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Costruttori e ingegneri di Roma chiedono una modifica al dl semplificazioni: "Così si ferma l'edilizia"

Il motivo: equipara i centri storici alla 'zona omogenee A' "che a Roma è molto estesa"

Gli ingegneri e i costruttori di Roma chiedono al Governo una modifica al decreto semplificazioni. Il motivo? Renderebbe impossibile ristrutturazioni e rigenerazione urbana nelle 'zone omogenee A' che nella Capitale rappresentano una vasta zona del centro. A firmare la nota stampa è l'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma insieme a Federlazio e Ance Roma - ACER.

Questa la richiesta: "Un rapido intervento emendativo circa l’articolato decreto legge 'Semplificazione e altre misure in materia di edilizia per la ricostruzione pubblica nelle aree colpite da eventi sismici' contenuto nel Decreto 'Semplificazioni' dal momento che il testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in data 16 luglio 2020, ove non modificato, comporterebbe gravissime conseguenze con un salto indietro normativo di oltre 15 anni".

Questo il commento di Carla Cappiello, Presidente dell'Ordine degli Ingegneri di Roma: "Un decreto nato per semplificare non può bloccare ulteriormente il paese. Sarebbe assurdo porre nuovi vincoli ai professionisti nello svolgimento del loro lavoro così come in questo momento drammatico dell'economia mondiale, condannare la collettività a non poter usufruire degli effetti di innovazione e sostenibilità legati alla rigenerazione urbana".

Anche il Presidente di Ance Roma - ACER, Nicolò Rebecchini, sottolinea come oggi, sia importante far ripartire gli interventi per ridare slancio all’economia del settore il più velocemente possibile, riqualificando il patrimonio edilizio esistente, per renderlo adeguato sotto il profilo sismico ed energetico. "Rendere quasi impossibile la ristrutturazione nelle zone omogenee “A” - che a Roma comprendono un territorio ben più grande del centro storico - sarebbe inverosimile" afferma Rebecchini, aggiungendo che si tratterebbe di "un’ulteriore dimostrazione che a Roma la sostituzione edilizia, la rigenerazione urbana continua ad essere un tabù facile preda della teoria del Nimby".

Per Alessandro Sbordoni, Presidente di Federlazio, "l’aver inserito un ulteriore passaggio procedurale in un Decreto che dovrebbe semplificare le procedure è una discrasia, così come avere equiparato i perimetri delle zone omogenee “A” a quelli dei centri storici".

Secondo quanto denunciano le tre realtà nella nota si avrebbe come conseguenza che tutti gli edifici obsoleti rimarrebbero tali dal momento che nessuno avrebbe interesse ad intervenire, con riflessi gravissimi sul piano economico ed occupazionale. In passaggio nel mirino si trova all'articolo 3 del D.P.R. 380, lettera d: “Rimane fermo che, con rifermento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché a quelli ubicati in zona omogenea A, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”. Per ingegneri e costruttori "questa formulazione legislativa", scrivono "finirebbe con il paralizzare qualsiasi attività legata alla rigenerazione urbana, dal momento che costringerebbe in caso di demolizione e ricostruzione, a rispettare tutte le caratteristiche dell’edificio preesistente (sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetrica e tipologiche) senza consentire alcun tipo di variazione".

Il nodo era stato sollevato nei giorni scorsi anche dal capogruppo Pd in Campidoglio, Giulio Pelonzi: "Con l’intenzione di semplificare i progetti di riqualificazione nelle città questo provvedimento estende le zone sottoposte a vincolo di tutela, inasprendo le norme esistenti e limitando fortemente gli interventi soprattutto a Roma, dove come sappiamo la zona tutelata è particolarmente estesa", scrive il consigliere dem. "Se la norma non viene ammorbidita, si rischia di rendere vana la legge regionale sul recupero urbano e in parte anche i Piani regolatori e più in generale le scelte amministrative e urbanistiche dei Comuni. In pratica, anziché marcare un passo avanti nel solco della rigenerazione, questa legge rischia di marcare un passo indietro e di dare un colpo mortale al recupero urbano delle grandi città come Roma, dove, tanto per fare un esempio, se la legge non sarà modificata, tra i vari progetti si rischia di bloccare la riqualificazione di via Guido Reni”.

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