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Il flop di Meloni e le dimissioni di Michetti: la Lega chiede strada per ipotecare la presidenza in Regione

L'ostacolo maggiore per il partito di Matteo Salvini sono i consensi, alle amministrative di Roma Carroccio al 5,93%. FdI vuole far valere la leadership all'interno della coalizione: tra giochi di potere e correnti è corsa alla scelta del candidato presidente

Profilo politico e, almeno questa volta, scelto con largo anticipo. Dopo la batosta delle elezioni amministrative di Roma il centrodestra guarda già al prossimo grande appuntamento elettorale: le regionali del 2023. A meno che l’attuale presidente della Regione, Nicola Zingaretti, non decida di correre alle suppletive per il collegio lasciato libero dal neosindaco Roberto Gualtleri. E nel caso di voto anticipato la partita si aprirebbe prima.

Il centrodestra è una polveriera: la sconfitta ha acceso la miccia

C’è da scegliere il candidato presidente della Regione Lazio, ma nel mentre il centrodestra è una polveriera. La debacle nella corsa al Campidoglio ha accentuato gli attriti tra le forze, evidenziando le spaccature interne alla coalizione. Le dimissioni di Enrico Michetti hanno di fatto stracciato quella "foto di famiglia" che ritraeva il centrodestra unito, solo però nei momenti clou della campagna elettorale. La grande sconfitta, nonostante il risultato di Fratelli d’Italia secondo partito a Roma, è Giorgia Meloni: main sponsor di Michetti a Palazzo Senatorio. Il “mr. Wolf” voluto dalla leader per il Campidoglio non ha risolto problemi, anzi: dopo la disfatta di Roma ora la Lega vuole ipotecare la scelta del candidato presidente della Regione Lazio. 

La Lega alla conta dei voti: vince Durigon, l'area governista ai margini

Il nome è sempre lo stesso: Claudio Durigon. Il deputato leghista, nonostante l’inchiesta sui fondi della Lega e le polemiche per l’intitolazione del parco di Latina ad Arnaldo Mussolini invece che a Falcone e Borsellino, è ancora in pole. Se non lui in prima persona, “al momento è prematuro” disse al nostro giornale in un’intervista di marzo scorso, sicuramente una personalità di spicco della sua area. Sì, perchè a Roma e dintorni la corrente forte è quella di Durigon. Il fronte nordista della Lega non ha sfondato: la deputata Barbara Saltamartini, vicina al vicesegretario federale della Lega Giancarlo Giorgetti, è rimasta fuori dal Comune. Solo settima nella classifica delle preferenze. Per lei a Roma era sceso addirittura il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ma alla conta dei voti l’area governista è risultata minoritaria. Per adesso, anche all’indomani del consiglio federale, all’interno della Lega è tregua: ma il partito di Matteo Salvini per le prossime regionali del Lazio dovrà scardinare le resistenze di quello di Giorgia Meloni. 

La Lega quinto partito a Roma: l'ipoteca sulla presidenza della Regione non c'è

La sconfitta di Michetti non ha sopito infatti le ambizioni di Fratelli d’Italia che a più voci ha rivendicato la leadership del partito all’interno del centrodestra. A Roma FdI ha raccolto quasi il 20%, Forza Italia si è fermata sotto al 3%. Malissimo la Lega al 5,93%. Impietoso il confronto con le elezioni europee del 2019 quando il Carroccio prese il 25,8%, dietro il Pd che prese il 30,6%. Oggi è tutta un’altra storia: la Lega è il quinto partito dietro alla lista Calenda sindaco (19%); Fratelli d’Italia (17,43%); Pd (16,38%) e M5s (11%). Nemmeno le periferie, rimaste a casa, hanno premiato Matteo Salvini e i suoi. 

Fratelli d'Italia vuole Lollobrigida in Regione: ma le "sirene" del governo sono l'ostacolo

Così Fratelli d’Italia scalpita. Per la Pisana l’asso nella manica già c’è: Francesco Lollobrigida, capogruppo alla Camera. Non un caso che il passo indietro di Michetti abbia lasciato posto in Assemblea Capitolina a Federico Rocca, consegnando uno scranno in più alla corrente di Lollobrigida che altrimenti avrebbe potuto contare solo sulla miss preferenze Rachele Mussolini. 

Il centrodestra vuole la Regione Lazio. Ma per la scelta del candidato presidente bisognerà fare i conti con i soliti giochi di potere interni ad una coalizione ad un passo dall’implosione e ancor prima con l’eterno braccio di ferro tra aree e correnti dei partiti. Con Forza Italia relegata ai margini, Lega e Fratelli d’Italia devono fare in fretta. C’è anche un altro dilemma da risolvere: le regionali nel 2023 potrebbero coincidere con le politiche, così il ‘nome forte’ dovrebbe essere quello di un big disposto a rinunciare ad un eventuale ruolo di governo. 

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