sostiene Carlo Calenda; in un suo intervento su Huffington Post Rossi ha spiegato che tutta la destra dovrebbe votare Calenda, per più di un motivo: “E’ solo quel che ha detto Marcello Pera pochi giorni fa, ignorato da tutti. Preciso che noi non siamo in Azione. Siamo persone di destra che se devono scegliere per la città preferiscono un uomo di esperienza, una persona che ha fatto un'offerta civica. Ci sembra oggettivamente la scelta migliore: dal punto di vista dello spessore programmatico, della sua forza, dell'impegno personale, quella di Carlo Calenda è una candidatura libera dalle burocrazie di partito. Lo dico da romano e da giornalista che ha iniziato al Tempo: se vediamo come è stata governata Roma in questi decenni, forse questa è la volta buona per liberarla dalle mani dei partiti e farle vivere l'esperienza di una politica concreta e programmatica. Un parlamentare della Lega, off the records, me l'ha confermato: “Non capisco perché non sosteniamo Calenda anche noi”. So per certo che la concretezza di Calenda è affine a una certa cultura di destra liberale”.

“Roma”, continua Rossi, “è l'esatto contrario di Roma Ladrona. Ha subito l'essere capitale senza averne i diritti. Se si pensa che la cittadella politica di Roma – Parlamento, Palazzo Chigi - non è servita nemmeno dalla metropolitana, si capisce il degrado. Se uno deve andare in Parlamento, se una persona ha un appuntamento nella zona politica della Repubblica Italiana non ci può andare: e invece quelli sono luoghi che devono essere sacri per tutta la nazione. Ha ragione Carlo, Roma non è mai diventata una capitale. Per questo credo che ciò che conta è l'idea di Roma. Flavia Perina, mia buona amica, parlava della gestione Raggi e in generale delle forze politiche contemporanee come vittime dell'ideologia del “poraccismo”, della mentalità per cui le cose non si possono fare. Io invece sogno Roma come una grande capitale europea, e questo non rincorrendo vaneggiamenti di Roma imperiale, ma implementando vaneggiamenti contemporanei e futuristi. Roma si merita di meglio che essere una città abbandonata a sé stessa, invivibile e senza quella vitalità che dovrebbe esprimere. Questo è già tutto un programma. Bisognava dire di sì alle olimpiadi, bisogna fare lo stadio della Roma, bisogna ricominciare a costruire la città e non solo raccontarsi la Roma di un tempo. Un esempio piccolo ma che mi ricordo da quando facevo il cronista: la storia del sottopasso di Castel Sant'Angelo, se ne discute dai tempi della prima giunta Rutelli e non se n’è più fatto niente. Ancora, Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno ha recentemente scritto parole intelligenti riguardo lo stato giuridico di Roma Capitale; attuare l’articolo 114 della Costituzione consentirebbe, cito, “di affrontare le molteplici esigenze di coloro che la visitano come turisti o la frequentano per motivi professionali o che la vivono come residenti, proprio per evitare quel divario tra i servizi e le prestazioni erogati a Roma rispetto a quelli erogati nelle maggiori città d’Europa e dell’Occidente”.

Secondo Rossi la partita delle amministrative è indicativa dello stato di salute della destra italiana: “Vedo un centrodestra che scappa dalla contesa, propone dei candidati civici rispetto a dei dirigenti di partito e dovrebbe essere invece un orgoglio essere un dirigente di partito. In tutte le grandi città le candidature di questo centrodestra a trazione sovranista non sono politiche e questo non può essere un caso: si tratta di una fuga dalla responsabilità politica. Questo al di là delle singole personalità: come Buona Destra a Torino appoggiamo il candidato di centrodestra, civico e liberale. Ma l'attuale centrodestra sondaggia al 40% due partiti che qualche anno fa stavano intorno al 4%. Si tratta di una bolla di consenso che scoppierà presto, perché un paese occidentale e europeo non può avere i sovranisti al 40%, è un fenomeno evidentemente sovradimensionato. Sono vicende che possono esistere, ma non con queste dimensioni. La cosa che non funziona in queste forze è che fanno politica come propaganda, mentre governare è faticoso. Il sovranista fa slogan invece che impegnarsi a fare il sindaco di Roma”.

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