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Elezioni Comunali 2013

Medici: "Centrosinistra ostile con me. Zingaretti? Lo hanno delocalizzato"

Intervista al presidente del X municipio che venerdì scorso ha ufficializzato la sua candidatura indipendente a sindaco di Roma

Sandro Medici, presidente del decimo municipio, ha lanciato venerdì scorso la sua candidatura indipendente a sindaco di Roma. La prima a sinistra che si colloca al di fuori del perimetro delle primarie.

Quali sono i motivi che hanno spinto a questa candidatura?
C’è un’intera area culturale, politica e sociale di questa città che, per come si sta predisponendo la corsa alle elezioni, rischia di non trovare alcuna rappresentanza. Il dibattito all’interno del centro sinistra non prospetta né il respiro, né l’ampiezza, né la disponibilità ad accogliere esperienze indipendenti che si posizionano al di fuori della logica dei partiti. Per questo mi sono sentito di offrire alla città una candidatura che abbia l’obbiettivo di aprire una discussione libera su determinati temi. La mia candidatura è solo un punto di partenza di un percorso che potrebbe riservare sorprese.

Venerdì scorso ha ufficializzato la sua decisione partendo da alcuni luoghi simbolo del centro di Roma, come il cinema Metropolitan e l’ospedale San Giacomo, entrambi chiusi. Perché?
Uno dei primi elementi con cui si dovrà rapportare la nuova amministrazione che governerà Roma sarà corrispondere o meno ai tagli imposti dal governo Monti. Tagli da compensare con la vendita del patrimonio pubblico, proprio come sta facendo la giunta Alemanno. Per questo sono partito da quei luoghi. Sono contrario alla vendita del patrimonio pubblico che, in quanto pubblico, è di tutta la città. Questi spazi, al posto di essere venduti, potrebbero essere utilizzati per raccogliere le esigenze della città, dalla creazione di nuovi servizi sociali alle case popolari e alla cultura.

Quali sono i temi più importanti all’ordine del giorno della sua candidatura?
Il primo è certamente la difesa della città da sé stessa. E con questo intendo il modo con cui Roma è cresciuta maggiormente: l’espansione edilizia. Sia il nuovo Piano regolatore della città che le 60 delibere delle varianti urbanistiche che potrebbero approdare in consiglio nei prossimi mesi ne sono espressione. Come primo atto il nuovo sindaco di Roma deve sospendere tutte le concessioni edilizie e innescare un ampio processo partecipativo cittadino. Solo alla fine di questa grande campagna urbanistica si potrà passare alla fase attuativa. Tutti gli strumenti urbanistici che hanno regolato Roma fino ad oggi sono portatori di una cultura finita che oltre a modificare concretamente il territorio incidono negativamente sulle condizioni di vita della città. Il secondo tema è pensare alla cultura come motore di sviluppo, anche economico. Penso al passato, ai 28 secoli di storia che rendono unica questa città e che andrebbero utilizzati meglio. Ma penso anche alla cultura  contemporanea. Non mi riferisco solo ai musei. È necessario investire per creare nuovi spazi di produzione e rafforzare quelli esistenti. Sarebbe un modo per creare nuova cultura, nuovi posti di lavoro e investire sui giovani.

La sua candidatura, ponendosi al di fuori dell’ambito delle primarie, rompe con una parte del centro sinistra e della sinistra romana.
Prima di candidarmi chiesi ai partiti del centro sinistra di aprire una porta al dialogo con tutte quelle realtà politiche e sociali che sarebbero rimaste al di fuori di quel percorso. Ho invece dovuto prendere atto dell’ostilità, se non addirittura del forte dissenso, nei confronti della mia proposta. Ognuno fa le sue scelte. È una decisione legittima che va rispettata. Senza alcun tipo di risentimento però ho preso la mia strada.

Prima che Zingaretti venisse “spostato” alle elezioni regionali, una larga fetta della sinistra romana esterna al Pd, penso anche a Sel per esempio, avevano instaurato un dibattito sulla città fortemente incentrato sulla figura dell’attuale presidente della Provincia. Ora che quella candidatura non c’è più, da che parte va la discussione della sinistra romana?
Il quadro che descrivi, conferma la risposta precedente. Ho sempre ritenuto necessario una discussione più ampia, anche con Zingaretti candidato. Dopo la sua “delocalizzazione” ritengo questo processo ancor più necessario. Eppure le forze del centro sinistra la pensano in un modo differente. È una strategia, consolidata e legittima, ma che comporta la mancanza, al suo interno, del dibattito di quella parte di Roma che guarda al futuro della città piuttosto che a un consolidamento di poteri.

Bloccare tutte le concessioni edilizie e ripensare agli strumenti urbanistici con cui si è sviluppata Roma significa rompere con l’amministrazione Alemanno ma anche mettere in discussione il “modello Roma” che ha guidato l’amministrazione Veltroni. Roma può permettersi un compromesso su questi temi?
Parto con un esempio. È in via di progettazione la costruzione di una bretella autostradale che collegherà la Roma-Fiumicino con la Roma-Napoli, rafforzando di fatto uno sviluppo espansivo della città e un’economia della grande distribuzione basata sulla circolazione dei mezzi pesanti su gomma. L’autostrada distruggerà pascoli di pecore Sopravvissana, che è quella che produce ricotta e pecorino romano, le vigne dell’azienda biologica Fiorano, vincitrice di un premio del Gambero Rosso, più avanti ancora andranno perdute i vigneti della Malvasia di Frascati, un vino doc. O si prosegue su una strada, o si sceglie un altro modello. La risposta è che Roma non si può permettere un compromesso su questi temi.

 

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