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Elezioni Comunali Roma 2021

Elezioni Roma, Calenda: "Mi ritiro solo se si candida Francesco Totti"

Il candidato sindaco di Azione: "Non escludo che dopo questo post il Pd glielo vada a chiedere"

Carlo Calenda è sempre più lontano dalla coalizione di centrosinistra. Quella del leader di Azione, da ottobre candidato sindaco a Roma, sembra essere una presa di posizione senza ritorno. Da parte sua non appare esserci né l'intenzione di ritirarsi, né quella di partecipare alle primarie. E più passano i giorni e più la sua presenza sta diventando un problema in particolare per il partito democratico. 

"Non mi ritiro"

L'ultima uscita in ordine di tempo Calenda l'ha regalata ieri, come al solito sui social, come al solito con il suo stile poco incline ai giri di parole: "Come ho spiegato molte e molte volte non mi ritiro anche se si candidassero Zingaretti, Gualtieri, Sassoli, Gentiloni, Letta, Madia, Conte, separati o tutti insieme. Unico caso di forza maggiore, Francesco Totti. E non escludo che dopo questo post il Pd glielo vada a chiedere". Una presa di posizione che arriva per spegnere le voci sul suo ritiro nel caso di discesa in campo eventuale di Nicola Zingaretti. 

"Le primarie? Una trappola"

E le voci sul ritiro, sull'arrivo di un candidato forte ufficialmente mai arrivato, sono dietro al suo no alle primarie. Lo spiega lui stesso altrettanto chiaramente usando un passaggio di un articolo di Repubblica: "Stamane la Repubblica spiega meglio di me perché le primarie sono una trappola. Testuale: “se scendesse in campo Zingaretti non ci sarebbe bisogno di fare le primarie”. Ergo ti impegni a farle stai fermo altri tre mesi e poi abbiamo scherzato. Come gli ultimi sei mesi". Eloquente il suo "Ciao ciao".

Calenda complica il lavoro di Letta 

Quella del leader di Azione è una presenza che complica e non poco il lavoro di Enrico Letta alle prese con il dossier Roma. Una pratica che nelle intenzioni del Nazareno ha una sua risoluzione pratica. Un nome forte, fortissimo, al quale il M5s non può dire di no, meglio se al primo turno, in subordine in un eventuale ballottaggio. Con David Sassoli a ribadire fermamente il suo no e con Roberto Gualtieri pronto a scendere in campo affrontando le primarie, le voci raccontano di un pressing sempre più insistente nei confronti di Zingaretti, il candidato che metterebbe tutti d'accordo. Lui dice no alla candidatura, in maniera apparentemente ferma. Nei fatti però si osserva una sua spinta e presenza comunicativa sempre più forte sui temi caldi della Capitale. 

Zingaretti e le poche certezze di vittoria

A bloccarlo c'è da un lato la presenza in campo della Raggi che blocca l'alleanza con il M5s al primi turno e dall'altro quella di Calenda stesso. Due nomi che mettono in dubbio un suo possibile successo. Uno dei vanti di Zingaretti all'interno del partito è infatti quello di non aver perso mai le elezioni in cui si è esposto in prima persona. Dalla provincia, alla regione, fino alle primarie che hanno portato alla sua elezione a segretario, i suoi trionfi sono sempre stati netti, figli anche di fini strategie politiche. Tutti citano ad esempio il patto dello Scarpone che ha portato Sergio Pirozzi a restare in campo contro il candidato di centrodestra, togliendo a Stefano Parisi quei voti poi decisivi per la rielezione di Zingaretti. Nel quadro attuale - è il ragionamento di tanti vicini al Governatore - la certezza di un successo non c'è e quindi prima di accettare Zingaretti vuole che venga sminato il campo. E le mine si chiamano Raggi e Calenda. 

Calenda e il Pd

Quest'ultimo, agli occhi dell'ex segretario dem, appare più pericoloso della sindaca. Già, perché il leader di Azione piace anche all'interno del Partito Democratico e su di lui si potrebbe consumare una nuova spaccatura. Base riformista non ha mai fatto mistero di apprezzare Calenda. Con la corrente degli ex renziani anche molti ex popolari, decisamente più attratti da un profilo più liberale come Calenda rispetto a Gualtieri. 

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